Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13811 del 06/07/2020

Cassazione civile sez. trib., 06/07/2020, (ud. 12/09/2019, dep. 06/07/2020), n.13811

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CHINDEMI Domenico – Presidente –

Dott. STALLA Giacomo Maria – Consigliere –

Dott. PAOLITTO Liberato – Consigliere –

Dott. CROLLA Cosmo – Consigliere –

Dott. MARTORELLI Raffaele – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 8155-2017 proposto da:

M.O., F.E.S.M., F.A.,

F.S., MONASTERO DELLE MONACHE DOMENICANE DI SANTA

CATERINA DA SIENA, F.S.E., elettivamente

domiciliati in ROMA V.LE MARGHERITA 42, presso lo studio

dell’avvocato LANCIANO GUIDO, che li rappresenta difende;

– ricorrenti –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE UFFICIO PROVINCIALE DI ROMA in persona del

Direttore pro tempore, elettivamente domiciliato ROMA VIA DEI

PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che 13

rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 5774/2016 della COMM. TRIB. REG. di ROMA,

depositata l 05/10/2016;

uditala relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

12/09/2019 dal Consigliere Dott. MARTORELLI RAFFAELE;

letize le conclusioni scritte del Pubblico Ministero in persona

Sostituto Proc-Jratore Generale Dott. DE AUGUSTINIS UMBERTO che ha

chiesto il rigetto del ricorso.

Fatto

Fatti di causa

F.A., F.E.S.M., F.S., F.S.E., M.O., MONASTERO MONACHE DOMENICANE S. CATERIA DA SIENA, in persona del legale rappresentante pro tempore, proponevano ricorso avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale di Roma, depositata il 05/10/16 n. 5774/3/16.

In detta sentenza la CTR di Roma aveva respinto l’appello dei contribuenti avverso la sentenza della CTP di Roma, che aveva confermato l’avviso di accertamento catastale ai sensi della L. n. 311 del 2004, art. 1, comma 335. Sostenevano i contribuenti che con tale avviso era stata variata la classe catastale e/o la categoria di 11 immobili di cui F.A. era comproprietario per 7/81 siti in (OMISSIS) (8 appartamenti uso abitativo e 1 cantina), (OMISSIS) (1 negozio), (OMISSIS) (1 negozio).

La sentenza di appello, in particolare aveva rilevato, in ordine al primo motivo di doglianza, che il riclassamento, disposto dall’Ufficio con i provvedimenti gravati, era da ritenersi del tutto indipendente dalla variazione catastale effettuata, a seguito di lavori di ristrutturazione, compiuti nei suddetti immobili dai contribuenti tra il 2008 e il 2010, ai sensi della L. n. 311 del 2004, art. 1, comma 336, sempre, lavori in ragione dei quali i suddetti immobili erano stati già oggetto di riclassamento.

Infatti la contestata operazione dell’Agenzia delle Entrate era successiva e, soprattutto, era stata operata in applicazione della L. n. 311 del 2014, art. 1, comma 335, prendendo spunto da una sollecitazione proveniente dall’organo assembleare di Roma Capitale, che aveva richiesto la revisione parziale dei classamenti di alcune microzone, tra le quali quella in questione, avendo riscontrato l’anomalia dei valori immobiliari espressi. Non vi era, pertanto, alcuna preclusione, men che meno temporale, ad effettuare una siffatta manovra di riallineamento, in presenza di un classamento non più rispondente agli effettivi valori di mercato degli appartamenti.

L’Ufficio non poteva neppure considerarsi vincolato dalla rendita (meramente) proposta dal contribuente, trattandosi di una procedura valutativa del tutto diversa e distinta anche dal Legislatore (rispettivamente, con il citato art. 1, commi 335 e 336, rispondente ai seguenti presupposti: nel primo caso, la risistemazione dei parametri relativi alla microzona in cui i beni insistono; nel secondo, le trasformazioni ed i miglioramenti apportati alla singola unità immobiliare.

