Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13807 del 06/07/2020

Cassazione civile sez. VI, 06/07/2020, (ud. 26/02/2020, dep. 06/07/2020), n.13807

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GRECO Antonio – Presidente –

Dott. ESPOSITO Antonio Francesco – Consigliere –

Dott. CROLLA Cosmo – Consigliere –

Dott. LUCIOTTI Lucio – rel. Consigliere –

Dott. RUSSO Rita – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 9777/2019 R.G. proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, C.F. (OMISSIS), in persona del Direttore pro

tempore, rappresentata e difesa dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO

STATO, presso la quale è domiciliata in Roma, alla via dei

Portoghesi n. 12;

– ricorrente –

contro

P.M., rappresentato e difeso, per procura speciale in

calce al controricorso, dagli avv.ti D’ERCOLE Stefano e RUSSO

Daniela ed elettivamente domiciliato in Roma, alla via Nicola

Ricciotti, n. 11, presso lo studio legale dell’avv. SINIBALDI

Michele;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1094/07/2018 della Commissione tributaria

regionale dell’ABRUZZO; Sezione staccata di Pescara, depositata il

15/11/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 26/02/2020 dal Consigliere LUCIOTTI Lucio.

Fatto

RILEVATO

Che:

1. In controversia relativa ad impugnazione di un avviso di rettifica e liquidazione con il quale si annullava e sostituiva un precedente analogo avviso emesso per revoca delle agevolazioni fiscali per l’acquisto della prima casa, in quanto/It” l’unità immobiliare dichiarata in successione dal contribuente con richiesta delle predette agevolazioni, non avrebbe presentato il requisito indicato dalla legge per la qualificazione di abitazione “non di lusso”, con la sentenza in epigrafe indicata la CTR abruzzese, decidendo in sede di rinvio operato da questa Corte con ordinanza n. 26801 del 2017 – che rilevava, in accoglimento del terzo motivo di ricorso per cassazione, l’omessa pronuncia dei giudici di appello in ordine alla censura relativa alla mancanza dei presupposti per l’esercizio dell’autotutela sostitutiva da parte dell’ufficio – accoglieva il motivo di appello del contribuente ritenendo illegittimo l’atto impositivo emesso in rinnovazione di quello precedente, annullato, in quanto contenente una maggiore pretesa tributaria, ovvero l’attribuzione per intero delle imposte dovute e non nella misura di un terzo di cui al precedente provvedimento.

2. Avverso tale statuizione l’Agenzia delle entrate ricorre per cassazione sulla base di un unico motivo, cui replica l’intimato con controricorso.

3. Sulla proposta avanzata dal relatore ai sensi del novellato art. 380-bis c.p.c., risulta regolarmente costituito il contraddittorio.

Diritto

CONSIDERATO

Che:

Con il motivo di ricorso la difesa erariale deduce la violazione e falsa applicazione del D.L. n. 564 del 1994, art. 2-quater, comma 1, convertito, con modificazioni, dalla L. n. 656 del 1994, e D.M. n. 37 del 1997, art. 2, sostenendo che i giudici di appello avevano erroneamente ritenuto precluso all’amministrazione finanziaria l’esercizio del potere di autotutela sostitutiva, benchè al momento dell’emissione del nuovo provvedimento non fosse decorso alcun termine di decadenza per l’emissione dell’atto impositivo nè intervenuto un giudicato.

Il motivo è fondato e va accolto.

Premesso che nella specie si verte in ipotesi di c.d. autotutela sostitutiva (la stessa CTR dà atto in sentenza dell’emissione da parte dell’amministrazione finanziaria di un avviso di liquidazione in sostituzione di altro precedentemente emesso e poi annullato), deve ricordarsi qual è l’orientamento di questa Corte in materia.

