Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13817 del 31/05/2013


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Civile Sent. Sez. L Num. 13817 Anno 2013
Presidente: LAMORGESE ANTONIO
Relatore: NOBILE VITTORIO

SENTENZA
sul ricorso 16422-2008 proposto da:
POSTE ITALIANE S.P.A. 97103880585, in persona del
legale rappresentante pro tempore, elettivamente
domiciliata in ROMA, VIALE MAZZINI 134, presso lo
studio dell’avvocato FIORILLO LUIGI, che la
rappresenta e difende giusta delega in atti;
– ricorrente –

2013

contro

1059

ORSINI SONIA;
– intimata –

sul ricorso 19311-2008 proposto da:

Data pubblicazione: 31/05/2013

ORSINI SONIA, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA
RENO 21, presso lo studio dell’avvocato RIZZO ROBERTO,
che lo rappresenta e difende giusta delega in atti;
-controrícorrente e ricorrente incidentale contro

– intimata –

avverso la sentenza n. 2142/2007 della CORTE D’APPELLO
di ROMA, depositata il 12/06/2007 r.g.n. 2827/05;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 21/03/2013 dal Consigliere Dott. VITTORIO
NOBILE;
udito l’Avvocato DE MARINIS NICOLA per delega FIORILLO
LUIGI;
udito l’Avvocato ROBERTO RIZZO;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. IGNAZIO PATRONE, che ha concluso per il
rigetto del ricorso principale, accoglimento
dell’incidentale.

POSTE ITALIANE S.P.A.;

R.G. 16422+19311/2008

..
FATTO E DIRITTO

,

Con sentenza in data 14-4-2004 il Giudice del lavoro del Tribunale di
Roma rigettava la domanda proposta da Sonia Orsini nei confronti della s.p.a.

ai contratti di lavoro conclusi tra le parti (per i periodi 21-7-1997/30-9-1997
per “necessità di espletamento del servizio in concomitanza di assenze per
ferie” e 1-6-1999/30-10-1999 per “esigenze eccezionali” ex art. 8 cali 1994
come integrato dall’acc. az. 25-9-1997 e succ.) con le pronunce consequenziali.
La Orsini proponeva appello avverso la detta sentenza chiedendone la
riforma con l’accoglimento della domanda.
La società si costituiva e resisteva al gravame.
La Corte d’Appello di Roma con sentenza depositata il 12-6-2007, in
riforma della pronuncia di primo grado dichiarava la nullità del termine
apposto al secondo contratto, con la conseguente sussistenza di un rapporto a
tempo indeterminato dal 1-6-1999 “ancora in atto”, respingendo nel contempo
la domanda risarcitoria, essendo avvenuta la messa in mora del datore di lavoro
oltre il triennio dalla cessazione del rapporto.
Per la cassazione di tale sentenza la società ha proposto ricorso con tre
motivi.
La Orsini ha resistito con controricorso ed ha proposto ricorso incidentale
con nove motivi.
La Orsini ha altresì depositato memoria ex art. 378 c.p.c..
Infine il Collegio ha autorizzato la motivazione semplificata.

Poste Italiane, diretta ad ottenere la declaratoria di nullità del termine apposto

Ciò posto, riuniti i ricorsi avverso la stessa sentenza ex art. 335 c.p.c., va
rilevato che con i primi due motivi del ricorso principale la società censura
(sotto i profili della violazione di legge e del vizio di motivazione) la sentenza
impugnata nella parte in cui ha ritenuto la nullità del termine apposto al

termine ultimo fissato dagli accordi collettivi attuativi dell’acc. az. 25-9-1997
ed all’uopo sostiene la insussistenza di tale termine e la natura meramente
ricognitiva dei detti accordi.
I motivi sono infondati in base all’indirizzo ormai consolidato in materia
dettato da questa Corte (con riferimento al sistema vigente anteriormente al
ccnl del 2001 ed al d.lgs. n. 368 del 2001).
Al riguardo, sulla scia di Cass. S.U. 2-3-2006 n. 4588, è stato precisato
che “l’attribuzione alla contrattazione collettiva, ex art. 23 della legge n. 56 del
1987, del potere di definire nuovi casi di assunzione a termine rispetto a quelli
previsti dalla legge n. 230 del 1962, discende dall’intento del legislatore di
considerare l’esame congiunto delle parti sociali sulle necessità del mercato
del lavoro idonea garanzia per i lavoratori ed efficace salvaguardia per i loro
diritti (con l’unico limite della predeterminazione della percentuale di
lavoratori da assumere a termine rispetto a quelli impiegati a tempo
indeterminato) e prescinde, pertanto, dalla necessità di individuare ipotesi
specifiche di collegamento fra contratti ed esigenze aziendali o di riferirsi a
condizioni oggettive di lavoro o soggettive dei lavoratori ovvero di fissare
contrattualmente limiti temporali all’autorizzazione data al datore di lavoro di
procedere ad assunzioni a tempo determinato” (v. Cass. 4-8-2008 n. 21063, v.
anche Cass. 20-4-2006 n. 9245, Cass. 7-3-2005 n. 4862, Cass. 26-7-2004 n.
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contratto de quo in quanto stipulato (per “esigenze eccezionali…”) oltre il

