Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13809 del 06/07/2020

Cassazione civile sez. trib., 06/07/2020, (ud. 18/04/2019, dep. 06/07/2020), n.13809

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BRUSCHETTA Ernestino – Presidente –

Dott. NONNO Giacomo Maria – Consigliere –

Dott. TRISCARI Giancarlo – Consigliere –

Dott. PUTATURO DONATI VISCIDO Maria Giulia – Consigliere –

Dott. NOCELLA Luigi – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso iscritto al n. 7142/2017 R.G. proposto da:

HERA COMM S.R.L., rappresentata e difesa dall’Avv. Annecchino Marco

del Foro di Roma, elett.te dom.ta presso lo studio del medesimo in

Roma, Via Cassiodoro n. 1/a, giusta procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

Agenzia delle Dogane e dei Monopoli, rappresentata e difesa

dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso la quale è domiciliata

in Roma, via dei Portoghesi n. 12;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale della

Toscana n. 1510/29/16, depositata il 19 settembre 2016, non

notificata.

Udita la relazione svolta nella pubblica udienza del 18 aprile 2019

dal Cons. Nocella Luigi.

Udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore

Generale Luisa De Renzis, che ha concluso per il rigetto del

ricorso. Udita l’Avv. Dello Stato Subrani Francesca per l’Agenzia

delle Dogane e dei Monopoli.

Udito l’Avv. Subrani Francesca per l’Agenzia delle Dogane e dei

Monopoli che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Udito l’Avv. Annecchino Marco per la contribuente, che ha concluso

per l’accoglimento del ricorso.

Udito l’Avv. Subrani Francesca per l’Agenzia delle Dogane e dei

Monopoli che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

FATTI DI CAUSA

La s.r.l. Hera Comm proponeva innanzi alla CTP di Firenze ricorso avverso il provvedimento N. A9911, notificatole il 27.06.2011, con il quale l’Agenzia delle Dogane della stessa città aveva denegato il rimborso dell’accredito dovutole L. n. 448 del 1998, ex art. 8, comma 10 e D.P.R. n. 361 del 1999, art. 1, comma 5, per la somma di Euro 24.823,72, richiesto in data 23.12.2010 per accise su gas petrolio liquido (GPL) relative all’annualità 2006, dichiarando la sopravvenuta decadenza dal diritto al rimborso ai sensi dell’art. 14 TUA, comma 2; in particolare la Società ricorrente deduceva: l’inapplicabilità dell’art. 14 TUA, comma 2 per essere l’istanza non finalizzata a ripetere un pagamento indebito, siccome effettuato in assenza di un obbligo; l’inapplicabilità della norma medesima ai soli soggetti tenuti per legge al pagamento dell’accisa, e non anche a quelli che ne subiscono l’onere per effetto di traslazione dell’imposta (come la Hera, soggetto intermediario e non produttore di gpl); la non conformità dell’interpretazione dell’art. 14 cit. alla normativa comunitaria; violazione del principio di buona fede causata dall’indebita applicazione della norma.

Prima la CTP adìta, con sentenza n. 133/01/2014, quindi, la CTR della Toscana su appello dell’Agenzia delle Dogane, con la pronuncia oggetto della presente impugnazione, hanno respinto il ricorso.

In particolare il giudice d’appello, premesso che il significato da attribuire al termine “indebito” evocato nell’art. 14 TUA è quello giuridicamente rilevante, che prescinde da qualsiasi sia la causa per la quale il pagamento non sia dovuto, e che cioè ricorre tutte le volte che insorga un diritto a rimborso, qualunque ne sia l’origine; ricordato che in tal senso è l’orientamento prevalente di questa Corte; ha ritenuto che a maggior ragione l’evidenziata ratio legis si realizza quando, manifestandosi il diritto all’agevolazione dopo l’acquisto del prodotto da parte del soggetto agevolato, la ricaduta fiscale dell’applicata agevolazione della transazione diviene indebita e suscettibile di determinare un rimborso; rimborso che non potrà che essere assoggettato alla disciplina dell’art. 14 TUA, comma 2.

La società soccombente ricorre per la cassazione di tale sentenza, con atto notificato il 16.03.2017, fondato su quattro motivi.

L’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli ha notificato e depositato controricorso.

Il 9 aprile 2019 la Società ricorrente ha depositato memoria illustrativa dei motivi e di replica al controricorso.