In ordine al motivo del difetto di motivazione la censurata sentenza, aveva ritenuto che l’input per l’operazione effettuata era venuto da Roma Capitale, la quale, con la Delib. 1 ottobre 2010, n. 5, aveva sollecitato la revisione, nell’ambito di ben individuate microzone, di immobili il cui valore catastale fosse risultato inferiore del 35% a quello di mercato. Nell’avviso di accertamento, peraltro, l’Ufficio aveva descritto le caratteristiche della microzona per la quale andava a disporre l’allineamento dei valori catastali a quelli di mercato, ed, in particolare, le condizioni estrinseche costituite dai mutamenti avvenuti nel particolare tessuto urbano nel corso del tempo, costituenti, peraltro, un fatto notorio per chiunque conoscesse la zona situata il centro della Capitale.

L’amministrazione Finanziaria, inoltre, aveva dato contezza che lo scostamento percentuale tra valore medio di mercato della zona e valore medio catastale era del 121%, posto che il rapporto del valore medio di mercato (6.560,00 Euro/mq) e valore medio catastale (1.123,00 Euro/mq) della microzona era 5,84, mentre quello dell’insieme delle microzone comunali era 2,64. Conseguentemente, lo scostamento era pari a 2,21 (ossia il 121%) (5,84/2,64) e, quindi, superiore al 35%, rispondendo pertanto al requisito richiesto dal comma 335 citato. A ciò andavano aggiunte le caratteristiche di pregio, specificamente descritte nella memoria dell’Agenzia delle Entrate, a cominciare, appunto, da una posizione di assoluto prestigio, quale quella del Campo Marzio, per finire con le specifiche proprie del palazzo d’epoca, con la presenza di finiture di notevole livello, che ne amplificavano sicuramente il valore, nonchè con la descrizione delle singole unità immobiliari (ricavabile anche dalla memoria depositata in giudizio dall’Amministrazione), elementi tutti che davano conto di come si trattasse di proprietà sicuramente “importanti” e che, pertanto, giustificavano un riallineamento, per giunta operato in un momento storico ancora favorevole per il mercato delle abitazioni (fermo restando che quest’ultimo, in un centro storico come quello della Capitale, era assolutamente anelastico).

Avverso detta sentenza proponevano ricorso i contribuenti eccependo:

1 motivo: ricorso ex art. 360 c.p.c., comma 1 n. 3. Violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 138 del 1998, artt. 8 e 9 e della L. n. 311 del 2004, art. 1, comma 335.

2 motivo: ricorso ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5. Omesso esame e mancanza di motivazione su un punto decisivo, controverso e decisivo per il giudizio.

3 motivo: ricorso ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5. Omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio.

4 motivo: ricorso ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3. Violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 138 del 1998, artt. 8 e 9, della L. n. 311 del 2004, art. 1, comma 335, del D.L. n. 70 del 1988, art. 1 e art. 11 e del D.P.R. n. 1142 del 1949.

L’intimata Agenzia si costituiva con controricorso. Con conclusioni scritte, depositate il 10.7.2019, il P.G. chiedeva il rigetto del ricorso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo i ricorrenti rilevavano come la modifica della categoria catastale eseguita, successivamente al 2004, ai sensi della L. n. 311 del 2004, art. 1, comma 336, provata documentalmente non era mai stata contestata dall’Agenzia e che, in tal senso la sentenza n. 8316/16 della CTR di Roma, passata in giudicato (l’Avvocatura nega il passaggio in giudicato) aveva precisato che era onere dell’Ufficio indicare singolarmente e nel loro insieme gli elementi relativi alla nuova valutazione specialmente nel caso in cui le unità immobiliari avessero subito la revisione delle rendite catastali dopo l’entrata in vigore della L. n. 311 del 2004. Ora l’operazione di riclassamento, avvenuta in forza della citata legge, art. 1, comma 335, pur avendo finalità e ratio autonoma, doveva avvenire in applicazione dei criteri e dei parametri indicati nel D.P.R. n. 138 del 1998, artt. 8 e 9, come ribadito in più occasioni dalla S.C..

Pertanto l’Ufficio nell’attribuire un nuovo classamento, avrebbe dovuto indicare, con riferimento al D.P.R. n. 138 del 1998, artt. 8 e 9, in presenza di precise contestazioni, con prove documentali, gli elementi e le caratteristiche riscontrati nella singola unità immobiliare che avevano portato all’indicazione della nuova classe.

