Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13810 del 31/05/2013


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Civile Sent. Sez. L Num. 13810 Anno 2013
Presidente: ROSELLI FEDERICO
Relatore: DI CERBO VINCENZO

SENTENZA
sul ricorso 13937-2008 proposto da:
POSTE ITALIANE S.P.A. 97103880585, in persona del
legale rappresentante pro tempore, elettivamente
domiciliata in ROMA, VIA PO 25/B, presso lo studio
dell’avvocato PESSI ROBERTO, che la rappresenta e
difende giusta delega in atti;
– ricorrente –

2013
562

contro

BRUSCOLI CRISTINA, elettivamente domiciliata in ROMA,
VIALE DELLE MILIZIE 9, presso lo studio dell’avvocato
LUBERTO ENRICO, che la rappresenta e difende, giusta

Data pubblicazione: 31/05/2013

’%

delega in atti;

avverso la sentenza n.

controricorrente

581/2007 della CORTE D’APPELLO

di FIRENZE, depositata il 19/05/2007 R.G.N. 649/2005;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica

DI CERBO;
udito l’Avvocato LUBERTO ENRICO;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. MARCELLO MATERA ) che ha concluso per il
rigetto del ricorso.

udienza del 14/02/2013 dal Consigliere Dott. VINCENZO

13937.08

Udienza 14 febbraio 2013

Pres. F. Roselli
Rel. V. Di Cerbo

SENTENZA

Rilevato che
1.

La Corte d’appello di Firenze ha confermato la sentenza di prime cure che aveva dichiarato
l’illegittimità del termine apposto al contratto di lavoro part time, con decorrenza 22
ottobre 1998, stipulato da Poste Italiane s.p.a. con Cristina Bruscoli, con la conseguente
sussistenza fra le parti di un rapporto di lavoro a tempo indeterminato part time con la
stessa decorrenza, ed aveva condannato Poste Italiane al pagamento delle retribuzioni
maturate a decorrere dal 9 aprile 2003.

2.

Per la cassazione di tale sentenza Poste Italiane s.p.a. ha proposto ricorso; la lavoratrice ha
resistito con controricorso illustrato da memoria.

3.

Il Collegio ha disposto che sia adottata una motivazione semplificata.

4.

Dalla motivazione della sentenza impugnata si evince che la Bruscoli, dopo essere stata
assunta col citato contratto a termine part time con decorrenza 22 ottobre 1998, era stata
nuovamente assunta, sempre con contratto a termine, ma questa volta full time, con
decorrenza 15 febbraio 1999.

5.

La Corte territoriale, sul presupposto che entrambi i contratti erano stati stipulati a norma
dell’art. 8 del c.c.n.l. 26 novembre 1994 e, in particolare, in base alla previsione
dell’accordo integrativo del 25 settembre 1997 per esigenze eccezionali, conseguenti alla

fase di ristrutturazione e rimodulazione degli assetti occupazionali in corso, in ragione della
graduale introduzione di nuovi processi produttivi, di sperimentazione di nuovi servizi e in
attesa dell’attuazione del progressivo e completo equilibrio sul territorio delle risorse
umane, ha rilevato che il primo dei suddetti contratti (e cioè quello con decorrenza 22
ottobre 1998) doveva considerarsi validamente concluso in quanto stipulato prima del 31
dicembre 1998 e quindi in un momento nel quale l’assunzione a termine part time era
consentita in base all’accordo c.d. “addendum” all’art. 7 c.c.n.l. 26 settembre 1994
stipulato nel settembre 1998. Il termine apposto al secondo contratto (e cioè quello con
decorrenza 15 febbraio 1999) doveva invece considerarsi illegittimo in quanto per i
contratti full time il limite temporale (30 aprile 1998), entro il quale era possibile stipulare
contratti a termine per la causale sopra indicata, era già scaduto. Il dispositivo della
sentenza impugnata non è peraltro coerente con le suddette statuizioni contenute in
motivazione atteso che la Corte territoriale, nel rigettare l’appello ha confermato la
sentenza di prime cure che, come si è in precedenza accennato, aveva accolto