Nella pubblica udienza del 18.04.2019 il P.G. e le parti hanno discusso oralmente la causa ed all’esito della camera di consiglio la Corte ha deciso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

In via pregiudiziale l’Agenzia delle Dogane ha eccepito l’inammissibilità del ricorso in quanto la decisione di rigetto del ricorso conforme in entrambi i gradi di merito è perfettamente in linea con la giurisprudenza di legittimità espressa su tutte le questioni sollevate dalla ricorrente, di cui riporta gli estremi.

Con il primo motivo la Società Nera Comm denuncia violazione e falsa applicazione, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, del D.Lgs. n. 504 del 1995, art. 14 (in avanti anche TUA), L. n. 448 del 1998, art. 8, comma 10 e D.P.R. n. 361 del 1999, art. 1, comma 5: poichè il combinato disposto delle norme menzionate in epigrafe non integra un’ipotesi di pagamento indebito, ma bensì la concessione di un credito d’imposta ai soggetti fornitori di gpl a soggetti c.d. svantaggiati, sarebbe da escludere sia la correlazione tra versamento dell’accisa ed obbligo di accredito ai soggetti fornitori, sia la mancanza di legittimità, tanto originaria che sopravvenuta, del pagamento dell’imposta; sicchè, trattandosi di attribuzione di un credito d’imposta in virtù dello sconto praticato ai soggetti c.d. svantaggiati destinatari dell’agevolazione, l’istanza di pagamento di detto credito non sarebbe equiparabile ad istanza di rimborso e non potrebbe determinare l’applicabilità della decadenza ex art. 14 comma 2, che non sarebbe neppure applicabile analogicamente. Circa la non assimilabilità dei crediti d’imposta al rimborso di imposte indebitamente versate invoca il precedente di Cass. sez.V 8.05.2013 n. 10775 e di Cass. sez. V 26.10.2012 n. 18442.

L’Agenzia ha replicato deducendo che l’art. 14 è norma di applicazione generale, qualunque sia la causa della non debenza dell’imposta versata, come confermato dalla modifica del testo apportata con D.L. n. 193 del 2016; invoca giurisprudenza a favore di tale tesi e censura la pertinenza delle sentenze invocate ex adverso; deduce che il motivo si fonda sull’inammissibile distinzione tra il rimborso L. n. 448 del 1998, ex art. 8 e le altre ipotesi di rimborso per indebito.

Con il 2 motivo di ricorso si deduce violazione dell’art. 14 TUA in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3. per avere la CTR applicato detta norma ad un soggetto, quale la ricorrente, che non era obbligato al versamento dell’imposta, in quanto mero soggetto erogatore dell’idrocarburo gpl prodotto da altri, che avrebbe semplicemente sopportato gli effetti della traslazione del tributo corrisposto da altri.

Il terzo motivo introduce violazione e falsa applicazione dell’art. 14 TUA in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3., per avere la CTR ritenuto che il termine per proporre l’istanza di rimborso decorra dalla data del pagamento del tributo indebito sia dall’origine che per causa sopravvenuta; e rileva che il precedente invocato da controparte (Cass. n. 23515 del 2008, al quale si sono allineate successive pronunce) avrebbe obliterato che la Corte da tempo ha sancito l’impossibilità di far decorrere il termine di decadenza per l’istanza di rimborso dalla data del pagamento qualora a detta data l’indebito non fosse ancor insorto (a sostegno invoca Cass. 17.04.2013 n. 9283).

L’Agenzia eccepisce la novità di entrambe le questioni, mai dedotte nei precedenti gradi di merito; controdeduce che in effetti la CTR ha motivato sul punto, riportando il testo di Cass. n. 24056/2011 nella parte in cui esclude qualsivoglia effetto interruttivo alle detrazioni parziali effettuate dal contribuente, aggiungendo che tali argomenti sarebbero sufficienti ad escludere l’inapplicabilità del termine all’ipotesi di richiesta compensazione; ribadisce il richiamo alla giurisprudenza invocata, sostenendo che la sentenza n. 9283/2013 riguarderebbe rimborsi di accise in altri settori impositivi che prevedono diversi metodi di restituzione.