Con il secondo motivo, i ricorrenti lamentavano, sempre con riferimento alla nuova classe indicata dall’ufficio, come la sentenza impugnata, a fronte delle precise indicazioni contenute nella relazione peritale, non avesse preso in idonea considerazione le censure di parte in ordine al vizio di motivazione dell’atto.

Con il terzo motivo, i contribuenti rilevavano di non aver eccepito la mancanza di “scostamento anomalo ” nella microzona, ma avevano eccepito che gli otto immobili ad uso abitativo con la nuova rendita catastale, avevano un rapporto tra valore medio di mercato della microzona (VM) e valore dei singoli immobili (VC) inferiore allo scostamento dell’intera città di Roma. La sentenza impugnata aveva completamento omesso l’esame di tale specifico motivo e motivato in ordine all’eccezione presentata dai contribuenti.

Con il quarto motivo, i contribuenti ribadivano la censura in ordine al raffronto con altre unità immobiliari similari, come previsto dal D.L. n. 70 del 1988, art. 11. Richiamavano la decisione assunta in altra controversia (per ulteriori 6 appartamenti e 2 cantine nello stesso stabile), in cui era stato annullato l’avviso di accertamento in accoglimento del medesimo motivo di ricorso indicato in questo giudizio. La sentenza era stata confermata in appello (n. 8316/ CTR Roma).

Ad avviso di questa Corte i motivi di ricorso possono essere esaminati congiuntamente. La questione di cui oggi si discute concerne il tema della motivazione del classamento.

Come già ritenuto da questa Corte, l’atto tributario del classamento

delle unità immobiliari a destinazione ordinaria consiste nel collocare ogni singola unità in una data categoria e in una data classe, in base alle quali attribuire la rendita (D.P.R. n. 1142 del 1949, art. 61, e D.P.R. n. 138 del 1998, art. 8); categoria e classe costituiscono quindi i due distinti segmenti dell’unitaria operazione del classamento.

Ai sensi del D.P.R. n. 138 del 1998, art. 8, commi 2 e 3, la categoria viene assegnata sulla base della normale destinazione funzionale dell’unità immobiliare, tenuto conto dei caratteri tipologici e costruttivi specifici e delle consuetudini locali, mentre la classe, rappresentativa del livello reddituale ordinario ritraibile nell’ambito del mercato edilizio della microzona, dipende dalla qualità urbana ed ambientale della microzona in cui l’unità è ubicata, nonchè dalle caratteristiche edilizie dell’unità medesima e del fabbricato che la comprende.

In tema di estimo catastale l’obbligo di motivazione a carico dell’Amministrazione si atteggia diversamente a seconda che la stessa operi d’iniziativa o su sollecitazione del contribuente ed assume una connotazione più ampia anche quando l’Agenzia del territorio muta d’ufficio il classamento ad un’unità immobiliare che ne risulti già munita; in tal caso la dilatazione della componente motivazionale si giustifica per il fatto che, andando ad incidere su valutazioni che si presumono già verificate in termini di congruità, è necessario mettere in evidenza gli elementi di discontinuità che ne legittimano la variazione. Costituisce infatti altro orientamento consolidato quello secondo cui “In tema di estimo catastale, quando procede all’attribuzione di ufficio di un nuovo classamento ad un’unità immobiliare a destinazione ordinaria, l’Agenzia del Territorio, a pena di nullità del provvedimento per difetto di motivazione, deve specificare se tale mutamento è dovuto a trasformazioni specifiche subite dall’unità immobiliare in questione, oppure ad una risistemazione dei parametri relativi alla microzona in cui si colloca l’unità immobiliare. L’Agenzia dovrà indicare, nel primo caso, le trasformazioni edilizie intervenute, e nel secondo caso l’atto con cui si è provveduto alla revisione dei parametri relativi alla microzona, a seguito di significativi e concreti miglioramenti del contesto urbano. Tali specificazioni e indicazioni, infatti, sono necessarie per rendere possibile al contribuente di conoscere i presupposti del riclassamento, di valutare l’opportunità di fare o meno acquiescenza al provvedimento e di approntare le proprie difese con piena cognizione di causa, nonchè per impedire all’Amministrazione, nel quadro di un rapporto di leale collaborazione, di addurre in un eventuale successivo contenzioso ragioni diverse rispetto a quelle enunciate. (Vedi Cass. n. 9626, n. 19814 e n. 19949 del 2012; n. 16643 e n. 21532 del 2013; n. 16887, n. 17335 e n. 23247 del 2014).