14011). “Ne risulta, quindi, una sorta di “delega in bianco” a favore dei
contratti collettivi e dei sindacati che ne sono destinatari, non essendo questi
vincolati alla individuazione di ipotesi comunque omologhe a quelle previste
dalla legge, ma dovendo operare sul medesimo piano della disciplina generale

Cass. 4-8-2008 n. 21062, Cass. 23-8-2006 n. 18378).
In tale quadro, ove però, come nel caso di specie, un limite temporale sia
stato previsto dalle parti collettive (anche con accordi integrativi del contratto
collettivo) la sua inosservanza determina la nullità della clausola di apposizione
del termine (v. fra le altre Cass. 23-8-2006 n. 18383, Cass. 14-4-2005 n. 7745,
Cass. 14-2-2004 n. 2866).
In particolare, quindi, come questa Corte ha costantemente affermato e
come va anche qui ribadito, “in materia di assunzioni a termine di dipendenti
postali, con l’accordo sindacale del 25 settembre 1997, integrativo dell’art. 8
del c.c.n.l. 26 novembre 1994, e con il successivo accordo attuativo,
sottoscritto in data 16 gennaio 1998, le parti hanno convenuto di riconoscere la
sussistenza della situazione straordinaria, relativa alla trasformazione giuridica
dell’ente ed alla conseguente ristrutturazione aziendale e rimodulazione degli
assetti occupazionali in corso di attuazione, fino alla data del 30 aprile 1998;
ne consegue che deve escludersi la legittimità delle assunzioni a termine
cadute dopo il 30 aprile 1998, per carenza del presupposto normativo
derogatorio, con la ulteriore conseguenza della trasformazione degli stessi
contratti a tempo indeterminato, in forza dell’art. 1 della legge 18 aprile 1962
n. 230″ (v., fra le altre, Cass. 1-10-2007 n. 20608; Cass. 28-11-2008 n. 28450;
Cass. 4-8-2008 n- 21062; Cass. 27-3-2008 n. 7979, Cass. 18378/2006 cit.).
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in materia ed inserendosi nel sistema da questa delineato.” (v., fra le altre,

In applicazione di tale principio vanno quindi respinti i detti primi due
motivi.
Con il terzo motivo la società, denunciando violazione degli am. 1217 e
1233 c.c., sul presupposto che “il giudice d’appello ha condannato a pagare le

merito non avrebbe svolto alcuna verifica in ordine alla effettiva messa in mora
del datore di lavoro e non avrebbe tenuto “conto della possibilità che il
lavoratore abbia anche espletato attività lavorativa retribuita da terzi una volta
cessato il rapporto di lavoro con la società resistente”, disattendendo, peraltro,
le richieste della società di ordine di esibizione dei modelli 101 e 740 del
lavoratore.
Il motivo è inammissibile in quanto del tutto inconferente con il decisum,
che ha rigettato la domanda risarcitoria.
Così respinto il ricorso principale va invece accolto il ricorso incidentale
con il quale la Orsini censura sotto diversi profili la impugnata sentenza nella
parte in cui ha rigettato la domanda di risarcimento del danno essendo avvenuta
la messa in mora oltre il triennio dalla cessazione del rapporto.
In particolare la ricorrente incidentale lamenta: con il primo motivo nullità
della sentenza per la mancata pronuncia nel dispositivo in ordine alla detta
domanda e in subordine vizio di motivazione sul punto; con il secondo motivo
violazione dell’art. 1226 c.c.; con il terzo motivo violazione dell’art. 2729 c.c.
e dell’art. 115 c.p.c.; con il quarto motivo violazione degli artt. 1218 e 1223
c.c.; con il quinto motivo violazione dell’art. 1225 c.c.; con il sesto motivo
violazione dell’art. 1227 c.c.; con il settimo motivo violazione dell’art. 2697

