Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13816 del 31/05/2017

Cassazione civile, sez. lav., 31/05/2017, (ud. 09/03/2017, dep.31/05/2017),  n. 13816

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. NOBILE Vittorio – Presidente –

Dott. NEGRI DELLE TORRE Paolo – Consigliere –

Dott. PATTI Adriano Piergiovanni – rel. Consigliere –

Dott. LEO Giuseppina – Consigliere –

Dott. SPENA Francesca – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 1794-2012 proposto da:

B.C. C.F. (OMISSIS), in proprio e quale genitore

esercente la potestà sui minori O.M. e O.V.,

elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA COLA DI RIENZO 92, presso

lo studio dell’avvocato ELISABETTA NARDONE, rappresentato e difeso

dall’avvocato GIUSEPPE LA SPINA giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

BARCHETTI ARREDAMENTI S.N.C. (prima FALEGNAMERIA BARCHETTI S.N.C.)

P.I. (OMISSIS), in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA BARBERINI 47, presso lo

studio dell’avvocato MARIA BEATRICE D’IPPOLITO, rappresentata e

difesa dagli avvocati CLAUDIO FRANCESCHINI, GIUSEPPE LA ROSA MONACO,

giusta delega in atti;

– controricorrente –

nonchè contro

O.P. C.F. (OMISSIS);

– intimato –

avverso la sentenza n. 408/2011 della CORTE D’APPELLO di PERUGIA,

depositata il 11/10/2011 R.G.N. 204/2010;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

09/03/2017 dal Consigliere Dott. PATTI ADRIANO PIERGIOVANNI;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CERONI FRANCESCA, che ha concluso per il rigetto del ricorso;

udito l’Avvocato ARTURO BENIGNI per delega verbale Avvocato GIUSEPPE

LA SPINA.

Fatto

FATTI DI CAUSA

Con sentenza 11 ottobre 2011, la Corte d’appello di Perugia rigettava la domanda di B.C., in proprio e quale genitore esercente la potestà sui figli minori M. e O.V., di accertamento, nel giudizio promosso ai sensi dell’art. 548 c.p.c., di accertamento dell’obbligo del terzo quale creditrice pignorante (per l’importo di Euro 19.125,43, a titolo di arretrati dell’assegno di mantenimento dovutole dal coniuge separato Pierluigi O.), dell’esistenza di un rapporto di lavoro subordinato del predetto nei confronti della terza pignorata Falegnameria Barchetti (ora Barchetti Arredamenti) s.n.c.: così riformando, in accoglimento dei due appelli riuniti del debitore e della terza pignorata, la sentenza di primo grado, che invece l’aveva accolta.

A motivo della decisione, la Corte territoriale escludeva, in esito allo scrutinio delle risultanze istruttorie, la prova della subordinazione nel rapporto lavorativo intercorso tra le parti.

Con atto notificato il 3 gennaio 2012, B.C., in proprio e nella qualità, ricorre per cassazione con unico motivo, illustrato da memoria ai sensi dell’art. 378 c.p.c., cui resiste la società con controricorso; l’intimato O.P. non ha svolto difese.

Il collegio ha autorizzato, come da decreto del Primo Presidente in data 14 settembre 2016, la redazione della motivazione in forma semplificata.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con unico motivo, la ricorrente deduce violazione e falsa applicazione degli artt. 2094 e 2222 c.c. ed insufficiente e illogica motivazione su punto decisivo della controversia, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 e n. 5, per erronea esclusione della natura subordinata dell’attività lavorativa prestata da O.P. in favore di Barchetti Arredamenti s.n.c..

2. Il motivo è inammissibile.

2.1. Ed infatti, non sussiste la violazione delle norme di diritto denunciata, in difetto dei requisiti suoi propri: non avendo la ricorrente proceduto, come pure avrebbe dovuto, ad una verifica di correttezza dell’attività ermeneutica diretta a ricostruire la portata precettiva della norma, nè alla sussunzione del fatto accertato dal giudice di merito nell’ipotesi normativa (Cass. 28 novembre 2007, n. 24756), neppure avendo specificato le affermazioni in diritto contenute nella sentenza impugnata motivatamente assunte in contrasto con le norme regolatrici della fattispecie e con l’interpretazione fornita dalla giurisprudenza di legittimità o dalla prevalente dottrina:

così da prospettare criticamente una valutazione comparativa fra opposte soluzioni, non risultando altrimenti consentito alla corte regolatrice di adempiere al proprio compito istituzionale di verifica del fondamento della violazione denunziata (Cass. 26 giugno 2013, n. 16038; Cass. 28 febbraio 2012, n. 3010; Cass. 31 maggio 2006, n. 12984).

2.2. E ciò tanto meno in riferimento specifico all’elemento distintivo della subordinazione (ossia della soggezione del lavoratore al potere direttivo, organizzativo e disciplinare del datore di lavoro, discendente dall’emanazione di ordini specifici oltre che dall’esercizio di un’assidua attività di vigilanza e controllo sull’esecuzione della prestazione lavorativa, senza necessità di prova anche dell’esistenza di un diverso rapporto: Cass. 8 febbraio 2010, n. 2728), individuato quale modalità identificativa del rapporto di lavoro ai sensi dell’art. 2094 c.c. e desumibile da un insieme di circostanze che devono essere complessivamente valutate da parte del giudice del merito (Cass. 26 agosto 2013, n. 19568, con specifico riferimento alla distinzione tra lavoro subordinato ed autonomo, in particolare di natura professionale o intellettuale).

2.3. D’altro canto, la sussistenza dell’elemento della subordinazione nell’ambito di un contratto di lavoro è la risultante di un accertamento in fatto insindacabile in sede di legittimità (Cass. 10 luglio 2015, n. 14434). Ed infatti, ai fini della qualificazione di un rapporto di lavoro come autonomo ovvero subordinato, è censurabile in sede di legittimità soltanto la determinazione dei criteri generali ed astratti da applicare al caso concreto, mentre costituisce accertamento di fatto, come tale incensurabile in detta sede, se sorretto da motivazione adeguata ed immune da vizi logici e giuridici, la valutazione delle risultanze processuali che hanno indotto il giudice del merito ad includere il rapporto controverso nell’uno o nell’altro schema contrattuale (Cass. 4 maggio 2011, n. 9808, con principio affermato ai sensi dell’art. 360 bis c.p.c., comma 1).

2.4. Sicchè, nella sostanza, il mezzo si risolve in una contestazione della valutazione probatoria e dell’accertamento in fatto del giudice di merito, con sollecitazione ad una rivisitazione del merito, insindacabile in sede di legittimità, laddove congruamente e correttamente motivato (Cass. 16 dicembre 2011, n. 27197; Cass. 18 marzo 2011, n. 6288; Cass. 19 marzo 2009, n. 6694): come nel caso di specie, per le critiche e argomentate ragioni (esposte dal penultimo capoverso di pg. 7 al primo di pg. 9 della sentenza), in esito all’attento scrutinio delle risultanze della prova orale esperita (dal secondo capoverso di pg. 6 al secondo di pg. 7 della sentenza).

3. Dalle superiori argomentazioni discende coerente l’inammissibilità del ricorso, con la regolazione delle spese del giudizio secondo il regime di soccombenza.

PQM

 

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna B.C., in proprio e nella qualità, alla rifusione, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio, che liquida in Euro 200,00 per esborsi e Euro 4.000,00 per compensi professionali, oltre rimborso per spese generali in misura del 15 % e accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 9 marzo 2017.

Depositato in Cancelleria il 31 maggio 2017

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