Si è osservato ancora (Cass. n. 19989/2019) che, in relazione al contenuto minimo della motivazione di tali atti di riclassamento, di immobili quindi già muniti di rendita catastale ma oggetto di rettifica per iniziativa dell’Amministrazione finanziaria, questa Corte ha posto i seguenti principi:

a) se il nuovo classamento è stato adottato, ai sensi della L. n. 311 del 2004, art. 1, comma 335, nell’ambito di una revisione dei parametri catastali della microzona in cui l’immobile è situato, giustificata dal significativo scostamento del rapporto tra valore di mercato e valore catastale in tale microzona rispetto all’analogo rapporto nell’insieme delle microzone comunali, l’atto deve indicare la specifica menzione dei suddetti rapporti e del relativo scostamento;

b) se la variazione è stata effettuata ai sensi della L. n. 311 de12004, art. 1, comma 336, in ragione di trasformazioni edilizie subite dall’unita immobiliare, l’atto deve recare l’analitica indicazione di tali trasformazioni;

c) nell’ipotesi di riclassificazione avvenuta ai sensi della L. n. 662 del 1996, art. 3, comma 58, l’atto deve precisare a quale presupposto – il non aggiornamento del classamento ovvero la palese incongruità rispetto a fabbricati similari – la modifica debba essere associata, specificamente individuando, nella seconda ipotesi, i fabbricati, il loro classamento e le caratteristiche analoghe che li renderebbero similari all’unità immobiliare oggetto di riclassamento. (Vedi Cass. n. 19820 del 2012; n. 5784 e n. 10489 del 2013; n. 697 del 2015).

E che “la motivazione dell’atto di “riclassamento” non può essere integrata dall’Amministrazione finanziaria nel giudizio di impugnazione avverso lo stesso (vedi da ultimo Cass. n. 25450 del 2018 e n. 6065 del 2017), nè il fatto che il contribuente abbia potuto svolgere le proprie difese vale a rendere sufficiente la motivazione, al fine di non legittimare un inammissibile giudizio ex post della sufficienza della motivazione, argomentata dalla difesa svolta in concreto dal contribuente, piuttosto che un giudizio ex ante basato sulla rispondenza degli elementi enunciati nella motivazione a consentire l’effettivo esercizio del diritto di difesa. Ciò perchè l’obbligo di motivazione dell’atto impositivo “persegue il fine di porre il contribuente in condizione di conoscere la pretesa impositiva in misura tale da consentirgli sia di valutare l’opportunità di esperire l’impugnazione giudiziale, sia, in caso positivo, di contestare efficacemente l’an ed il quantum debeatur. Detti elementi conoscitivi devono essere forniti all’interessato, non solo tempestivamente (e cioè inserendoli ab origine nel provvedimento impositivo), ma anche con quel grado di determinatezza ed intelligibilità che permetta al medesimo un esercizio non difficoltoso del diritto di difesa” (cfr. Cass. n. 7056 del 2014; n. 15842 del 2006; n. 23009 del 2009).

Nel caso in esame, risulta che l’Amministrazione ha proceduto d’ufficio al mutamento di classamento ai sensi della L. n. 311 del 2004, art. 1, comma 335, nell’ambito di una revisione dei parametri catastali della microzona in cui gli immobili sono situati, giustificata dal significativo scostamento del rapporto tra il valore di mercato ed il valore catastale in tale microzona rispetto all’analogo rapporto sussistente nell’insieme delle microzone comunali. In queste ipotesi la ragione giustificativa del mutamento di rendita non è la mera evoluzione del mercato immobiliare, nè la mera richiesta del Comune, bensì l’accertamento di una modifica nel valore degli immobili presenti nella microzona, attraverso le procedure previste dal successivo comma 339, ed elaborate con la determinazione direttoriale del 16 febbraio 2005 (G.U. n. 40 del 18 febbraio 2005), cui sono allegate le linee guida definite con il concorso delle autonomie locali.