Infine con il quarto motivo la ricorrente deduce omesso esame, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, di un fatto decisivo e controverso, ma pacificamente riconosciuto dalle parti, e cioè la riconducibilità del credito d’imposta richiesto in pagamento alla L. n. 448 del 1998, art. 8, comma 10, lett. c ed al D.Lgs. n. 361 del 1999, art. l comma 5, circostanza della quale la CTR non ha fatto esplicita menzione nella sentenza impugnata e che, ove adeguatamente considerato, avrebbe dovuto determinare l’inapplicabilità dell’art. 14.

L’assunto di tale critica è contestato in radice dall’Agenzia, la quale evidenzia come la sentenza impugnata ne abbia tenuto debito conto.

Pregiudizialmente deve disattendersi l’eccezione di inammissibilità del ricorso sollevata dall’Agenzia resistente ai sensi dell’art. 360bis n. 1 c.p.c.: invero, come si dirà in sede di esame dei motivi, gli orientamenti giurisprudenziali di legittimità formatisi in relazione alle principali questioni sollevate dalla ricorrente sono tutt’altro che uniformi, e gli argomenti addotti dalla ricorrente sono in parte nuovi rispetto a quelli esaminati e posti a fondamento delle statuizioni di questa Corte invocate dall’Agenzia.

I primi tre motivi, che vanno esaminati congiuntamente per la stretta connessione logica che li caratterizza, sono ammissibili e fondati per le ragioni di seguito esposte.

La materia del contendere concerne sotto il primo profilo la natura del credito d’imposta che si genera in capo al commerciante di g.p.l. ai sensi del combinato disposto della L. n. 448 del 1998, art. 8, comma 10, lett. c) e D.P.R. n. 361 del 1999, art. 1; sotto il secondo l’applicabilità del termine biennale di decadenza, ex art. 14 TUA, comma 2, per l’esercizio del diritto al rimborso del credito di accisa sul consumo di gpl.

Ai sensi del citato D.P.R. n. 361 del 1999, art. 1, comma 3, la disciplina del credito d’imposta di cui trattasi è, nei suoi tratti essenziali, la seguente “1. Il beneficio derivante dalla compensazione dell’aumento progressivo dell’accisa per.consentire le riduzioni di costo previste, dalla L. 23 dicembre 1998, n. 448, art. 8, comma 10, lett. c), è fissato, per l’anno 1999, in lire 200 per litro di gasolio usato come combustibile per riscaldamento…… Per gli anni successivi la determinazione del beneficio è effettuata, annualmente, con decreto del Ministro delle finanze …

2. Il beneficio sul gasolio di cui al comma 1 è concesso mediante accredito d’imposta, effettuato secondo le modalità di cui al D.M. finanze 12 dicembre 1996, n. 689l’art. 6 del, nei

confronti degli esercenti impianti o depositi, a scopo commerciale,

tenuti a fornire, ad un prezzo che trasferisca all’acquirente il suddetto beneficio, gasolio usato come combustibile per riscaldamento, a titolari d’impianti o loro legali rappresentanti, intestatari delle fatture, che

abbiano presentato la dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà

attestante, sotto la propria responsabilita, l’ubicazione dell’impianto, situato nei comuni ricadenti nella zona climatica F di cui al D.P.R. 26 agosto 1993, n. 412, nelle province nelle quali oltre il settanta per cento dei comuni ricade nella predetta zona climatica F e nei comuni non metanizzati ricadenti nella zona climatica E così come indicato dalla L. n. 448 del 1998, art. 8, comma 10, lett. c), della citata, nel quale il prodotto verrà impiegato.

3. Per poter beneficiare dell’accredito di cui al comma 2, i fornitori menzionati nel medesimo comma:

a) riportano, nelle annotazioni effettuate sul registro di carico e scarico ovvero nelle contabilità tenute ai sensi del D.Lgs. 26 ottobre 1995, n. 504, art. 9, comma 2, lett. c), distintamente dagli altri i quantitativi complessivi giornalieri di gasolio aventi diritto all’accredito, forniti, indicando gli utilizzatori con i singoli quantitativi consegnati;

b) presentano entro il giorno 10 del mese successivo a ciascun bimestre, istanza, in triplice esemplare, al competente ufficio tecnico di finanza, indicando i quantitativi fatturati di gasolio usato come combustibile per riscaldamento sui quali viene chiesto l’accredito complessivamente erogati nel bimestre medesimo.

