Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13812 del 31/05/2017


Clicca qui per richiedere la rimozione dei dati personali dalla sentenza

Cassazione civile, sez. lav., 31/05/2017, (ud. 16/02/2017, dep.31/05/2017),  n. 13812

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. NOBILE Vittorio – Presidente –

Dott. NEGRI DELLE TORRE Paolo – Consigliere –

Dott. PATTI Adriano Piergiovanni – Consigliere –

Dott. LORITO Matilde – Consigliere –

Dott. SPENA Francesca – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 18064-2011 proposto da:

POSTE ITALIANE S.P.A. C.F. (OMISSIS), in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA VIALE

MAZZINI 134, presso lo studio dell’avvocato LUIGI FIORILLO, che la

rappresenta e difende, giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

C.R. C.F. (OMISSIS);

– intimata –

Nonchè da:

C.R. C.F. (OMISSIS), elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

PARAGUAY 5, presso lo studio dell’avvocato CLAUDIO RIZZO, che la

rappresenta e difende, giusta delega in atti;

– controricorrente e ricorrente incidentale –

contro

POSTE ITALIANE S.P.A. C.F. (OMISSIS);

– intimata –

avverso la sentenza n. 4735/2010 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 30/06/2010 R.G.N. 5710/2007.

Fatto

RILEVATO

1. che con sentenza in data 21.5/30.6.2010 (nr. 4735/2010) la Corte di Appello di Roma ha riformato parzialmente la sentenza del Tribunale della stessa sede (nr. 11740/2006), che aveva accolto la domanda proposta da C.R. nei confronti di POSTE ITALIANE spa, e per l’effetto, in parziale accoglimento dell’appello della società POSTE ITALIANE:

– ha confermato la dichiarazione di nullità del termine apposto al contratto di lavoro stipulato tra le parti di causa per il periodo 1 giugno – 30 settembre 2001 “a norma dell’art. 25 del CCNL dell’11.2.2001 per esigenze di carattere straordinario conseguenti a processi di riorganizzazione, ivi ricomprendendo un più funzionale riposizionamento di risorse sul territorio, anche derivanti da innovazioni tecnologiche, ovvero conseguenti all’introduzione e/o sperimentazione di nuove tecnologie, prodotti o servizi nonchè a fronte della necessità di espletamento del servizio in concomitanza di assenze per ferie nel periodo giugno – settembre”;

– ha ridotto la somma liquidata nel primo grado a titolo di risarcimento del danno in ragione dell’aliunde perceptum;

2. che avverso tale sentenza ha proposto ricorso la società POSTE ITALIANE spa, affidato a cinque motivi, al quale ha opposto difese C.R. con controricorso contenente altresì ricorso incidentale condizionato per la applicazione della L. n. 183 del 2010, art. 32.

Diritto

CONSIDERATO

1. che la parte ricorrente ha impugnato la sentenza deducendo: -con il primo motivo – ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 4, – nullità della sentenza per violazione degli artt. 112 e 346 c.p.c., per essere fondata la decisione sul mancato rispetto della clausola di contingentamento, questione introdotta nel primo grado ma non esaminata dal Tribunale sicchè la lavoratrice aveva l’onere

di riproporla- ai sensi dell’art. 346 c.p.c., mediante appello incidentale;

con il secondo motivo, – ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5, -omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia nonchè-ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3 – violazione e falsa applicazione degli arrt. 115 e 116 c.p.c., nonchè art. 2697 c.c., per avere la Corte di merito ritenuto la carenza di prova del rispetto della clausola di contingentamento senza tenere conto dei documenti prodotti dalla società e della richiesta di prova testimoniale articolata e senza attivare i suoi poteri d’ufficio per colmare eventuali lacune probatorie;

– con il terzo motivo – ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, – violazione e falsa applicazione dell’art. 25 CCNL 2001 e della L. n. 56 del 1987, art. 23, in relazione alla affermazione della invalidità del termine apposto al contratto laddove l’eventuale mancato rispetto della clausola di contingentamento incideva unicamente sul rapporto tra le parti collettive e poteva al più essere causa di un obbligo risarcitorio;

– con il quarto motivo – ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, violazione ed erronea applicazione degli artt. 1206, 1207, 1217, 1218, 129 e 1223 c.c., art. 2094, 2099 e 2697 c.c., quanto al capo della sentenza sul risarcimento del danno con il quinto motivo POSTE ITALIANE la applicabilità della normativa sopravvenuta di cui alla L. n. 183 del 2010, art. 32;

2. che ritiene il Collegio si debba parzialmente accogliere il ricorso, nella parte in cui invoca la applicazione dello ius supervenies;

