Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13815 del 06/07/2016

Cassazione civile sez. VI, 06/07/2016, (ud. 18/03/2016, dep. 06/07/2016), n.13815

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. RAGONESI Vittorio – Presidente –

Dott. CRISTIANO Magda – Consigliere –

Dott. BISOGNI Giacinto – rel. Consigliere –

Dott. DE CHIARA Carlo – Consigliere –

Dott. ACIERNO Maria – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:

Ministero Affari Esteri e Cooperazione Internazionale, elettivamente

domiciliato in Roma, via dei Portoghesi 12, presso gli uffici della

Avvocatura Generale dello Stato, dalla quale è rappresentato e

difeso, che dichiara indica per le comunicazioni relative al processo

il fax n. 06/96514000 e la p.e.c. ags.rm-

mailcert.avvocaturastato.it;

– ricorrente –

nei confronti di:

M.G.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 1900/15 della Corte di appello di Milano,

emessa il 23 gennaio 2015 e depositata il 4 maggio 2015, n. R.G.

1900/2015;

Fatto

FATTO E DIRITTO

Rilevato che in data 25 gennaio 2016 è stata depositata relazione ex art. 380 bis c.p.c. che qui si riporta.

Rilevato che:

1. A seguito di istanza del 7 aprile 2009 M.C. ha ottenuto, in quanto titolare di permesso di soggiorno in Italia e in possesso dei requisiti di legge relativi all’idoneità del reddito e dell’alloggio, il nulla osta al ricongiungimento familiare, T.U. n. 286 del 1998, ex art. 29 a favore della moglie B.B. e del figlio minorenne R.M..

2. Con provvedimento del 7 novembre 2012, l’Ambasciata italiana a Dhaka ha denegato il visto rilevando che il figlio di M. C. era già maggiorenne al momento del rilascio del nulla osta.

3. Il Tribunale di Milano ha respinto l’impugnazione del diniego di visto rilevando che dagli accertamenti effettuati dal M.A.E. era risultata la maggiore età del figlio del ricorrente alla data del 7 aprile 2009.

4. Con sentenza n. 1900 del 4 maggio 2015, la Corte di appello di Milano, in accoglimento del reclamo di M.G., ha dichiarato l’illegittimità del provvedimento di diniego del visto, emesso, ìn data 7 novembre 2012, dall’Ambasciata italiana a Dhaka (Bangladesh) e ne ha ordinato il rilascio. Ha rilevato infatti la Corte distrettuale la inidoneità della certificazione medica sulla base della quale era stata ritenuta la maggiore età del figlio del reclamante in contrasto con quanto attestato dal suo passaporto circa la data di nascita al 10.12.1991 e senza che fossero emersi elementi per ritenere la falsità di tale attestazione.

5. Ricorre per cassazione il M.A.E. affidandosi ad un motivo di impugnazione principale con il quale deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 702 quater c.p.c. in combinato disposto con il D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 30 e D.Lgs. n. 150 del 2011, art. 20 e art. 156 c.p.c. (art. 360 c.p.c., n. 4). Il Ministero ricorrente lamenta il mancato accoglimento della eccezione di tardività e inammissibilità del reclamo proposto con ricorso anzichè con citazione oltre il termine perentorio di 30 giorni. In via subordinata deduce il M.A.E. la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 29, comma 9 e comma 1, lett. c) e d) e art. 4, comma 2 in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 3, n. 1 ribadendo che all’autorità consolare compete la verifica dei presupposti per il rilascio del visto di ingresso.