4. omissis

5. Il beneficio sui gas di petrolio liquefatti di cui al comma 1 è concesso mediante accredito d’imposta effettuato nei confronti degli esercenti le reti di canalizzazione operanti nelle località di cui al comma 2, tenuti a fornire, il prodotto ad un prezzo che trasferisca agli utenti il suddetto beneficio. Gli esercenti summenzionati riportano, in apposito registro di carico e scarico al carico le partite di prodotto pervenute, con riferimento ai documenti di accompagnamento, ed allo scarico, ogni dieci giorni, quantitativi complessivamente erogati, secondo le indicazioni di apposito contatore totalizzatore I predetti esercenti presentano al competente ufficio tecnico di finanza, con le modalità di cui al comma 3, apposita istanza, con l’indicazione dei quantitativi fatturati nel bimestre agli utenti, sui quali si chiede l’accredito”.

Come è ben evidente dalla lettura della norma, il riconoscimento del credito d’imposta derivante dalla fornitura, a prezzo ridotto, di gpl da riscaldamento ai soggetti meritevoli, come individuati nei comma 2 e 5 della norma, scaturisce dal procedimento applicativo di un’agevolazione per detti soggetti che genera, per il commerciante del combustibile, un credito d’imposta, verificabile attraverso il rigoroso meccanismo di registrazioni su descritto e, soprattutto, dall’istanza bimestrale di accredito relativo alle erogazioni agevolate di gpl, soggetta a controllo dell’Amm.ne; credito la cui insorgenza non ha alcuna correlazione con l’astratta debenza dell’accisa nè con la legittimità della sua applicazione e versamento, che peraltro è dovuta e versata all’Erario dai produttori od importatori del GPL e non già dai commercianti, parificati ai consumatori, sui quali l’imposta viene semplicemente traslata.

Conseguentemente l’istanza che la Hera Comm aveva proposto all’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli di Firenze era una “istanza di pagamento” di somme già richieste in accredito, secondo la procedura del comma 5 della norma riportata, che non andava ad elidere l’esistenza di eventuali debiti per accise, comunque non gravanti sul commerciante-consumatore, ma avrebbe potuto costituire, in alternativa, presupposto di eventuali compensazioni in senso proprio con debiti d’imposta anche di altra natura gravanti sulla Società erogatrice del GPL; compensazioni da autorizzarsi di volta in volta dall’Agenzia titolare dei crediti derivanti da accise. Come opportunamente evidenziato dalla ricorrente, alla nascita di un credito d’imposta non corrisponde necessariamente l’insorgenza di un indebito oggettivo (o soggettivo) relativamente ad imposte, ancorchè della medesima specie, già corrisposte o da corrispondere, ancor meno quando la corresponsione sia stata effettuata da altro soggetto; e nel caso di specie l’anticipazione, da parte del commerciante di GPL, di un’agevolazione tributaria spettante a soggetti terzi estranei al rapporto d’imposta genera semplicemente un credito, il cui riconoscimento determina la compensabilità con altri debiti dell’erogatore verso l’Agenzia.

D’altronde ai sensi del D.Lgs. n. 504 del 1995, art. 14, comma 2, (TUA), vigente ratione temporis: “L’accisa è rimborsata quando risulta indebitamente pagata. Il rimborso deve essere richiesto, a pena di decadenza, entro due anni dalla data del pagamento “.

Orbene sul tema, contrariamente a quanto eccepito dall’Agenzia controricorrente, non esistono indirizzi interpretativi di legittimità sufficientemente univoci da far ritenere che le pronunce conformi rese nei gradi di merito del presente giudizio ostino alla riproposizione della questione concernente la portata applicativa dell’art. 14 TUA, comma 2, specialmente con riferimento alla questione proposta con il secondo motivo di ricorso, e possano quindi determinare l’inammissibilità del ricorso (in effetti del solo terzo motivo) ai sensi dell’art. 360-bis c.p.c., comma 1. Neppure il motivo appare inammissibile per la eccepita novità dell’eccezione, poichè la questione ha costituito oggetto di specifico esame e trattazione nella stessa sentenza della CTR, che ha pure riportato sinteticamente la tesi in diritto espressa e motivata dalla Società appellante, con esplicito riferimento alla peculiarità della procedura di accredito dell’imposta; peraltro, come evidenziato dalla ricorrente (pagg.21-22 del ricorso), le circostanze di fatto poste a fondamento delle questioni erano già state dedotte nei precedenti gradi del giudizio.

