Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13811 del 31/05/2017


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Cassazione civile, sez. lav., 31/05/2017, (ud. 09/02/2017, dep.31/05/2017),  n. 13811

 

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. NOBILE Vittorio – Presidente –

Dott. MANNA Antonio – Consigliere –

Dott. NEGRI DELLE TORRE Paolo – Consigliere –

Dott. PATTI Adriano Piergiovanni – rel. Consigliere –

Dott. AMENDOLA Fabrizio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 1758-2012 proposto da:

A.F. C.F. LVRFBA65P07A522U, domiciliato in ROMA PIAZZA

CAVOUR presso LA CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE,

rappresentato e difeso dall’avvocato VINCENZO GRANDE, GIUSEPPE

NASTASI, giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

SERIT SICILIA S.P.A. P.I. C.F. (OMISSIS), in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, CORSO

VITTORIO EMANUELE II 326, presso lo studio dell’avvocato RENATO

SCOGNAMIGLIO, che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato

MASSIMO CANNIZZO, giusta delega in atti;

– controricorrente –

Avverso la sentenza n. 480/2011 della CORTE D’APPELLO di CATANIA,

depositata il 27/06/2011 R.G.N. 708/2006;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

09/02/2017 dal Consigliere Dott. PATTI ADRIANO PIERGIOVANNI;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

FRESA MARIO che ha concluso per il rigetto del ricorso;

udito l’Avvocato SANGERMANO FRANCESCO per delega Avvocato RENATO

SCOGNAMIGLIO.

Fatto

FATTI DI CAUSA

Con sentenza 27 giugno 2011, la Corte d’appello di Catania, nei due riuniti giudizi di appello rispettivamente promossi dalle parti, rigettava le domande proposte da A.F. di illegittimità delle clausole di durata apposte ai contratti a termine per l’espletamento di mansioni di ufficiale di riscossione, di instaurazione di un rapporto di lavoro a tempo indeterminato dal 20 dicembre 1996 e di condanna della datrice Montepaschi Serit (ora Serit Sicilia) s.p.a. alla riassunzione e al pagamento delle retribuzioni non corrisposte e dei contributi previdenziali non versati: così riformando la sentenza n. 461/06 del Tribunale di Siracusa, che le aveva invece accolte.

Con la stessa sentenza, in parte accogliendo l’appello incidentale della datrice, essa riformava la sentenza n. 771/08 dello stesso Tribunale, che l’aveva condannata (in parziale accoglimento della sua opposizione al decreto ingiuntivo dell’importo di Euro 126.984,04 in proprio danno) al pagamento in favore del lavoratore, per il credito riconosciuto con la prima sentenza, della somma di Euro 108.603,12, escludendone la spettanza in quanto non più dovuta.

A motivo della decisione, la Corte territoriale, per quanto ancora rileva, riteneva giustificata l’assunzione a termine di A.F., in quanto rientrante nell’ipotesi prevista dalla L. n. 230 del 1962, art. 1, comma 2, lett. c), per la situazione di evidente emergenza conseguente all’emanazione del D.L. n. 250 del 1995, conv. in L. n. 349 del 1995 (che all’art. 2, comma 6, stabiliva l’inapplicabilità al commissario governativo dei termini prescritti dal D.P.R. n. 43 del 1981, artt. 75 e 77, per l’intero periodo di gestione commissariale e pertanto la riapertura dei termini di documentazione per inesigibilità di crediti tributari a fronte dei quali effettuate anticipazioni prima della loro riscossione, per la fruizione dei relativi rimborsi dagli enti impositori), comportante un’onerosa attività aggiuntiva, non affrontabile con l’organico ordinario.

Con atto notificato il 27 dicembre 2011 il lavoratore ricorre per cassazione con tre motivi (risultando quello rubricato violazione dell’art. 92 c.p.c., mera conseguenza dell’accoglimento del ricorso), cui resiste la società datrice con controricorso; entrambe le parti hanno comunicato memoria ai sensi dell’art. 378 c.p.c..

Il collegio ha autorizzato, come da decreto del Primo Presidente in data 14 settembre 2016, la redazione della motivazione in forma semplificata.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo, il ricorrente deduce violazione e falsa applicazione della L. n. 230 del 1962, art. 1, comma 2, lett. c), ed omessa e insufficiente motivazione su punto decisivo della controversia, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 e n. 5, per la mancata predeterminazione di durata della situazione avente carattere straordinario od occasionale, prevista dalla norma denunciata, nella circostanza addotta dalla società datrice a giustificazione dell’apposizione del termine ai due contratti dal 1° aprile al 20 dicembre 1996 e dal 18 marzo al 20 giugno 1997.

