Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13813 del 06/07/2016


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Cassazione civile sez. VI, 06/07/2016, (ud. 08/11/2015, dep. 06/07/2016), n.13813

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PETITTI Stefano – Presidente –

Dott. MANNA Felice – Consigliere –

Dott. D’ASCOLA Pasquale – Consigliere –

Dott. FALASCHI Milena – Consigliere –

Dott. SCALISI Antonino – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 19930-2014 proposto da:

A.A., elettivamente domiciliato presso la CORTE DI

CASSAZIONE, PIAZZA CAVOUR, ROMA, rappresentato e difeso dall’Avvocato

DAVIDE LO GIUDICE, giusta mandato a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

MINISTERO ECONOMIA FINANZE, (OMISSIS), in persona del Ministro

pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DM PORTOGHESI 12,

presso AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende,

ope legis;

– controricorrente –

avverso il decreto n. 112/2014 della CORTE D’APPELLO di CALTANISSETEA

del 20/01/2011, depositato il 30/01/2014;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

18/11/2015 dal Consigliere Relatore Dott. ANTONINO SCALISI.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

A.A. presentava ricorso avanti a Corte di Appello di Caltanissetta per ottenere il risarcimento del danno sofferto per l’ingiustificata lunghezza del processo instaurato dallo stesso con ricorso alla Corte dei Conti sez. giurisdizionale della Sicilia depositato nei primi anni 70 per ottenere il riconoscimento alla pensione militare in ragione di una patologia contratta per causa di servizio militare di leva e deciso con sentenza di accoglimento pubblicata il 18 gennaio 2012.

Si costituiva il Ministero dell’Economia e delle Finanze chiedendo il rigetto del ricorso.

La Corte di Appello di Caltanissetta con decreto n. 112 del 2014 accoglieva il ricorso e condannava il Ministero dell’Economia e delle Finanze al pagamento in favore del ricorrente della somma di Euro 14.185,00 e al pagamento delle spese di giudizio. Secondo la Corte di Caltanissetta il giudizio presupposto si era protratto per 38 anni 5 mesi e 17 giorni con conseguente superamento nella misura di 35 anni e 5 mesi e 17 giorni del termine ragionevole di durata determinato per il giudizio di primo grado in tre anni alla stregua dei parametri fissati dalla CEDU. L’assoluto disinteresse del ricorrente posto che non risulta alcuna istanza di sollecitazione per la fissazione dell’udienza giustificava una riduzione dell’importo al quale commisurare il danno non patrimoniale. Sicchè al ricorrente andava riconosciuto a titolo di danno non patrimoniale l’importo di Euro 400 per ogni anno di ritardo. Nulla per gli interessi dato che non era stata formulata alcuna domanda.

La cassazione di questo decreto è stata chiesta da A.A. per un motivo. Il Ministero dell’Economia e delle Finanze ha resistito con controricorso.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Il Collegio ha deliberato l’adozione della motivazione in forma semplificata.

1.= Con l’unico motivo di ricorso A.A. lamenta l’erronea o falsa applicazione della L. n. 89 del 2001 artt. 2 e 4, la violazione del Trattato europeo, contrasto con giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo e della stessa Corte di Cassazione.

Secondo il ricorrente la Corte di Caltanissetta, erroneamente e/o comunque senza adeguata motivazione, avrebbe determinato l’equo indennizzo nella misura di Euro 400,00 per ogni anno di ritardo senza tener conto dei parametri fissati dalla Corte di Strasburgo e recepiti dalla Corte di Cassazione. Piuttosto la Corte di Caltanissetta avrebbe disapplicato quelli che sono i criteri costantemente adottati dalla Suprema Corte di cassazione consistenti nell’attribuzione di Euro 750,000 per i primi tre anni di irragionevole durata e di Euro 1.000,00 per ogni anno successivo.

1.1.= Il motivo è infondato.

Deve rilevarsi che, nella giurisprudenza di questa Corte si è affermato il principio per cui, se è vero che il giudice nazionale deve, in linea di principio, uniformarsi ai criteri di liquidazione elaborati dalla Corte Europea dei diritti dell’uomo (secondo cui, data l’esigenza di garantire che la liquidazione sia satisfattiva di un danno e non indebitamente lucrativa, la quantificazione del danno non patrimoniale dev’essere, di regola, non inferiore ad Euro 750,00 per ogni anno di ritardo, in relazione ai primi tre anni eccedenti la durata ragionevole, e non inferiore a Euro 1.000,00 per quelli successivi), permane tuttavia, in capo allo stesso giudice, il potere di discostarsene, in misura ragionevole, qualora, avuto riguardo alle peculiarità della singola fattispecie, ravvisi elementi concreti di positiva smentita di detti criteri, dei quali deve dar conto in motivazione (Cass. 18617 del 2010; Cass. 17922 del 2010). Questa Corte, altresì, sulla base dei criteri elaborati dalla Corte europea dei diritti dell’uomo (decisioni Volta et autres c. Italia, del 16 marzo 2010 e Falco et autres c. Italia, del 6 aprile 2010), ha ritenuto che, relativamente a giudizi amministrativi protrattisi per oltre dieci anni, sia possibile liquidare un indennizzo pari a 500,00 Euro per anno di ritardo; e che sulla base di questo orientamento adesso avallato dalla normativa di cui al D.L. n. 83 del 2012, convertito in L. n. 134 del 2012, e tenuto conto delle caratteristiche del giudizio amministrativo, deve ritenersi che, per tale tipologia di giudizio, il criterio di 500,00 Euro per anno costituisca l’adeguato indennizzo per la violazione della ragionevole durata del processo e che da esso il giudice del merito possa discostarsi con adeguata motivazione, evidenziando le specificità del caso, con riguardo sia alla natura e alla rilevanza dell’oggetto del giudizio, sia al comportamento processuale delle parti.

Ora, alla luce di questo approdo, deve ritenersi che il decreto impugnato si sottragga alle censure proposte, atteso che, in presenza di un sicuro disinteresse alla decisione della parte ha liquidato un indennizzo forfettario ed equitativo, la cui idoneità ad assicurare un ristoro per la irragionevole durata del processo va valutata con riguardo non ai criteri generali di liquidazione ditale tipo di indennizzo (750,00 Euro per i primi tre anni di ritardo e 1.000,00 Euro per ciascuno degli anni successivi), ma all’ordinario criterio di liquidazione dell’indennizzo per la irragionevole durata dei giudizi amministrativi (Cass. n. 17542 del 2015).

In definitiva, il ricorso va rigettato. Le spese del presente giudizio seguono la soccombenza e vengono liquidate con il dispositivo.

Rilevato che dagli atti il processo risulta esente dal pagamento del contributo unificato, non si applica il D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17.

PQM

La Corte rigetta il ricorso, condanna il ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio che liquida in Euro 500,00 oltre spese prenotate a debito.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Sezione Sesta Civile, sott. Seconda, della Corte di Cassazione, il 18 novembre 2015.

Depositato in Cancelleria il 6 luglio 2016

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