Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13817 del 22/05/2019

Cassazione civile sez. II, 22/05/2019, (ud. 18/10/2018, dep. 22/05/2019), n.13817

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONESECONDACIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Presidente –

Dott. GUIDO Federico – Consigliere –

Dott. COSENTINO Antonello – rel. Consigliere –

Dott. GRASSO Giuseppe – Consigliere –

Dott. GIANNACCARI Rossana – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 10971/2014 proposto da:

B.C.A., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA M.

PRESTINARI 13, presso lo studio dell’avvocato PAOLA RAMADORI, che lo

rappresenta e difende unitamente agli avvocati GIOVANNI ONOFRI,

GIUSEPPE ONOFRI;

– ricorrente –

contro

V.B., Z.R., elettivamente domiciliati in

ROMA, PIAZZA COLA DI RIENZO 69, presso lo studio dell’avvocato

GIANALBERTO FERRETTI, rappresentati e difesi dall’avvocato GIUSEPPE

BRACUTI;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 334/2013 della CORTE D’APPELLO di BRESCIA

depositata il 14/3/2013;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

18/10/2018 dal Consigliere ANTONELLO COSENTINO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CELESTE Alberto, che ha concluso per l’inammissibilità con

subordine rigetto del ricorso;

udito l’Avvocato RAMADORI Paola, difensore del ricorrente che ha

chiesto l’accoglimento del ricorso;

udito l’Avvocato BRACUTI Giuseppe, difensore dei resistenti che ha

chiesto il rigetto del ricorso.

Fatto

FATTI DI CAUSA

Con citazione notificata il 12.06.2002, i signori V.B. e Z.R. convenivano in negatoria servitutis il signor B.C., esponendo di essere proprietari di un fabbricato con due cortili in comune di (OMISSIS) e dolendosi del fatto che il convenuto aveva iniziato a transitare sui cortili di loro proprietà senza averne diritto.

Il signor B. si costituiva in giudizio chiedendo in via riconvenzionale l’accertamento del suo diritto di comproprietà sull’area in contestazione ex collatione privatorum agrorum o per intervenuta usucapione, oppure l’accertamento dell’esistenza di un diritto di servitù o, in subordine, la costituzione coattiva della stessa.

Con citazione del 9.04.2005, il medesimo signor B. instaurava parallelo giudizio di confessoria servitutis avverso i signori V. e Z., chiedendo l’accertamento dell’esistenza di una servitù di passaggio, costituita in forza di atto divisionale datato 6.6.1914 in favore del fondo di cui egli era l’attuale proprietario. I convenuti resistevano in giudizio eccependo, tra l’altro, la prescrizione del diritto di passaggio invocato dall’attore.

Le due cause venivano riunite dal tribunale di Brescia e decise con sentenza n. 3224 del 2009 in senso sfavorevole al signor B., accertando tra l’altro, per quanto qui ancora interessa, l’inesistenza della servitù di transito pedonale e carraio da quest’ultimo rivendicata.

La corte di appello di Brescia, adita dal signor B., con sentenza n. 334 dei 2013 respingeva in toto il gravame aderendo alla ricostruzione fattuale operata dal primo giudice e condividendo la motivazione in diritto della sentenza di prime cure. In particolare la corte territoriale – pur dando atto dell’assunto del B. secondo cui la servitù a vantaggio del fondo di costui era stata costituita con atto divisionale del 6.6.1914 – riteneva decisiva la considerazione che di una servitù a carico dei suddetti cortili e a favore del fondo ora in proprietà B. non si faceva alcuna menzione nè nel contratto di acquisto del B. (del 20.12.1977) nè nel precedente atto del 25.11.1966 cui tale contratto faceva rinvio. Nè, si argomenta nell’impugnata sentenza, il diritto di servitù preteso dal B. poteva ritenersi da costui acquisito per usucapione, attesa la equivocità delle risultanze testimoniali e dei rilievi fotografici concernenti l’esercizio del passo sui cortili e la presenza di opere visibili all’uopo destinate.

Contro tale sentenza il signor B. ha proposto ricorso per cassazione sulla scorta di cinque motivi.

I signori V.B. e Z.R. hanno depositato controricorso.

La causa è stata discussa alla pubblica udienza del 18.10.2018, per la quale le entrambe parti hanno depositato memorie e nella quale il Procuratore Generale ha concluso come in epigrafe.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo di ricorso il ricorrente denuncia la violazione o falsa applicazione dell’art. 1073 c.c., e art. 1046 c.c., comma 2, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3; nel ricorso si argomenta che la corte territoriale, nel ritenere insussistente la servitù di passaggio per mancata menzione della stessa nell’atto di trasferimento del bene, avrebbe violato il principio di diritto secondo cui il carattere accessorio della servitù fa sì che essa si trasferisca assieme alla titolarità del fondo dominante, a prescindere dall’espressa sua menzione nell’atto di trasferimento del bene; nel caso di specie, la servitù era stata costituita con l’atto di divisione del 6.6.1914 e doveva considerarsi tuttora esistente nonostante la mancata menzione di essa nei successivi atti traslativi dei fondi dominante e servente, mentre era mancata in giudizio la dimostrazione – e la stessa allegazione – dell’estinzione della stessa per non uso ventennale.

