Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13806 del 06/07/2016


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Cassazione civile sez. VI, 06/07/2016, (ud. 27/04/2016, dep. 06/07/2016), n.13806

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. IACOBELLIS Marcello – Presidente –

Dott. CARACCIOLO Giuseppe – Consigliere –

Dott. IOFRIDA Giulia – rel. Consigliere –

Dott. CRUCITTI Roberta – Consigliere –

Dott. CONTI Roberto Giovanni – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 10488-2015 proposto da:

G.F., elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA

CAVOUR presso la CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato

MARCO GREGIS, giusta procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, (OMISSIS), in persona del direttore pro

tempore elettivamente domiciliata in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12,

PRESSO L’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e

difende ope legis;

– controricorrente –

MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE (OMISSIS);

– intimato –

avverso la sentenza n. 5168/2014 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE della Lombardia SEZIONE STACCATA di BRESCIA del 9/06/2014,

depositata il 06/10/2014;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

27/04/2016 dal Consigliere Relatore Dott. GIULIA IOFRIDA;

udito l’Avvocato Alessio Petretti (delega avvocato Marco Gregis)

difensore della ricorrente che si riporta agli scritti.

Fatto

IN FATTO

G.F. propone ricorso per cassazione, affidato ad un motivo, nei confronti del Ministero dell’Economia e delle Finanze (che non resiste) e dell’Agenzia delle Entrate (che resiste con controricorso), avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale della Lombardia Sezione Staccata di Brescia n. 5168/67/2014, depositata in data 6/1072014, con la quale – in controversia concernente l’impugnazione di un avviso di accertamento, per IRPEF ed addizionali, regionali e comunali, dovute nell’anno d’imposta 2008, a seguito di rettifica del reddito imponibile della contribuente, titolare di ditta individuale, D.P.R. n. 600 del 1973, ex art. 38 – è stata confermata la decisione di primo grado, che aveva respinto il ricorso della contribuente.

A seguito di deposito di relazione ex art. 380 bis c.p.c., è stata fissata l’adunanza della Corte in camera di consiglio, con rituale comunicazione alle parti.

Diritto

IN DIRITTO

1. Preliminarmente, è inammissibile il ricorso proposto nei confronti del Ministero della Economia e delle Finanze, che non è stato parte nel giudizio di appello. Inoltre, va ricordato che, per effetto ed in conseguenza del trasferimento di funzioni e di rapporti inerenti le entrate tributarie da esso Ministero alle Agenzie Fiscali (tra cui, l’Agenzia delle Entrate) – le quali ultime sono divenute operative a partire dal primo gennaio 2001 in base al D.M. 28 dicembre 2000, art. 1, – disposto dal titolo quinto, capo secondo, del D.Lgs. 30 luglio 1999, n. 300, ciascuna Agenzia è succeduta al Ministero stesso nei rapporti, sostanziali e processuali, in corso a quel momento ed è divenuta titolare esclusiva (e, pertanto, unica legittimata anche processualmente) dei rapporti tributari sorti successivamente alla data detta di sua operatività. Nella specie si discute di avviso di accertamento emesso in relazione all’anno 2008.

2. La ricorrente lamenta, con due motivi, sotto unica rubrica, sia la violazione e/o errata applicazione, ex art. 360 c.p.c., n. 3, dell’art. 115 c.p.c. e D.P.R. n. 600 del 1973, art. 38, commi 4 e 5, sia “l’omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto decisivo per il giudizio”, ex art. 360 c.p.c., n. 5, assumendo che erroneamente la C.T.R. ha ritenuto le prove fornite da essa contribuente (in particolare un contratto di mutuo chirografario) non idonee a vincere la presunzione fondante l’accertamento sintetico.

3. La censura, per la parte implicante un vizio di )fazione di norma diritto, è inammissibile.

Invero, con essa non si lamenta una violazione di norme di diritto, nella specie il D.P.R. n. 600 del 1973, art. 38 ed i principi sul riparto dell’onere probatorio tra Ufficio erariale e contribuente, quanto ci si duole del risultato della valutazione del materiale probatorio operata dai giudici di appello in ordine alla documentazione prodotta dalle parti.