6. Non svolge difese M..

Ritenuto che:

7. Per ciò che concerne il primo motivo di ricorso la giurisprudenza di questa Corte (cfr. da ultimo Cass. civ. sezione 6-1 ord. n. 14502 del 26 giugno 2014 e n. 26326 del 15 dicembre 2014) è coerente nell’affermare che, l’appello, ex art. 702 “quater” c.p.c., contro l’ordinanza del tribunale rei etti va del ricorso avverso il diniego di permesso di soggiorno per motivi familiari, di cui al D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, art. 30, comma 1, lett. a), va proposto con atto di citazione, e non con ricorso, sicchè la verifica della tempestività dell’impugnazione va effettuata calcolandone il termine di trenta giorni dalla data di notifica dell’atto introduttivo alla parte appellata.

8. Vanno pertanto rimesse alla valutazione della Corte le considerazioni che hanno portato la Corte di appello a ritenere praticabile, in base al D.Lgs. n. 150 del 2011, art. 4 il mutamento del rito e la attribuzione alla data di deposito del ricorso dell’effetto di determinare la tempestività dell’appello, fermo restando che la conferma della giurisprudenza citata porta inevitabilmente all’accoglimento del primo motivo di ricorso con conseguente cassazione del provvedimento impugnato e decisione nel merito di inammissibilità dell’appello avverso il decreto del Tribunale di Milano.

9. Per ciò che concerne il secondo motivo di ricorso appare condivisibile l’affermazione della Corte di appello secondo cui la possibilità, attribuita dal T.U. immigrazione all’autorità consolare, di disporre accertamenti circa l’autenticità della documentazione comprovante i presupposti per il riconoscimento del diritto al visto di ingresso per ricongiungimento familiare, non esclude il potere del giudice ordinario di verificare la correttezza di tali accertamenti e della valutazione dei suoi risultati.

Affermazione che comporta il rigetto del motivo di ricorso trattandosi di una valutazione riservata al giudizio di merito.

10. Sussistono pertanto i presupposti per la trattazione della controversia in camera di consiglio e se l’impostazione della presente relazione verrà condivisa dal Collegio per l’accoglimento del primo motivo di ricorso, salva una valutazione delle ragioni espresse dalla Corte di appello, circa la possibilità di discostarsi dalla giurisprudenza consolidata, in materia di modalità e tempestività dell’appello nelle controversie relative al ricongiungimento familiare, cui si è fatto riferimento, ragioni che, se considerate fondate, condurrebbero al rigetto del ricorso.

La Corte, letta la relazione che precede e la memoria difensiva del Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale, rilevato che la giurisprudenza di questa Corte è univoca nel ritenere che la tempestività del gravame erroneamente introdotto con ricorso va verificata con riferimento non solo alla data di deposito, ma anche a quella di notifica dell’atto alla controparte nel rispetto del termine previsto dall’art. 702 quater c.p.c. (cfr. ex multis Cass. civ. sez. 6-1 ord. n. 18022 dell’11 settembre 2015). E’ fondato quanto rileva il M.A.E. e cioè che nessuna conversione del rito doveva essere effettuata in appello, avendo il richiedente il ricongiungimento proposto in primo grado la propria domanda con il rito sommario di cui all’art. 702 quater c.p.c. e che il D.Lgs. n. 150 del 2011, art. 4 richiamato dalla Corte di appello si riferisce solo al primo grado.

La Corte ritenuto che va pertanto mantenuta ferma la giurisprudenza citata, che trova applicazione anche in materia di impugnazione contro l’ordinanza del tribunale reiettiva del ricorso avverso il diniego di permesso di soggiorno per motivi familiari, di cui al D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, all’art. 30, comma 1, lett. a);

che conseguentemente il ricorso del Ministero va accolto con cassazione della sentenza impugnata e decisione nel merito di inammissibilità dell’appello;

sussistono i presupposti, in considerazione delle motivazioni esposte dalla Corte di appello, per compensare le spese del giudizio, ferma la compensazione già disposta dai giudici dell’appello.

PQM

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e decidendo nel merito dichiara inammissibile l’appello. Compensa le spese del giudizio di cassazione.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 18 marzo 2016.

Depositato in Cancelleria il 6 luglio 2016

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