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retribuzioni dalla data di asserita messa in mora”, lamenta che la Corte di

c.c.; con l’ottavo motivo violazione degli artt. 113, 114 e 432 c.p.c.; con il
nono motivo violazione degli artt. 2094 e 2099 c.c..
Tutti i detti motivi (che si concludono con la formulazione di idonei
quesiti di diritto ex art. 366 bis c.p.c.., che va applicato nella fattispecie ratione

rappresentato dall’art. 32, commi 5, 6 e 7 della legge 4-11-2010 n. 183.
Con tali norme è stato disposto che:

“5. Nei casi di conversione del

contratto a tempo determinato, il giudice condanna il datore di lavoro al
risarcimento del lavoratore stabilendo un’indennità onnicomprensiva nella
misura compresa tra uni minimo di 2,5 ed un massimo di 12 mensilità
dell’ultima retribuzione globale di fatto, avuto riguardo ai criteri indicati
nell ‘art. 8 della legge 15 luglio 1966, n. 604.
6. In presenza di contratti ovvero accordi collettivi nazionali, territoriali o
aziendali, stipulati con le organizzazioni sindacali comparativamente più
rappresentative sul piano nazionale, che prevedano l’assunzione, anche a
tempo indeterminato, di lavoratori già occupati con contratto a termine
nell’ambito di specifiche graduatorie, il limite massimo dell’indennità fissata
dal comma 5 è ridotto alla metà.
7. Le disposizioni di cui ai commi 5 e 6 trovano applicazione per tutti i
giudizi, ivi compresi quelli pendenti alla data di entrata in vigore della
presente legge. Con riferimento a tali ultimi giudizi, ove necessario, ai soli fini
della determinazione della indennità di cui ai commi 5 e 6, il giudice fissa alle
parti un termine per l’eventuale integrazione della domanda e delle relative
eccezioni ed esercita i poteri istruttori ai sensi dell’art. 421 del codice di
procedura civile. ”
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temporis) vanno unitariamente accolti nei limiti dello ius superveniens,

Tale ius superveniens, applicabile anche nel giudizio pendente in
cassazione, sempreché “il motivo di ricorso con cui è investito anche
indirettamente, il tema coinvolto nella disciplina sopravvenuta, oltre che
sussistente sia ammissibile secondo la disciplina sua propria” (anche ex art.

n. 1409), come è stato da ultimo precisato da questa Corte (v. Cass. 29-2-2012
n. 3056, Cass. 5-6-2012 n. 9023) “configura, alla luce dell’interpretazione
adeguatrice offerta dalla Corte Costituzionale con sentenza n. 303 del 2011,
una sorta di penale “ex lege” a carico del datore di lavoro che ha apposto il
termine nullo; pertanto, l’importo dell’indennità è liquidato dal giudice, nei
limiti e con i criteri fissati dalla novella, a prescindere dall’intervenuta
costituzione in mora del datore di lavoro e dalla prova di un danno
effettivamente subito dal lavoratore (senza riguardo, quindi, per l’eventuale
“aliunde perceptum”),

trattandosi di indennità “forfetizzata” e

“onnicomprensiva” per i danni causati dalla nullità del termine nel periodo
cosiddetto “intermedio” (dalla scadenza del termine alla sentenza di
conversione)”.
Così interpretata, la nuova normativa – risultata “nell’insieme, adeguata a
realizzare un equilibrato componimento dei contrapposti interessi” – ha
superato il giudizio di costituzionalità sotto i vari profili sollevati, con
riferimento agli artt. 3, 4, 11, 24, 101, 102, 111 e 117 primo comma della
Costituzione.
Orbene tale normativa va applicata nel caso in esame, essendo questa
Corte investita al riguardo, come sopra, da validi e pertinenti motivi di ricorso,
rivolti contro il rigetto in toto, come sopra, della domanda risarcitoria.
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366 bis c.p.c. ratione temporis) (v. Cass. 26-7-2011 n. 16266, Cass. 31-1-2012

Nei sensi e nei limiti del detto ius superveniens va pertanto accolto il
ricorso incidentale.
L’impugnata sentenza va pertanto cassata in relazione al ricorso accolto,
con rinvio alla Corte di Appello di Roma, in diversa composizione, la quale

del citato art. 32 della 1. n. 183/2010, statuendo altresì sulle spese di legittimità.
P.Q.M.
La Corte riunisce i ricorsi, rigetta il ricorso principale, accoglie il ricorso
incidentale, cassa l’impugnata sentenza in relazione al ricorso accolto e rinvia,
anche per le spese, alla Corte di Appello di Roma in diversa composizione.
Roma 21 marzo 2013

provvederà nella specie anche ai sensi di quanto disposto in rito dal comma 7

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