Sotto altro profilo, va anche rilevato come la Corte costituzionale, con la sentenza n. 249 dell’1 dicembre 2017, abbia ritenuto non irragionevole la scelta fatta dal legislatore di consentire una revisione del classamento per microzone, in quanto basata sul dato che la qualità del contesto di appartenenza dell’unità immobiliare rappresenta una componente fisiologicamente idonea ad incidere sul valore del bene, tanto che il fattore posizionale già costituisce una delle voci prese in considerazione dal sistema catastale in generale. La modifica del valore degli immobili presenti in una determinata microzona ha una indubbia ricaduta sulla rendita catastale ed il conseguente adeguamento, in presenza di un’accresciuta capacità contributiva, mira ad eliminare una sperequazione a livello impositivo.

La Corte Costituzionale, con la pronuncia indicata, ha fra l’altro affermato che “la natura e le modalità dell’operazione enfatizzano l’obbligo di motivazione in merito agli elementi che hanno, in concreto, interessato una determinata microzona, così incidendo sul diverso classamento della singola unità immobiliare; obbligo che, proprio in considerazione del carattere “diffuso” dell’operazione, deve essere assolto in maniera rigorosa in modo tale da porre il contribuente in condizione di conoscere le concrete ragioni che giustificano il provvedimento”, ed ha, significativamente e chiaramente, ribadito la necessità di una provvedimento specifico e puntuale in capo all’Amministrazione.

Riconosciuta la legittimità dello strumento in generale, se ne impone tuttavia un corretto utilizzo, che a giudizio di questa Corte non può prescindere da un adeguata valutazione, caso per caso, del singolo immobile, oggetto di riclassificazione. Poichè non è sufficiente il rispetto dei criteri generali previsti dalla norma, ma si richiede che l’attribuzione della nuova rendita venga contestualizzata in riferimento alle singole unità immobiliari, anche gli oneri motivazionali devono adeguarsi ad esigenze di concretezza e di analiticità, senza che possa ritenersi sufficiente una motivazione standardizzata, applicata indistintamente, che si limiti a richiamare i presupposti normativi in modo assertivo.

Ebbene, con riferimento a tale specifica ipotesi questa Corte ha ripetutamente affermato, in relazione a contenziosi sorti in conseguenza di applicazioni fatte in diversi Comuni, che “In tema di estimo catastale, qualora il nuovo classamento sia stato adottato ai sensi della L. n. 311 del 2004, art. 1, comma 335, nell’ambito di una revisione parziale dei parametri della microzona nella quale l’immobile è situato, giustificata dal significativo scostamento del rapporto tra il valore di mercato ed il valore catastale rispetto all’analogo rapporto sussistente nell’insieme delle microzone comunali, non può ritenersi congruamente motivato il provvedimento di riclassamento che faccia esclusivamente riferimento ai suddetti parametri di legge ed ai provvedimenti amministrativi a fondamento del riclassamento, allorchè da questi ultimi non siano evincibili gli elementi (come la qualità urbana del contesto nel quale l’immobile è inserito, la qualità ambientale della zona di mercato in cui l’unità è situata, le caratteristiche edilizie del fabbricato) che, in concreto, hanno inciso sul diverso classamento, esigendosi che detto obbligo motivazionale sia assolto in maniera rigorosa in modo che il contribuente sia posto in condizione di conoscere le concrete ragioni che giustificano il provvedimento, avente carattere “diffuso” (Vedi Cass. n. 3156 del 2015; n. 22900 del 2017; n. 16378, n. 23129, n. 28035 e n. 28076 del 2018; n. 9770 del 2019), ed ancora che ” In tema di estimo catastale, qualora il nuovo classamento sia stato adottato ai sensi della L. n. 311 del 2004, art. 1, comma 335, nell’ambito di una revisione parziale dei parametri catastali della microzona nella quale l’immobile è situato, giustificata dal significativo scostamento del rapporto tra il valore di mercato ed il valore catastale rispetto all’analogo rapporto sussistente nell’insieme delle microzone comunali, il provvedimento di riclassamento, dovendo porre il contribuente in grado di conoscere le concrete ragioni che lo giustificano – come evidenziato anche dalla sentenza della Corte Cost. n. 249 del 2017 – deve indicare i motivi per i quali i valori considerati abbiano determinato il suddetto scostamento, facendo riferimento agli atti da cui ha tratto impulso l’accertamento, costituiti dalla richiesta del Comune e dalla determinazione del direttore dell’Agenzia del territorio, nonchè ai dati essenziali del procedimento estimativo delineati da tali fonti normative integrative che abbiano inciso sul classamento. ” (vedi Cass. n. 31829 del 2018 e da ultimo Cass.19989/19; 19990/20; 22671/2019 tutte assunte nell’udienza del 7.5.2019).