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La Corte

6. La soluzione adottata dalla Corte di merito è stata censurata da Poste Italiane s.p.a. con gli
unici due motivi di ricorso che, in quanto logicamente connessi, devono essere esaminati
congiuntamente. I suddetti motivi, con i quali viene denunciata violazione ed erronea
applicazione dell’art. 23 della legge n. 56 del 1987 e degli artt. 1362 e segg. cod. civ.,
nonché vizio di motivazione, con riferimento alle citate statuizioni in ordine alla legittimità
del termine di cui ai sopra citati contratti di lavoro, sono fondati nella parte in cui si
riferiscono al primo contratto ed infondati per quanto concerne il secondo contratto.
7. Deve premettersi che, secondo il più recente insegnamento di questa Corte di legittimità
(cfr., in particolare, Cass. 26 ottobre 2010 n. 21885), che in questa sede deve essere
pienamente ribadito, in tema di processo del lavoro, nel caso di contrasto irriducibile fra la
motivazione e il dispositivo della sentenza, deve attribuirsi la prevalenza al secondo che,
acquistando pubblicità con la lettura fattane in udienza, cristallizza stabilmente la
statuizione emanata nella concreta fattispecie (sul punto cfr. altresì Cass. 12 ottobre 1998
n. 10095). Ne consegue che il dispositivo letto in udienza e depositato in cancelleria ha una
rilevanza autonoma poiché racchiude gli elementi del comando giudiziale che non possono
essere mutati in sede di redazione della motivazione e non è suscettibile di interpretazione
per mezzo della motivazione medesima, sicché le proposizioni contenute in quest’ultima e
contrastanti col dispositivo devono considerarsi come non apposte.
8. Ciò premesso deve rilevarsi che il primo contratto a termine era a tempo parziale, per cui
lo stesso deve considerarsi legittimamente stipulato atteso che la stipula è avvenuta prima
del 31 dicembre 1998; come più volte affermato da questa Corte di legittimità (cfr., ad
esempio, Cass. 2 ottobre 2012 n. 16750; Cass. 26 settembre 2007 n. 20163), infatti, la
norma di cui all’accordo, stipulato nel giugno 1998 (il c.d. Addendum all’art. 7 del c.c.n.l.
26 novembre 1994) – secondo la quale le assunzioni di cui trattasi (a tempo determinato e
parziale) avvenivano in applicazione dell’accordo sottoscritto in data 27/4/1998 che si
intende prorogato a tutto il 31/12/1998 — deve essere interpretato nel senso che i contratti
a termine part time stipulati entro quest’ultima data devono considerarsi legittimi.
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9. Ad opposte conclusioni deve pervenirsi con riferimento al secondo contrattolljÌ
decorrenza 15 febbraio 1999, stipulato anch’esso a norma dell’art. 8 del c.c.n.l. 26
novembre 1994 ed in particolare in base alla previsione dell’accordo integrativo del 25
settembre 1997.

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10. Ed infatti, sulla scia di Cass. S.U. 2 marzo 2006 n. 4588, è stato precisato che l’attribuzione
alla contrattazione collettiva, ex art. 23 della legge n. 56 del 1987, del potere di definire
nuovi casi di assunzione a termine rispetto a quelli previsti dalla legge n. 230 del 1962,
discende dall’intento del legislatore di considerare l’esame congiunto delle parti sociali
sulle necessità del mercato del lavoro idonea garanzia per i lavoratori ed efficace
salvaguardia per i loro diritti (con l’unico limite della predeterminazione della percentuale
di lavoratori da assumere a termine rispetto a quelli impiegati a tempo indeterminato) e
prescinde, pertanto, dalla necessità di individuare ipotesi specifiche di collegamento fra
contratti ed esigenze aziendali o di riferirsi a condizioni oggettive di lavoro o soggettive dei
lavoratori ovvero di fissare contrattualmente limiti temporali all’autorizzazione data al
4

integralmente la domanda affermando così l’illegittimità del termine apposto al primo dei
suddetti contratti.

datore di lavoro di procedere ad assunzioni a tempo determinato (cfr. Cass. 4 agosto 2008
n. 21063; cfr. altresì Cass. 20 aprile 2006 n. 9245, Cass. 7 marzo 2005 n. 4862, Cass. 26
luglio 2004 n. 14011). Ne risulta, quindi, una sorta di “delega in bianco” a favore dei

