Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13818 del 31/05/2013


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Civile Sent. Sez. L Num. 13818 Anno 2013
Presidente: LAMORGESE ANTONIO
Relatore: NOBILE VITTORIO

SENTENZA

sul ricorso 16430-2008 proposto da:
POSTE ITALIANE S.P.A. 97103880585, in persona del
legale rappresentante pro tempore, elettivamente
domiciliata in ROMA, VIALE MAZZINI 134, presso lo
studio dell’avvocato FIORILLO LUIGI, che la
rappresenta e difende giusta delega in atti;
– ricorrente –

2013

contro

1061

CIAGLIA FILOMENA;
– intimata –

sul ricorso 20629-2008 proposto da:

Data pubblicazione: 31/05/2013

BRIGNOLA

GIULIANA,

BRIGNOLA

ANTONIO,

BRIGNOLA

GIANLUCA, BRIGNOLA ORESTE, nella qualità di eredi
legittimi della Signora CIAGLIA FILOMENA,
elettivamente domiciliati in ROMA, VIA PANAMA 74,
presso lo studio dell’avvocato IACOBELLI GIANNI

atti;
-controri correnti e ricorrenti incidentali contro

POSTE ITALIANA S.P.A.;
– intimata –

avverso la sentenza n. 3056/2007 della CORTE D’APPELLO
di NAPOLI, depositata il 11/06/2007 R.G.N. 3572/05;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 21/03/2013 dal Consigliere Dott. VITTORIO
NOBILE;
udito l’Avvocato DE MARINIS NICOLA per delega FIORILLO
LUIGI;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. IGNAZIO PATRONE, che ha concluso per
l’accoglimento del sesto motivo del ricorso pincipale,
rigetto del ricorso incidentale.

EMILIO, che li rappresenta e difende giusta delega in

R.G. 16430+20629/2008
FATTO E DIRITTO

via

Con sentenza del 21-4-2004 il Giudice del lavoro del Tribunale di
Benevento rigettava la domanda proposta da Filomena Ciaglia nei confronti

termine apposto al contratto di lavoro concluso tra le parti per il periodo 1-62002/30-6-2002 (per “esigenze tecniche , organizzative e produttive anche di
carattere straordinario conseguenti a processi di riorganizzazione, ivi
comprendendo un più funzionale riposizionamento di risorse sul territorio,
anche derivanti da innovazioni tecnologiche, ovvero conseguenti
all’introduzione e o sperimentazione di nuove tecnologie, prodotti o servizi
nonché all’attuazione di previsioni di cui agli accordi del 17, 18 e 23 ottobre,
11 dicembre 2001, 11 gennaio, 13 febbraio e 17 aprile 2002”), con le
pronunce consequenziali.
La Ciaglia proponeva appello avverso la detta sentenza chiedendone la
riforma con l’accoglimento della domanda.
La società si costituiva e resisteva al gravame.
La corte d’Appello di Napoli, con sentenza depositata 1’11-6-2007, in
riforma della pronuncia di primo grado, dichiarava la nullità del termine
apposto al contratto de quo, con la conseguente sussistenza di un rapporto a
tempo indeterminato dal 1-6-2002, e condannava la società a riammettere in
servizio la Ciaglia e a pagarle, a titolo di risarcimento del danno, una somma
pari alle retribuzioni maturate dalla data di notifica del ricorso di primo grado,
oltre rivalutazione e interessi.

I

della s.p.a. Poste Italiane, diretta ad ottenere la declaratoria di nullità del

Per la cassazione di tale sentenza la società ha proposto ricorso con sei
motivi.
Gli eredi della Ciaglia (deceduta il 26-6.-2006) hanno resistito con
controricorso proponendo ricorso incidentale con un unico motivo e, da ultimo,

Infine il Collegio ha autorizzato la motivazione semplificata.
Ciò posto, riuniti preliminarmente i ricorsi avverso la stessa sentenza ex
art. 335 c.p.c., va rilevato che con i primi due motivi del ricorso principale la
società censura (sotto i profili della violazione di legge e del vizio di
motivazione) la sentenza impugnata nella parte in cui ha ritenuto generiche le
ragioni indicate in contratto e poste a fondamento dell’assunzione de qua. In
particolare la ricorrente principale deduce che le dette ragioni erano
sufficientemente specificate “per relationem” attraverso il richiamo agli accordi
indicati, il cui contenuto sarebbe stato trascurato dalla Corte di merito.
I detti motivi non meritano accoglimento.
Come affermato da Cass. 1-2-2010 n. 2279, “in tema di apposizione del
termine al contratto di lavoro, il legislatore, richiedendo l’indicazione da parte
del datore di lavoro delle “specificate ragioni di carattere tecnico, produttivo,
organizzativo o sostitutivo”, ha inteso stabilire, in consonanza con la direttiva
1999/70/CE, come interpretata dalla Corte di Giustizia (….), un onere di
specificazione delle ragioni oggettive del termine finale, vale a dire di
indicazione sufficientemente dettagliata della causale nelle sue componenti
identificative essenziali, sia quanto al contenuto, che con riguardo alla sua
portata spazio-temporale e più in generale circostanziale, perseguendo in tal
_