In applicazione dei suindicati principi, a cui questa Corte intende conformarsi, non può ritenersi sufficientemente motivato il provvedimento assunto dall’Ufficio, che faccia esclusivamente riferimento al suddetto rapporto di scostamento senza esplicitare gli elementi che in concreto lo hanno determinato, che non possono prescindere da quelli indicati dal D.P.R. n. 138 del 1998, art. 8 (qualità urbana ed ambientale della microzona nonchè caratteristiche edilizie dell’unità medesima e del fabbricato che la comprende) e ciò al duplice fine di consentire, da un lato, al contribuente di individuare agevolmente il presupposto dell’operata riclassificazione ed approntare le consequenziali difese, e, dall’altro, per delimitare, in riferimento a dette ragioni, l’oggetto dell’eventuale successivo contenzioso, essendo precluso all’Ufficio di addurre, in giudizio, cause diverse rispetto a quelle enunciate nell’atto. (Vedi Cass. n. 25766 del 2018; n. 23789 del 2018; n. 17413 del 2018; n. 17412 del 2018; n. 8741 del 2018; n. 4903 e n. 10403 del 2019).

Inoltre, con riferimento ai casi in cui è disposto un mutamento di categoria dell’immobile, non può ritenersi sufficiente il riferimento alla microzona ed alle sue caratteristiche, perchè la mera collocazione nella microzona non incide sulla destinazione funzionale dell’immobile che condiziona l’attribuzione della categoria.

Quanto ai mutamenti di classe, se è vero che l’attribuzione di una determinata classe è indubbiamente correlata alla qualità urbana del contesto in cui l’immobile è inserito (infrastrutture, servizi, eccetera), e alla qualità ambientale (pregio o degrado dei caratteri paesaggistici e naturalistici) della zona di mercato immobiliare in cui l’unità stessa è situata, tali caratteristiche generali vanno sempre individuate in concreto, in riferimento alla specifica porzione di territorio in cui si inserisce la revisione, individuando gli effettivi interventi urbanistici e le attività realmente incidenti sulla migliore qualità dell’utilizzo degli immobili della zona.

Oltre al fattore posizionale, ai fini valutativi rileva anche il fattore edilizio, per cui non è possibile prescindere dalle caratteristiche edilizie specifiche della singola unità e del fabbricato che la comprende (l’esposizione, il grado di rifinitura, stato di conservazione, l’anno di costruzione, eccetera), non essendo sostenibile che tutti gli immobili di una stessa zona abbiano necessariamente la medesima classe.

Su tale punto va dunque disatteso altro precedente, rimasto isolato (Cass. n. 21176 del 2016), secondo cui la revisione del classamento L. n. 311 del 2004, ex art. 1, comma 335, non su tale punto va dunque disatteso altro precedente rimasto isolato (Cass. n. 21176 del 2016), secondo cui la revisione del classamento L. n. 311 del 2004, ex art. 1, comma 335, non deve ritenersi condizionata alle specifiche tecniche dell’unità immobiliare, bensì esclusivamente ai parametri relativi alla microzona di appartenenza, salva la possibilità di prova contraria.

Il ricorso va pertanto accolto, con cassazione della sentenza e con accoglimento dell’originario ricorso.

Considerato che le questioni giuridiche esaminate hanno trovato soluzione alla luce di interventi legislativi e giurisprudenziali complessi, va disposta la compensazione delle spese processuali di tutti i gradi di giudizio.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e decidendo nel merito accoglie l’originario ricorso. Spese compensate.

Così deciso in Roma, il 12 settembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 6 luglio 2020

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