Nella sentenza n. 25055 del 08/10/2019 (Rv. 655404 – 01) si è affermato che “In materia tributaria, il potere dell’Amministrazione finanziaria di provvedere in via di autotutela e con effetti retroattivi all’annullamento d’ufficio (o alla revoca) degli atti illegittimi (o infondati) è espressamente riconosciuto dal D.L. n. 564 del 1994, art. 2-quater, comma 1, conv. in L. n. 656 del 1994, in virtù del quale può essere annullato, in autotutela cd. sostitutiva, anche un precedente provvedimento di annullamento dell’originario atto impositivo, senza che ciò comporti l’automatica reviviscenza di quest’ultimo, ormai definitivamente eliminato dall’ordinamento. Ne consegue che, in tale ipotesi, l’Ufficio ha l’obbligo di adottare un nuovo atto “sostitutivo” secondo le forme ed entro il termine di legge previsto per il suo compimento e, in caso di avvenuta impugnazione dell’atto impositivo, in assenza di giudicato sull’accertamento ad esso sotteso” (in termini anche Cass., Sez. 5, Sentenza n. 22827 del 08/10/2013).

Si è quindi precisato:

– che “In tema di accertamento tributario, l’esercizio del potere di autotutela non presuppone necessariamente che l’atto ritirato sia affetto da vizi di forma, avendo l’Amministrazione, in virtù ed in forza dell’imperatività che ne connota l’agire, il potere di sostituire un precedente atto impositivo illegittimo con innovazioni che possono investirne tutti gli elementi strutturali, costituiti dai destinatari, dall’oggetto e dal contenuto e, solo conseguentemente, da quelle dichiarazioni argomentative che, connettendo oggetto e contenuto, formano la motivazione del provvedimento” (Cass., Sez. 5, Sentenza n. 4272 del 23/02/2010);

– che “Il potere di autotutela cd. sostitutiva – in forza del quale l’Amministrazione può annullare l’atto illegittimo e sostituirlo con un altro di contenuto sostanzialmente identico, ma privo dei vizi originari – può essere esercitato, ai sensi del D.L. n. 564 del 1994, art. 2-quater, conv. in L. n. 656 del 1994, anche durante il giudizio di impugnazione proposto contro detto atto, trovando il suo fondamento nel cd. “principio di perennità” della potestà amministrativa, che, tuttavia, incontra i limiti dell’eventuale giudicato sul merito dell’impugnazione dell’atto, del decorso del termine di decadenza per l’attività di accertamento o riscossione e del diritto di difesa del contribuente” (Cass., Sez. 5, Sentenza n. 7751 del 20/03/2019; v. anche Cass., Sez. 5, Sentenza n. 14219 del 08/07/2015, secondo cui “In materia tributaria, l’esercizio del potere di autotutela non implica la consumazione del potere impositivo”; in materia di ICI, cfr. Cass., Sez. 5, Sentenza n. 15557 del 30/06/2010);

– che “In caso di annullamento dell’avviso di accertamento da parte del giudice del merito, l’amministrazione finanziaria, se non siano maturate decadenze o prescrizioni e non vi sia violazione del giudicato, può emettere per il medesimo periodo di imposta un nuovo atto impositivo, purchè nel rispetto del divieto di plurime imposizioni di cui al D.P.R. n. 600 del 1973, art. 67 e dunque previo annullamento, nell’esercizio del potere di autotutela, di quello precedente” (Cass., Sez. 5, Sentenza n. 27091 del 23/10/2019).

Orbene, nella specie la CTR non si è attenuta ai suddetti principi giurisprudenziali peraltro in un’ipotesi in cui l’esercizio del potere di autotutela sostitutiva non era precluso da alcuna decadenza o da precedente giudicato, sicchè la sentenza impugnata va cassata e la causa, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto (in mancanza di contestazione circa l’obbligo del contribuente di corrispondere l’intera imposta accertata, in solido con gli altri coeredi/comproprietari), va decisa nel merito con rigetto dell’originario ricorso del contribuente.

La decisione della causa sulla base della recente giurisprudenza di questa Corte giustifica la compensazione delle spese dell’intero giudizio.

P.Q.M.

accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta l’originario ricorso del contribuente, compensando le spese dell’intero giudizio.

Così deciso in Roma, il 26 febbraio 2020.

Depositato in Cancelleria il 6 luglio 2020

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