modo la finalità di assicurare la trasparenza e la veridicità di tali ragioni,
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hanno depositato memoria ex art. 378 c.p.c..

nonché l’immodificabilità delle stesse nel corso del rapporto;

tale

specificazione può risultare anche indirettamente nel contratto di lavoro e da
esso “per relationem” ad altri testi scritti accessibili alle parti” (come accordi
collettivi richiamati nello stesso contratto individuale).

l’apposizione di un termine al contratto di lavoro, consentita dall’art. 1 del
d.lgs. n. 368/2001 ” a fronte di ragioni di carattere tecnico, produttivo,
organizzativo o sostitutivo, che devono risultare specificate, a pena di
inefficacia, in apposito atto scritto, impone al datore di lavoro l’onere di
indicare in modo circostanziato e puntuale, al fine di assicurare la trasparenza e
la veridicità di tali ragioni, nonché l’immodificabilità delle stesse nel corso del
rapporto, le circostanze che contraddistinguono una particolare attività e che
rendono conforme alle esigenze del datore di lavoro, nell’ambito di un
determinato contesto aziendale, la prestazione a tempo determinato, sì da
rendere evidente la specifica connessione fra la durata solo temporanea della
prestazione e le esigenze produttive ed organizzative che la stessa sia chiamata
a realizzare e la utilizzazione del lavoratore assunto esclusivamente
nell’ambito della specifica ragione indicata ed in stretto collegamento con la
stessa. Spetta al giudice di merito accertare, con valutazione che, se
correttamente motivata ed esente da vizi giuridici, resta esente dal sindacato di
legittimità, la sussistenza di tali presupposti, valutando ogni elemento,
ritualmente acquisito al processo, idoneo a dar riscontro alle ragioni
specificatamente indicate con atto scritto ai fini dell’assunzione a termine, ivi
compresi gli accordi collettivi intervenuti fra le parti sociali e richiamati nel
contratto costitutivo del rapporto”.
3

In particolare, poi, come è stato precisato da Cass. 27-4-2010 n. 10033,

In definitiva, quindi, la specificazione delle ragioni giustificatrici ex art. 1
del d.lgs. n. 368 del 2001 può risultare dall’atto scritto non solo per indicazione
diretta, ma anche “per relationem” ad altri testi, richiamati nel contratto di
lavoro, il cui contenuto deve essere valutato dal giudice del merito (v. fra le

Orbene nel caso in esame la Corte territoriale ha esaminato e valutato il
contenuto degli accordi richiamati in contratto ed ha concluso che “tali accordi
dimostrano solo che sul piano nazionale vi erano determinate esigenze di
riposizionamento sul territorio nazionale delle risorse da destinare al servizio
di recapito, da soddisfare mediante i processi di mobilità ivi previsti, durante
l’espletamento dei quali poteva rendersi necessario il ricorso ad assunzioni a
termine in taluni uffici o in talune filiali ove il personale addetto a tale servizio
era momentaneamente carente”, il tutto senza che fosse allegato (prima ancora
che dimostrato) alcun collegamento concreto con la assunzione a termine de
qua.
Tale accertamento di fatto, oltre che conforme ai principi sopra richiamati,
risulta altresì congruamente motivato e resiste alle censure della ricorrente.
Con il terzo motivo la ricorrente principale deduce che erroneamente la
Corte di merito ha ritenuto che il datore di lavoro fosse onerato della prova
della sussistenza delle esigenze poste a fondamento della apposizione del
termine, essendo tale onere previsto dall’art. 4 soltanto per l’eventuale proroga
e con il quarto motivo lamenta vizio di motivazione in ordine alla mancata
ammissione della prova testimoniale sul punto.

4

altre Cass. 25-5-2012 n. 8286).

Entrambi i motivi risultano inammissibili in quanto rivolti in sostanza
contro argomentazioni svolte ad abundantiam dalla Corte di merito (v. Cass.