Ma questo è un problema di stretto merito (cfr. Cass. 14267/2006:

“In tema di valutazione delle risultanze probatorie in base al principio del libero convincimento del giudice, la violazione degli artt. 115 e 116 c.p.c. è apprezzabile, in sede di ricorso per cassazione, nei limiti del vizio di motivazione di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5), e deve emergere direttamente dalla lettura della sentenza, non già dal riesame degli atti di causa, inammissibile in sede di legittimità”). Le censure proposte sono dunque inammissibili, risolvendosi appunto in argomenti di fatto la cui valutazione compete al giudice di merito e non può essere censurata in sede di legittimità se non nei limiti fissati dall’art. 360 c.p.c., n. 5.

4. La censura, per la parte contenente un vizio di motivazione, è poi infondata, ugualmente.

Premessa la piena operatività nel giudizio di cassazione in materia tributaria del nuovo testo dell’art. 360 c.p.c., n. 5, le Sezioni Unite di questa Corte (Cass. 8053-8054/2014) hanno altresì affermato che “la riformulazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 disposta dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54 conv. in L. 7 agosto 2012, n. 134, deve essere interpretata, alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall’art. 12 preleggi, come riduzione al “minimo costituzionale” del sindacato di legittimità sulla motivazione.

Pertanto, è denunciabile in cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sè, purchè il vizio risulti dal lesto della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuaali. Tale anomalia si esaurisce nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione” (cfr. ord. 21257/2014).

Ne consegue che, mentre l’omessa pronunzia continua a sostanziarsi nella totale carenza di considerazione della domanda e dell’eccezione sottoposta all’esame del giudicante, il quale manchi completamente perfino di adottare un qualsiasi provvedimento, quand’anche solo implicito, di accoglimento o di rigetto, invece indispensabile alla soluzione del caso concreto, il vizio motivazionale previsto dal nuovo testo del n. 5) dell’art. 360 c.p.c. presuppone che un esame della questione oggetto di doglianza vi sia pur sempre stato da parte del giudice di merito, ma che esso sia affetto dalla “totale pretermissione” di uno specifico fatto storico, oppure che si sia tradotto nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, esclusa, invece, qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza della motivazione”.

Ora, in ordine alla fondatezza della pretesa impositiva cd alla inidoneità della prova contraria offerta dalla contribuente, la C.T.R., valutato il complesso del materiale prodotto (di cui ha dato conto nella parte in fatto della sentenza), ha motivato nel senso sopra riportato, richiamando quanto già statuito in primo grado.

A fronte di tali affermazioni, il motivo dedotto dal ricorrente è infondato, in quanto, come chiarito dalle Sezioni Unite di questa Corte (nella sentenza n. 8053/2014) “l’omesso esame di elementi istruttori non integra, di per sè, il vizio di omesso esame di un fitto decisivo qualora il fitto statico, rilevante in causa, sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorchè la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie”.

5. Per tutto quanto sopra esposto, va respinto il ricorso nei confronti dell’Agenzia delle Entrate.

Le spese, liquidate come in dispositivo, nel rapporto contribuente/Agenzia delle Entrate seguono la soccombenza.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, sì dà atto della ricorrenza dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente dell’importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del cit. art. 13, comma 1 bis.

PQM

La Corte, dichiarato inammissibile il ricorso proposto nei confronti del Ministero dell’Economia e delle Finanze, rigetta il ricorso proposto nei confronti dell’Agenzia delle Entrate. Condanna la ricorrente al rimborso delle spese processuali del presente giudizio di legittimità, in favore dell’Agenzia delle Entrate, liquidate in complessivi Euro 1.500,00, a titolo di compensi, oltre eventuali spese prenotate a debito.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, dà atto della ricorrenza dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente dell’importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del cit. art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 27 aprile 2016.

Depositato in Cancelleria il 6 luglio 2016

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