2. Con il secondo, il ricorrente deduce violazione e falsa applicazione della L. n. 230 del 1962, art. 1, comma 2, lett. c), ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per insussistenza della condizione di straordinarietà, per essere stata causa della ingestibilità dell’incremento dell’ordinaria attività aziendale la formazione di un carico di lavoro arretrato dipendente da inadeguatezza della struttura organizzativa e produttiva della datrice, come accertato dal Tribunale e invece volutamente ignorato dalla Corte territoriale per la ravvisata irrilevanza della circostanza.

3. Con il terzo, il ricorrente deduce violazione della L. n. 230 del 1962, artt. 1 e 2, artt. 1206, 1207 e 1218 c.c., e art. 429 c.p.c., comma 3, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 e n. 4, per mancato riconoscimento di tre mensilità retributive e della rivalutazione monetaria e degli interessi legali sulle retribuzioni dovute a titolo risarcitorio dalla diffida del 27 luglio 2001, in dipendenza dell’illegittimità del termine apposto ai due contratti di lavoro suindicati.

4. Il primo motivo, relativo a violazione e falsa applicazione della L. n. 230 del 1962, art. 1, comma 2, lett. c), ed omessa e insufficiente motivazione su punto decisivo della controversia, per la mancata predeterminazione di durata della situazione di carattere straordinario od occasionale, è inammissibile.

4.1. Esso è generico, in quanto non confuta l’argomentato accertamento dell’idoneità della situazione di emergenza della società datrice (per le ragioni esposte a pg. 11 della sentenza) a giustificare l’assunzione a termine del lavoratore, con contratti dei quali è stata chiaramente predeterminata la durata (dal 1 aprile al 20 dicembre 1996 e dal 18 marzo al 20 giugno 1997), a fronte della illustrata situazione di emergenza conseguente all’emanazione del D.L. n. 250 del 1995, conv. in L. n. 349 del 1995. E pertanto in violazione della prescrizione di specificità dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 4, che esige l’illustrazione del motivo, con esposizione degli argomenti invocati a sostegno della decisione assunta con la sentenza impugnata e l’analitica precisazione delle considerazioni che, in relazione al motivo come espressamente indicato nella rubrica, giustificano la cassazione della sentenza (Cass. 22 settembre 2014, n. 19959; Cass. 19 agosto 2009, n. 18421; Cass. 3 luglio 2008, n. 18202).

5. Il secondo motivo, relativo a violazione e falsa applicazione della L. n. 230 del 1962, art. 1, comma 2, lett. c), per insussistenza della condizione di straordinarietà per ingestibilità dell’incremento dell’ordinaria attività aziendale a causa della formazione di un carico di lavoro arretrato dipendente da inadeguatezza della struttura organizzativa e produttiva datoriale, è infondato.

5.1. In tema di contratto di lavoro a termine, l’esecuzione di un’opera o di un servizio definiti e predeterminati nel tempo, aventi carattere straordinario od occasionale, cui la L. n. 230 del 1962, art. 1, lett. c), condiziona la legittimità dell’apposizione di una scadenza, può, infatti, riguardare anche l’esigenza di smaltire un notevole arretrato, formatosi in relazione ad evento eccezionale e non affrontabile con la struttura organizzativa e produttiva dell’impresa: senza che rilevi che l’opera o il servizio consista in una attività qualitativamente identica a quella ordinariamente esercitata (Cass. 3 luglio 2009, n. 15683).

Sicchè, il motivo si risolve nella contestazione della valutazione probatoria e dell’accertamento in fatto del giudice di merito, con sollecitazione ad una rivisitazione del merito, insindacabile in sede di legittimità, laddove congruamente e correttamente motivato (Cass. 16 dicembre 2011, n. 27197; Cass. 18 marzo 2011, n. 6288; Cass. 19 marzo 2009, n. 6694): come nel caso di specie (per le ragioni probatorie esposte a pg. 11 della sentenza).

Dalle superiori argomentazioni, assorbenti l’esame del terzo motivo (violazione della L. n. 230 del 1962, artt. 1 e 2, 1206, 1207 e 1218 c.c. e art. 429 c.p.c., comma 3, per mancato riconoscimento di tre mensilità retributive, rivalutazione monetaria e interessi legali sulle retribuzioni dovute a titolo risarcitorio dalla diffida 27 luglio 2001, in dipendenza dell’illegittimità del termine apposto ai due contratti di lavoro suindicati), discende coerente il rigetto del ricorso, con la regolazione delle spese del giudizio secondo il regime di soccombenza.

PQM

 

La Corte rigetta il ricorso e condanna A.F. alla rifusione, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio, che liquida in Euro 200,00 per esborsi e Euro 3.500,00 per compensi professionali, oltre rimborso per spese generali in misura del 15 % e accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 9 febbraio 2017.

Depositato in Cancelleria il 31 maggio 2017

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