Con il secondo motivo il ricorrente lamenta la violazione o falsa applicazione dell’art. 2697 c.c., e art. 1073 c.c., comma 1, e denuncia la nullità della sentenza o del procedimento. Nel ricorso si deduce la violazione della disciplina della ripartizione dell’onere della prova e si lamenta che la corte territoriale avrebbe negato l’esistenza della servitù nonostante che il B. avesse provato il relativo titolo e che i signori V. e Z. avessero mancato di eccepire e di dimostrare l’estinzione della servitù per non uso ventennale della stessa.

Con il terzo motivo il ricorrente lamenta la violazione dell’art. 1143 c.c., e art. 1146 c.c., comma 2, e denuncia la nullità della sentenza o del procedimento; nel ricorso si critica la corte bresciana per non aver applicato i principi di accessione nel possesso e di presunzione di possesso intermedio, così disconoscendo la presunzione di continuità nel possesso in capo all’attuale titolare del fondo dominante.

Con il quarto motivo di ricorso, il signor B. denuncia la violazione o falsa applicazione dell’art. 1079 c.c., comma 1, in cui la corte territoriale sarebbe incorsa disconoscendo l’esistenza del suo diritto di passaggio e non disponendo la cessazione dell’impedimento al relativo esercizio da parte degli attuali proprietari del fondo servente.

Con il quinto motivo il ricorrente lamenta l’omesso esame del fatto decisivo rappresentato dall’esistenza dell’atto divisionale del 6.6.1914 con cui era stata costituita la servitù di passaggio a favore del fondo attualmente di sua proprietà a carico del fondo oggi in proprietà dei controricorrenti.

I signori V. e Z. hanno depositato controricorso.

La causa è stata discussa alla pubblica udienza del 18.10.18, per la quale entrambe le parti hanno depositato una memoria difensiva e nella quale il Procuratore Generale ha concluso come in epigrafe.

Ragioni della decisione:

Il primo motivo di ricorso è fondato.

La corte d’appello ha escluso l’esistenza della servitù di passaggio costituita dal contratto divisionale del 1914 per il solo rilievo che tale contratto non era menzionato nell’atto di acquisto del B. del 20 dicembre 1977 (che faceva riferimento a un atto divisionale del 1966 in cui non erano menzionati i fondi degli odierni contro ricorrenti). Tale ratio decidendi è giuridicamente errata, in quanto viola il costante insegnamento di questa Corte alla cui stregua la titolarità della servitù attiva si trasferisce insieme con la titolarità del fondo dominante, pur quando la sua esistenza non venga menzionata nell’atto di trasferimento di tale fondo (vedi Cass. 17301/06: “In virtù del c.d. principio di ambulatorietà delle servitù, l’alienazione del fondo dominante comporta anche il trasferimento delle servitù attive ad esso inerenti, anche se nulla venga al riguardo stabilito nell’atto di acquisto, così come l’acquirente del fondo servente – una volta che sia stato trascritto il titolo originario di costituzione della servitù – riceve l’immobile con il peso di cui è gravato, essendo necessaria la menzione della servitù soltanto in caso di mancata trascrizione del titolo”; conf. Cass. 20817/11).

Altra questione è, poi, quella della opponibilità della servitù a chi acquisti il fondo servente, la quale esige, alternativamente, o la trascrizione dell’atto costitutivo della servitù o, in mancanza, la menzione della servitù passiva nell’atto di trasferimento del fondo servente.

Ma la corte d’appello non ha rigettato l’azione confessarla del B. sul rilievo che la servitù dal medesimo vantata non era opponibile ai convenuti in quanto il relativo titolo non era trascritto e della stessa non si faceva menzione nell’atto con cui i medesimi convenuti avevano acquistato il fondo servente (circostanze, queste, che non risultano dalla sentenza gravata e che non possono formare oggetto di accertamento in sede di legittimità), bensì sul rilievo, giuridicamente insignificante, che la servitù non era menzionata nell’atto con cui B. aveva acquistato il fondo dominante. Sterili risultano, dunque, i rilievi del contro ricorrente sulla mancata menzione della servitù nella nota di trascrizione dell’atto divisionale del 1914 con cui tale servitù fu costituita e sulla estinzione della stessa per non uso ultraventennale, giacchè nè la mancata menzione della servitù nella nota di trascrizione dell’atto divisionale del 1914, nè l’estinzione della medesima servitù per non uso ultraventennale costituiscono la ratio della decisione impugnata; tali circostanze, d’altra parte, non emergono dalla sentenza gravata, nè possono esse formare oggetto

di accertamento in sede di legittimità.

Il primo motivo di ricorso va pertanto accolto, con conseguente assorbimento di tutti quelli successivi, e la sentenza gravata va cassata, in relazione al motivo accolto, con rinvio ad altra sezione della corte di appello di Brescia, che si atterrà al principio di diritto che l’alienazione del fondo dominante comporta anche il trasferimento delle servitù attive ad esso inerenti, anche se nulla venga al riguardo stabilito nell’atto di acquisto, così come l’acquirente del fondo servente – una volta che sia stato trascritto il titolo originario di costituzione della servitù – riceve l’immobile con il peso di cui è gravato, essendo necessaria la menzione della servitù soltanto in caso di mancata trascrizione del titolo.

Il giudice del rinvio regolerà anche le spese del giudizio di cassazione.

P.Q.M.

La Corte accoglie il primo motivo di ricorso, dichiara assorbiti gli altri, cassa la sentenza gravata in relazione al motivo accolto e rinvia ad altra sezione della corte di appello di Brescia, che regolerà anche le spese del giudizio di cassazione.

Così deciso in Roma, il 18 ottobre 2018.

Depositato in Cancelleria il 22 maggio 2019

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