Invero la giurisprudenza prevalente della sezione quinta di questa Corte (sez.V, nn. 3469-3470-3471 del 14.02.2014; nello stesso senso, sez. V n. 13724 del 31.05.2017) ha affermato che “A norma del D.Lgs. 26 ottobre 1995, n. 504, art. 14, il rimborso dell’accisa (…) indebitamente versata va richiesto, a pena di decadenza, entro due anni dalla data del pagamento, che segna il momento dal quale indefettibilmente decorre il termine decadenziale per l’esercizio del diritto alla restituzione restando ininfluenti le cause per cui il pagamento non è dovuto; nè l’avvenuta detrazione del credito di imposta, operata dal contribuente per le annualità successive, è idonea a spostare in avanti il “dies a quo” del suddetto termine” (cfr. Cass. sez.V n. 24056 del 16.11.2011). Secondo tale orientamento, invero, il diritto del contribuente al rimborso delle somme pagate indebitamente a titolo di accise (nel caso esaminato per il consumo del gas metano), va attivato con richiesta proposta nel termine biennale suindicato, con decorrenza o dal pagamento (qualora intervenuto dopo l’entrata in vigore del D.Lgs. n. 504 del 1995) o dall’entrata in vigore di detto decreto (ove si tratti di pagamento avvenuto prima di tale data) (Cass. sez.V 14.05.2008 n. 12045). Tali eventi segnano, infatti, il momento dal quale indefettibilmente decorre il predetto termine decadenziale per l’esercizio del diritto alla restituzione, “qualunque sia la causa per la quale il pagamento non sia dovuto, e perfino nel caso in cui l’accisa sia stata debitamente pagata, e sia sopravvenuta una causa di non debenza del tributo” (Cass. sez.V 12.09.2008 n. 23515; Cass. sez.V 16.11.2011 n. 24056; 2.03.2012 n. 3363; n. 13724 del 2017). Il termine decadenziale suindicato, imposto per finalità di interesse pubblico, non è disponibile neppure dalla stessa Amministrazione.

Pronuncia dissonante, alla quale, invece, questa Corte intende dare seguito, è quella secondo cui “in materia d’imposta sulla produzione e sui consumi, ai sensi del D.Lgs. n. 504 del 1995, art. 14, comma 2, il rimborso (o la corrispondente detrazione) dell’accisa indebitamente pagata deve essere richiesto, a pena di decadenza, entro due anni, decorrenti dalla data di presentazione della dichiarazione annuale, con la conseguenza che, nel caso di versamento di acconti risultati maggiori del dovuto, questi devono sommarsi con il credito d’imposta relativo all’anno successivo, derivandone che il saldo creditorio va a costituire un nuovo credito rispetto a quelli precedentemente maturati (così, Cass. Sez.V 17.04.2013 n. 9283, richiamata dalla CTR ed invocata dalla C.V.A. Trading s.r.l.; v. anche Cass., Sez.V 1.02.2019, n. 3051). E invero, tale ultimo orientamento, valorizza la peculiarità del sistema di liquidazione dell’accisa – nella specie, relativa al consumo di gas metano, ma ugualmente per quella relativa al consumo dell’energia elettrica – per cui, ai sensi dell’art. 26 TUA, comma 8: “l’accertamento dell’accisa viene effettuato sulla base delle dichiarazioni annuali, contenenti tutti gli elementi necessari per la determinazione del debito d’imposta. Il pagamento dell’accisa deve essere effettuato in rate mensili di acconto calcolate sulla base dei consumi dell’anno precedente, con eventuale conguaglio in fase di successiva dichiarazione di consumo”. Ed infatti, ai sensi di detta norma, il pagamento dell’accisa deve essere effettuato in rate di acconto mensili entro la fine di ciascun mese, calcolate sulla base dei consumi dell’anno precedente e il versamento a conguaglio è effettuato entro il mese di febbraio dell’anno successivo a quello cui si riferisce, per cui le rate mensili di versamento dell’accisa in acconto non corrispondono ad autonomi adempimenti di autonomi debiti, bensì a modalità di adempimento di un unico debito, frazionato, appunto, in più rate (così, Cass. Sez.V 12.02.2014 n. 3100; Cass. n. 3051 del 2019 cit.).

Tale impostazione risulta condivisibile, come già affermato da questa Sezione in altre pronunce, in quanto coerente anche con il meccanismo di compensazione (detrazione) autorizzato ai sensi dell’art. 56 TUA, comma 1, – secondo cui “Le somme eventualmente versate in più. del dovuto sono detratte dai successivi versamenti di acconto” – operante fino all’esaurimento del rapporto tributario medesimo.