3. che, infatti il primo motivo è infondato; come questa Corte ha già affermato (Cassazione civile, sez. 1, 30 luglio 2015 n. 16171; Cass., sez. 2, 11 giugno 2010 n. 14086) la parte pienamente vittoriosa nel merito in primo grado, difettando di interesse al riguardo, non ha l’onere di proporre, in ipotesi di gravame formulato dal soccombente, appello incidentale per richiamare in discussione le questioni che risultino superate o non esaminate perchè assorbite ma è soltanto tenuta a riproporle nel giudizio di appello, in modo da manifestare la sua volontà di chiederne il riesame, al fine di evitare la presunzione di rinuncia derivante da un comportamento omissivo, ai sensi dell’art. 346 c.p.c.. Il discrimine tra la necessità dell’appello incidentale e la riproponibilità di una questione “ex art. 346 c.p.c. è dunque segnato dalla esistenza o meno di una decisione sul punto; nella fattispecie di causa, come risulta dalla sentenza impugnata, la lavoratrice ha riproposto in appello tutte le questioni prospettate nel primo grado di giudizio (si veda pagina 4 della sentenza) sicchè correttamente la Corte di merito ha proceduto al relativo esame;

– il secondo motivo è inammissibile perchè non conferente alla ratio decidendi della sentenza impugnata. La Corte territoriale ha affermato che i capitoli di prova articolati non erano rilevanti perchè si riferivano alla media delle assunzioni a tempo determinato effettuate da Poste Italiane nell’arco dell’intero anno di assunzione della lavoratrice mentre la prova avrebbe dovuto essere offerta in riferimento al momento in cui la stessa lavoratrice era stata assunta; neppure la documentazione prodotta offriva la prova richiesta. Tale ratio decidendi non è stata attinta da alcun motivo di censura – il terzo motivo è infondato; la statuizione impugnata nel ritenere che la violazione della clausola di contingentamento stabilita dalla contrattazione collettiva, ai sensi della L. n. 56 del 1987, art. 23, comma 1, determina la nullità della clausola del termine si è conformata al principio già espresso da questa Corte (Cassazione civile, sez. lav., 10/03/2015, 19/01/2010 nr. 839) secondo cui il rispetto della clausola di contingentamento costituisce una condizione di legittimità della apposizione del termine;

– il quinto motivo,con il quale la società chiede la applicazione della disciplina sopravvenuta di cui alla L. n. 183 del 2010, art. 32, (norma positivamente scrutinata da Corte Costituzionale, giusta sentenza del 25/07/2014, n. 226) è fondato. Come definitivamente chiarito dalle sezioni Unite di questa Corte nell’arresto del 27/10/2016 n. 21691, l’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, deve essere interpretato nel senso che la violazione di norme di diritto può concernere anche disposizioni emanate dopo la pubblicazione della sentenza impugnata, qualora siano applicabili al rapporto dedotto in giudizio perchè dotate di efficacia retroattiva, come la norma di cui alla L. n. 183 del 2010, art. 32; in tal caso è ammissibile il ricorso per cassazione per violazione di legge sopravvenuta. Tale ricorso incontra il limite del giudicato; tuttavia se la sentenza si compone di più parti connesse tra loro in un rapporto per il quale l’accoglimento dell’impugnazione nei confronti della parte principale determinerebbe necessariamente anche la caducazione della parte dipendente, come nel caso del rapporto esistente tra la statuizione di invalidità della clausola del termine e le statuizioni economiche consequenziali, la impugnazione proposta nei confronti della statuizione principale impedisce il passaggio in giudicato anche della parte dipendente;

– restano assorbiti il quarto motivo del ricorso principale, relativo l medesimo capo della sentenza nonchè il ricorso incidentale della lavoratrice, nel quale parimenti si invoca la applicazione della norma sopravvenuta;

4. che, pertanto, la sentenza impugnata deve essere cassata in accoglimento del quinto motivo, nei sensi di cui sopra e gli atti rinviati ad altro giudice, che si individua nella Corte di appello di Roma in diversa composizione, affinchè provveda a rinnovare il giudizio sul danno in applicazione dello ius superveniens;

5. che il giudice del rinvio provvederà anche alla disciplina delle spese del presente grado.

PQM

 

La Corte rigetta il primo, il secondo ed il terzo motivo di ricorso;

accoglie il quinto, assorbito il quarto. Cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia – anche per le spese- alla Corte d’appello di Roma in diversa composizione.

Così deciso in Roma, nella Adunanza Camerale, il 16 febbraio 2017.

Depositato in Cancelleria il 31 maggio 2017

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA