Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13813 del 06/07/2020

Cassazione civile sez. trib., 06/07/2020, (ud. 12/11/2019, dep. 06/07/2020), n.13813

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PERRINO Angelina M. – Presidente –

Dott. NONNO Giacomo M. – Consigliere –

Dott. D’AQUINO Filipp – rel. Consigliere –

Dott. PUTATURO DONATI VISCIDO DI NOCERA M.G. – Consigliere –

Dott. ARMONE Giovanni M. – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 6533/2015 R.G. proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, (C.F. (OMISSIS)), in persona del Direttore pro

tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello

Stato, presso la quale è domiciliata in Roma, via dei Portoghesi,

12;

– ricorrente –

contro

CONCERIA LA VENETA & SACPA SRL IN LIQUIDAZIONE, (C.F. (OMISSIS)),

in persona del legale rappresentante pro tempore;

– intimato –

avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale del Veneto

n. 1684/26/14, depositata il 3 novembre 2014.

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 12 novembre

2019 dal Consigliere Filippo D’Aquino.

Fatto

RILEVATO

CHE:

La contribuente ha impugnato un avviso di accertamento per IRES, IRAP, IVA e accessori relativi all’anno di imposta 2006, con il quale, a seguito di notificazione di PVC, è stato ripreso a tassazione un costo indeducibile, costituito dalla differenza tra i canoni di locazione passiva del capannone adibito a conceria dichiarato rispetto a quelli accertati secondo i valori OMI, deducendo violazione del contraddittorio e infondatezza della pretesa;

che la CTP di Vicenza ha accolto il ricorso e la CTR del Veneto, con sentenza in data 3 novembre 2014, ha rigettato l’appello dell’Ufficio, osservando che:

– in via preliminare, nel caso in esame non sussistono le ragioni di urgenza per derogare al disposto della L. 27 luglio 2000, n. 212, art. 12, comma 7, sussistendo invero un colpevole ritardo dell’amministrazione nella attività ispettiva;

– l’accertamento è infondato nel merito quanto al recupero dell’IRES e dell’IRAP, posto che l’Ufficio non ha il potere di sindacare, ai fini dell’inerenza dei costi, le scelte imprenditoriali attinenti alla entità del canone di locazione;

– l’accertamento è infondato ai fini IVA, essendo sufficiente che l’imposta sia stata assolta;

che propone ricorso per cassazione l’Ufficio affidato a quattro motivi, la contribuente intimata non si è costituita in giudizio.

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

con il primo motivo si deduce violazione e falsa applicazione della L. n. 212 del 2000, art. 12, comma 7, per avere il giudice di appello ritenuto che l’Ufficio fosse tenuto ad attendere il decorso del termine di sessanta giorni dalla notificazione del PVC; deduce il ricorrente che il mancato rispetto delle garanzie procedimentali non ingenera la nullità dell’atto impositivo, sul presupposto che il contraddittorio endoprocedimentale non è imposto dalla disciplina interna, nè da quella unionale;

che con il secondo motivo si deduce violazione e falsa applicazione della L. n. 212 del 2000, art. 12, comma 7, nella parte in cui il giudice di appello non ha ritenuto esservi ragioni di urgenza a causa dell’imminente spirare dei termini decadenziali di cui al D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 43, e del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, art. 57; rileva il ricorrente che il ritardo delle operazioni di verifica è stato dovuto all’espletamento di attività di verifica presso altre società del gruppo;

che con il terzo motivo si deduce violazione e falsa applicazione del D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, artt. 109 e 110, nonchè del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, art. 14, comma 3, ritenendo che il giudice di appello abbia erroneamente ritenuto che l’antieconomicità dell’operazione non possa essere oggetto di indagine da parte dell’amministrazione finanziaria, laddove è il contribuente che deve dimostrare la sussistenza di valide ragioni economiche relative al costo ritenuto non inerente;

che con il quarto motivo si deduce violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 21, per avere il giudice di appello affermato che tra i presupposti dell’imposizione vi è quello della cartolarità, in base al quale l’IVA è detraibile per il fatto stesso di essere indicata in fattura; rileva il ricorrente come la legittimità della ripresa dell’IVA consegua alla rideterminazione del valore contrattuale rettificato con l’atto impositivo, anche se la stessa sia stata indicata in fattura per un valore contrattuale differente;

che il primo motivo è infondato, avendo questa Corte ritenuto che l’obbligo del contraddittorio non sussiste ove non espressamente previsto, come nel caso delle indagini “a tavolino” (Cass., Sez. U., 9 dicembre 2015, n. 24823), laddove nelle ipotesi di accesso, ispezione o verifica nei locali destinati all’esercizio dell’attività (come nel caso di specie) occorre il rispetto del contraddittorio endoprocedimentale, sanzionato a pena della nullità l’atto impositivo emesso ante tempus e questo anche in materia di tributi armonizzati (Cass., Sez. V, 15 gennaio 2019, n. 701), traducendosi tale violazione in una compressione del diritto di difesa (Cass., Sez. V, 11 novembre 2015, n. 23050; Cass., Sez. U., 29 luglio 2013, n. 18184);

che, inoltre, nelle ipotesi di accesso, ispezione o verifica nei locali destinati all’esercizio dell’attività, occorre una valutazione ex ante in merito alla necessità del rispetto del contraddittorio endoprocedimentale, sanzionandosi con la nullità l’atto impositivo emesso ante tempus, anche nell’ipotesi di tributi armonizzati, senza che ai fini della relativa declaratoria debba essere effettuata la prova di resistenza (Cass., Sez. V, 15 gennaio 2019, n. 701);

che il secondo motivo è parimenti infondato, essendo questa Corte ferma nell’interpretazione secondo cui la scadenza del termine di decadenza dell’azione di accertamento non rappresenta una valida ragione di urgenza tutelabile ai fini dell’inosservanza del termine dilatorio di cui alla L. n. 212 del 2000, art. 12, comma 7, (Cass., Sez. VI, 10 aprile 2018, n. 8749; Cass., Sez. V, 16 marzo 2016, n. 5149; Cass., Sez. V, 5 febbraio 2014, n. 2592);

che, stante il rigetto dei primi due motivi, non vi è, pertanto, interesse del ricorrente all’esame degli ulteriori motivi;

che non vi è luogo alla pronuncia sulle spese.

P.Q.M.

La Corte, rigetta il primo e il secondo motivo di ricorso, dichiarando inammissibili il terzo e il quarto motivo.

Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale, il 12 novembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 6 luglio 2020

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