Invero, il saldo attivo dei versamenti in acconto di ciascun periodo – al netto di quanto detratto ex lege dai versamenti di acconto del periodo successivo – risulta da una modalità di pagamento dell’accisa sui consumi di energia elettrica (come di gas metano) prevista dalla stessa legge, per cui, in corso di rapporto tributario, non è configurabile come “pagamento indebito”, con conseguente inapplicabilità del termine di decadenza biennale ex art. 14 TUA, comma 2. Solo alla fine del rapporto tributario, nel caso in cui emergesse dall’ultima dichiarazione di consumo un saldo a credito, quest’ultimo darebbe luogo a un pagamento indebito e il contribuente dovrebbe reclamare il credito medesimo con decorrenza del termine biennale di decadenza ex art. 14 TUA, comma 2, dalla data del pagamento in eccesso che, in sostanza, coincide con il momento di presentazione dell’ultima dichiarazione annuale dalla quale sia risultato il credito di imposta.

Si può quindi sinteticamente ribadire che in tema di accise, il saldo creditorio che matura al momento della presentazione della dichiarazione annuale – costituendo il frutto di una modalità di pagamento dell’imposta, in quanto detratto ex lege dai successivi versamenti di acconto – è reclamabile soltanto dal soggetto passivo del rapporto tributario; con la conseguenza che il termine biennale di decadenza D.Lgs. n. 504 del 1995, ex art. 14, comma 2, (TUA), per il rimborso dell’eventuale credito di imposta non è applicabile al soggetto terzo, nella specie il commerciante consumatore, che chiede l’accredito delle corrispondenti somme abbonate ai soggetti titolari di agevolazioni ai sensi del D.P.R. n. 361 del 1999, art. 1, comma 2.

Invero, la stessa diversità ed alternatività tra il meccanismo per il rimborso delle accise pagate dallo stesso soggetto d’imposta, da un lato, e, dall’altro, quello del tutto autonomo che disciplina l’accredito ai sensi del D.P.R. n. 361 del 1999, art. 1 delle imposte “detratte” dai commercianti di GPL ai consumatori finali meritevoli, testimonia dell’estraneità strutturale e funzionale del termine di decadenza ex art. 14 TUA, comma 2 rispetto alle somme spettanti in accredito ai suddetti commercianti erogatori del GPL per consentire ai consumatori finali di beneficiare del “bonus”.

Il giudice di appello non si è conformato al suddetto principio, avendo respinto l’istanza presentata il 27.05.2011 per il pagamento delle somme richieste in accredito, avendole erroneamente applicato il suddetto termine di decadenza; sicchè la sentenza impugnata deve essere cassata.

L’ultimo motivo, avente ad oggetto omesso esame di fatto decisivo e controverso, resta assorbito dall’accoglimento dei primi tre, non rendendosi ulteriormente necessario indagare, una volta correttamente interpretata la normativa invocata, la corretta individuazione a parte della CTR, della riconducibiità dell’istanza di accredito alla più ampia fattispecie di rimborso.

In conclusione, i primi tre motivi di ricorso vanno accolti, con la conseguente cassazione della sentenza impugnata. Alla luce dei fatti esposti e documentati la Corte è peraltro nelle condizioni di decidere la controversia nel merito, ai sensi dell’art. 384 c.p.c., comma 2, non essendo necessario accertare circostanze di fatto ulteriori.

In particolare, alla stregua del principio di diritto enunciato, il provvedimento di diniego di pagamento richiesto oggetto d’impugnazione si rivela illegittimo e deve essere annullato, non potendo attribuirsi all’istanza della Società Hera Comm natura di richiesta di rimborso e, conseguentemente, considerarsi la stessa assoggettata al termine decadenziale di cui all’art. 14 TUA, comma 2. Stanti la peculiarità della questione e le oscillazioni giurisprudenziali in materia, si ravvisano giusti motivi per compensare tra le parti integralmente le spese processuali del presente giudizio.

P.Q.M.

La Corte accoglie i primi tre motivi di ricorso e, assorbito l’ultimo, cassa e, decidendo nel merito, accoglie il ricorso introduttivo, annulla il provvedimento impugnato e compensa le spese di tutti i gradi del giudizio.

Così deciso in Roma, il 18 aprile 2019.

Depositato in Cancelleria il 6 luglio 2020

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