P

23635/2010, Cass. 24591/2005).
La sentenza impugnata, infatti, in primo luogo ha accertato la mancanza

giustificative della apposizione del termine, non avendo la società assolto
all’onere relativo neppure attraverso il richiamo agli accordi citati.
Tale statuizione, sufficiente a sostenere la impugnata decisione in ordine
alla nullità del termine apposto al contratto de quo, è stata censurata con i primi
due motivi, di guisa che il rigetto, come sopra, degli stessi rende comunque
superfluo l’esame dei motivi terzo e quarto.
Con il quinto motivo la ricorrente principale in sostanza lamenta che
erroneamente la Corte territoriale ha ritenuto che la conversione del contratto a
termine in contratto a tempo indeterminato permarrebbe, in generale, anche
nella vigenza del d.lgs. 368/2001.
Il motivo è infondato.
Come è stato affermato da questa Corte (v. Cass. 21-5-2008 n. 12985 e
successive), “l’art. 1 del d.lgs. n. 368 del 2001, anche anteriormente alla
modifica introdotta dall’art. 39 della legge n. 247 del 2007, ha confermato il
principio generale secondo cui il rapporto di lavoro subordinato è normalmente
a tempo indeterminato, costituendo l’apposizione del termine un’ipotesi
derogatoria pur nel sistema, del tutto nuovo, della previsione di una clausola
generale legittimante l’apposizione del termine “per ragioni di carattere
tecnico, produttivo, organizzativo o sostitutivo”. Pertanto, in caso di
insussistenza delle ragioni giustificative del termine, e pur in assenza di una
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della necessaria “specificità” nella indicazione in contratto delle ragioni

norma che sanzioni espressamente la mancanza delle dette ragioni, in base ai
principi generali in materia di nullità parziale del contratto e di
eterointegrazione della disciplina contrattuale, nonché alla stregua
dell’interpretazione dello stesso art. 1 citato nel quadro delineato dalla direttiva

generale dei profili sanzionatori nel rapporto di lavoro subordinato, tracciato
dalla Corte Cost. n. 210 del 1992 e n. 283 del 2005, all’illegittimità del termine
ed alla nullità della clausola di apposizione dello stesso consegue l’invalidità
parziale relativa alla sola clausola e l’instaurarsi di un rapporto di lavoro a
tempo indeterminato (principio applicato in fattispecie di primo ed unico
contratto a termine)”.
Con il sesto motivo la società lamenta che la sentenza impugnata sarebbe
incorsa “nella violazione dei principi e delle norme di legge sulla messa in
mora e sulla corrispettività delle prestazioni”, in particolare in quanto la Corte
territoriale ha considerato quale atto di messa in mora la notifica del ricorso
introduttivo nella quale “non è dato rinvenire alcuna concreta offerta della
prestazione lavorativa” ed ha omesso di accertare “se ed in che misura la
ricorrente avesse svolto ulteriori e successive attività lavorative in epoca
successiva alla scadenza del termine”.
La ricorrente formula, quindi, ex art. 366 bis c.p.c., che va applicato nella
fattispecie ratione temporis, i seguenti quesiti di diritto:
“Dica la Suprema Corte adita se: 1) Per il principio di corrispettività
della prestazione, il lavoratore – a seguito dell’accertamento giudiziale
dell’illegittimità del contratto a termine stipulato – ha diritto al pagamento
delle retribuzioni soltanto dalla data di riammissione in servizio, salvo che
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comunitaria 1999/70/CE (recepita con il richiamato decreto), e nel sistema

abbia costituito in mora il datore di lavoro, offrendo espressamente la
prestazione lavorativa nel rispetto della disciplina di cui agli artt. 1206 e segg.
cod. civ. la quale non è concretata dalla domanda di declaratoria della nullità
del termine apposto al contratto e di reintegrazione del posto di lavoro