Cass. 23 agosto 2006 n. 18383, Cass. 14 aprile 2005 n. 7745, Cass. 14 febbraio 2004 n.
2866); in particolare, quindi, come questa Corte ha univocamente affermato e come va
anche qui ribadito, in materia di assunzioni a termine di dipendenti postali, con l’accordo

sindacale del 25 settembre 1997, integrativo dell’art. 8 del c.c.n.l. 26 novembre 1994, e con
il successivo accordo attuativo, sottoscritto in data 16 gennaio 1998, le parti hanno
convenuto di riconoscere la sussistenza della situazione straordinaria, relativa alla
trasformazione giuridica dell’ente ed alla conseguente ristrutturazione aziendale e
rimodulazione degli assetti occupazionali in corso di attuazione, fino alla data del 30 aprile
1998; ne consegue che deve escludersi la legittimità delle assunzioni a termine cadute
dopo il 30 aprile 1998, per carenza del presupposto normativo derogatorio, con l’ulteriore
conseguenza della trasformazione degli stessi contratti in contratti a tempo indeterminato,
in forza dell’art. 1 della legge 18 aprile 1962 n. 230 (v., fra le altre, Cass. 1 ottobre 2007 n.
20608; Cass. 28 novembre 2008 n. 28450; Cass. 4 agosto 2008 n. 21062; Cass. 27 marzo
2008 n. 7979, Cass. 18378/2006 cit.).
11. Consegue da quanto sopra che il ricorso deve essere accolto nella parte in cui si riferisce
alla statuizione con la quale è stata dichiarata l’illegittimità del primo contratto a termine.
Deve essere invece rigettato nella parte in cui si riferisce alla declaratoria di illegittimità del
termine apposto al secondo contratto.
12. Per quanto riguarda le ulteriori statuizioni del giudice di primo grado, confermate dalla
Corte d’appello, concernenti la condanna al risarcimento del danno con decorrenza dal 9
aprile 2003, deve osservarsi che le stesse non sono state oggetto di censura. Non si pone
pertanto nel caso di specie, il problema dell’applicabilità al caso di specie dello ius
superveniens, rappresentato dall’art. 32, commi 5°, 6° e 7° della legge 4 novembre 2010 n.
183, in vigore dal 24 novembre 2010. Ed infatti costituisce condizione necessaria per poter
applicare nel giudizio di legittimità lo ius superveniens che abbia introdotto, con efficacia
retroattiva, una nuova disciplina del rapporto controverso, il fatto che quest’ultima sia in
qualche modo pertinente rispetto alle questioni oggetto di censura nel ricorso, in ragione
della natura del controllo di legittimità, il cui perimetro è limitato dagli specifici motivi di
ricorso (cfr. Cass. 8 maggio 2006 n. 10547, Cass. 27 febbraio 2004 n. 4070); in tale contesto
sarebbe stato necessario un motivo di ricorso avente ad oggetto le conseguenze
patrimoniali dell’accertata nullità del termine, il che non si è verificato nel caso di specie.
13. La sentenza deve essere in definitiva cassata nei limiti di cui in motivazione. Poiché non
sono necessari ulteriori accertamenti di fatto la Corte, decidendo nel merito, ai sensi
dell’art. 384, secondo comma, cod. proc. civ., rilevato che la conversione del rapporto deve
essere ricondotta alla illegittimità del termine apposto al secondo contratto (a tempo

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contratti collettivi e dei sindacati che ne sono destinatari, non essendo questi vincolati
all’individuazione di ipotesi comunque omologhe a quelle previste dalla legge, ma dovendo
operare sul medesimo piano della disciplina generale in materia ed inserendosi nel sistema
da questa delineato (cfr., fra le altre, Cass. 4 agosto 2008 n. 21062, Cass. 23 agosto 2006 n.
18378); in tale quadro, ove però, come nel caso di specie, un limite temporale sia stato
previsto dalle parti collettive (anche con accordi integrativi del contratto collettivo) la sua
inosservanza determina la nullità della clausola di apposizione del termine (v. fra le altre

pieno), dichiara che il rapporto di lavoro a tempo indeterminato decorre dal 15 febbraio
1999 con condanna di Poste Italiane s.p.a. al pagamento delle retribuzioni maturate a
decorrere dal 9 aprile 2003.
14. Considerato l’esito della controversia si reputa si reputa conforme a giustizia confermare la
statuizione sulle spese processuali dei giudizi di merito e compensare fra le parti le spese
del giudizio di legittimità.

La Corte accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, dichiara che
il rapporto di lavoro a tempo indeterminato decorre dal 15 febbraio 1999 con condanna di
Poste Italiane s.p.a. al pagamento delle retribuzioni maturate a decorrere dal 9 aprile 2003.
Conferma la statuizione sulle spese dei giudizi di merito; compensa le spese del giudizio di
cassazione.
4 14
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del /14febbraio 2013. fect,

P.Q.M.

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