2) In ipotesi di accertamento della nullità dell’apposizione del termine al
contratto di lavoro e di riconoscimento, a titolo risarcitorio, delle retribuzioni
maturate, in applicazione delle previsioni di cui all’art. 1218 e ss. c.c. e degli
artt. 2043 e ss. c.c., devono detrarsi i ricavi percepiti o percepibili facendo uso
della ordinaria diligenza (rientrando detti ultimi tra le Ipotesi di danno
riconducibile a fatto e colpa del soggetto che si assume danneggiato) dal
lavoratore (sul quale grava conseguentemente l’onere di provare di aver posto
in essere ogni attività utile ad eliminare o limitare il danno) che sarebbero
stati incompatibili con la prosecuzione della prestazione lavorativa”.
Osserva il Collegio che il quesito sub 1), riguardante la mora credendi
risulta del tutto generico e non pertinente rispetto alla fattispecie, in quanto si
risolve nella enunciazione in astratto delle regole vigenti nella materia, senza
enucleare il momento di conflitto rispetto ad esse del concreto accertamento
operato dai giudici di merito (in tal senso v. fra le altre Cass. 4-1-2011 n. 80 e
Cass. 29-4-2011 n. 9583, Cass. 1-9-2011 n. 17974).
Peraltro neppure può ignorarsi che nella fattispecie anche la illustrazione
della censura risulta del tutto generica e priva di autosufficienza in quanto si
limita a negare che il ricorso introduttivo di primo grado contenesse l’offerta
della prestazione lavorativa, senza riportarne minimamente il contenuto,
ritenuto invece idoneo dalla Corte di merito.
7

articolata in seno al ricorso introduttivo del giudizio;

Parimenti, per quanto concerne l’aliunde perceptum, il quesito sub 2),
relativo alla seconda censura del sesto motivo, risulta assolutamente generico,
risolvendosi soltanto nella mera enunciazione astratta del principio invocato
dalla ricorrente, come tale inidoneo ai sensi dell’art. 366 bis c.p.c. (v. fra le

n. 17974).
Del resto anche la relativa censura risulta del tutto generica e astratta e
priva di qualsiasi riferimento alla fattispecie concreta e al decisum, avendo la
Corte di merito sul punto rilevato che la società ha semplicemente invocato una
“inammissibile inversione dell’onere della prova”, prospettando l’aliunde
perceptum “solo in termini eventuali, con inammissibile richiesta di una
indagine esplorativa in proposito”.
Così risultato inammissibile il sesto motivo del ricorso principale,
riguardante le conseguenze economiche della nullità del termine, a seguito del
ricorso stesso, che nel complesso va respinto, non potrebbe incidere in qualche
modo nel presente giudizio lo ius superveniens, rappresentato dall’art. 32,
commi 5 0 , 6° e 7° della legge 4 novembre 2010 n. 183.
Al riguardo, infatti, come questa Corte ha più volte affermato, in via di
principio, costituisce condizione necessaria per poter applicare nel giudizio di
legittimità lo ius superveniens che abbia introdotto, con efficacia retroattiva,
una nuova disciplina del rapporto controverso, il fatto che quest’ultima sia in
qualche modo pertinente rispetto alle questioni oggetto di censura nel ricorso,
in ragione della natura del controllo di legittimità, il cui perimetro è limitato
dagli specifici motivi di ricorso (cfr. Cass. 8 maggio 2006 n. 10547, Cass. 272-2004 n. 4070).
8

altre Cass. 24339/2008 cit. nonché Cass. 20-6-2008 n. 16941, Cass. 1-9-2011

In tale contesto, è altresì necessario che il motivo di ricorso che investe,
anche indirettamente, il tema coinvolto dalla disciplina sopravvenuta, oltre ad
essere sussistente, sia altresì ammissibile secondo la disciplina sua propria (v.
fra le altre Cass. 4-1-2011 n. 80 cit.).

Infine il ricorso incidentale, con il quale eredi della Ciaglia lamentano il
mancato riconoscimento della avvenuta costituzione in mora della società con
il tentativo obbligatorio di conciliazione svoltosi in data 11-9-2003 (doglianza
peraltro dagli stessi eredi ignorata nella successiva memoria ex art. 378 c.p.c.)
va dichiarato inammissibile per carenza di interesse.
Alla luce, infatti, dello ius superveniens sopra richiamato i ricorrenti
incidentali non potrebbero comunque ottenere, in base alla nuova disciplina,
più di quanto è stato già riconosciuto dalla sentenza impugnata, relativamente
al pagamento di una somma pari alle retribuzioni maturate dalla dante causa
Ciaglia Filomena “dalla data di notifica del ricorso ex art. 414 cpc”
(ovviamente fino alla data del decesso).
Infine in ragione della soccombenza di gran lunga prevalente la società va
condannata a pagare le spese ai controricorrenti, con attribuzione al difensore
per dichiarazione di anticipo.
P.Q.M.
La Corte riunisce i ricorsi, rigetta il ricorso principale e dichiara
inammissibile il ricorso incidentale, condanna la società a pagare ai
controricorrenti le spese, liquidate in euro 50,00 per esborsi e euro 3.500,00 per
compensi, oltre accessori di legge, con attribuzione all’avv. Gianni Emilio
Iacobelli.
9

Orbene tale condizione non sussiste nella fattispecie.

Roma 21 marzo 2013

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