Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13805 del 31/05/2013


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 13805 Anno 2013
Presidente: DI PALMA SALVATORE
Relatore: RAGONESI VITTORIO

ORDINANZA
sul ricorso 17133-2011 proposto da:
PUPPO ROBERTO PPPRRT51C09Z514X, elettivamente domiciliato
in ROMA, VIA ALFREDO FUSCO 104, presso lo studio
dell’avvocato CAIAFA ANTONIO, che lo rappresenta e difende,
giusta mandato speciale a margine del ricorso;

– ricorrente contro
FALLIMENTO n. 44086/86 DELLA VAL PACK ROMA SRL in
persona del Curatore pro tempore, elettivamente domiciliato in
ROMA, VIA PO 24, presso lo studio dell’avvocato GENTILI
AURELIO, che lo rappresenta e difende, giusta procura speciale a
margine del controricorso;

– controricorrente –

Data pubblicazione: 31/05/2013

avverso il provvedimento n. 3956 del TRIBUNALE di ROMA del
12.5.2011, depositato il 17/05/2011;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
19/03/2013 dal Consigliere Relatore Dott. VITTORIO RAGONESI;
udito per il ricorrente l’Avvocato Antonio Caiafa che si riporta agli

E’ presente il Procuratore Generale in persona del Dott.
IMMACOLATA ZENO che si riporta alla relazione scritta.

Ric. 2011 n. 17133 sez. M1 – ud. 19-03-2013
-2-

scritti.

La Corte rilevato che sul ricorso n. 17133/11 proposto da Puppo Roberto
nei confronti del Fallimento Val Pack srl il consigliere relatore ha
depositato , ai sensi dell’art 380 bis cpc la relazione che segue.

“Il relatore Cons. Ragonesi , letti gli atti depositati, osserva quanto

Puppo Roberto ha proposto ricorso per cassazione sulla base di due
motivi avverso il decreto del tribunale di Roma in data 12.5.11 e depositato
il 17.5.11 con cui veniva rigettata la richiesta di saldo per l’opera prestata
quale curatore del fallimento della Vai Pack Roma srl dal 1986 al 2003, data
in cui venne revocato, avendo ritenuto il tribunale che la grave negligenza
manifestata nella gestione della procedura giustificava che nessuna
ulteriore somma gli fosse dovuta oltre l’acconto già ricevuto di 6.972,17
euro.
Resiste il fallimento con controricorso
Con il primo ed il secondo motivo il ricorrente deduce che il tribunale non
avrebbe tenuto conto nel liquidare il compenso dei risultati raggiunti da
ciascun curatore nella gestione della procedura nè specificato l’attivo
raggiunto da ciascuno di essi e le percentuali applicabili.
Con il secondo motivo contesta altresì che il tribunale abbia escluso ogni
ulteriore compenso in ragione della negligenza manifestata nello
svolgimento dell’incarico e a tal fine riporta un brano della sentenza n.
20372/08 del tribunale di Roma che aveva escluso la sua responsabilità per
negligenza.
Va premesso che il ricorso appare ammissibile nonostante il fallimento sia
ancora pendente e non risulta in fase di chiusura.

segue.

Nel caso di specie non appare applicabile il principio affermato da questa
Corte secondo cui in tema di liquidazione del compenso al curatore
cessato dalla carica prima della conclusione della procedura fallimentare, ai
sensi dell’art.39 legge fallim. (nel testo anteriore al d.lgs. n.5 del 2006 che,
riformulando la disposizione, non si applica ex art.150 alle procedure

fase dal tribunale può avere per oggetto solo acconti, ma non il compenso
definitivo, poichè il contributo di ciascun curatore ai risultati della
procedura può valutarsi solo con le operazioni di chiusura della stessa,
allorchè diviene possibile una disamina unitaria dei fatti rilevanti ai fini della
liquidazione; ne consegue che anche il criterio di commisurazione del
compenso all’attivo realizzato ed al passivo accertato, secondo il D.M. 28
luglio 1992, n.570, non è decisivo per imputare a ciascun curatore rispettive
quote individuate con esclusivo riferimento alla data di cessazione dalla
carica, operando esso solo come criterio di valutazione e di limite e
dovendo le posizioni dei predetti curatori essere esaminate come
concorrenti ed in termini omogenei. (Cass 26730/07 sez un ).
Nel caso di specie, infatti il provvedimento del tribunale, escludendo in
radice ogni diritto al saldo del compenso per ragioni che non concernono la
liquidazione in quanto tale e la ripartizione delle spettanze con il successivo
curatore, bensì il comportamento negligente del ricorrente, ha in realtà
emesso un provvedimento di esclusione definitiva dalla liquidazione del
compenso non suscettibile, se non impugnato, di riesame nel momento in
cui si procederà in fase di chiusura del fallimento alla liquidazione finale dei
compensi.
Ciò posto, il primo motivo appare inammissibile perché criticando la
mancata applicazione dei criteri di liquidazione per la ripartizione con l’altro

pendenti alla sua entrata in vigore), il provvedimento adottabile in quella

curatore , non coglie la ratio decidendi del provvedimento impugnato che
non si è affatto pronunciato su tale questione.
Appare fondato invece il secondo motivo di ricorso.
L’art. 1 comma 2 del d.m. 28 luglio 1992, n. 570, prevede che “il compenso

al curatore di fallimento è liquidato dal tribunale a norma dell’art. 39 del

risultati ottenuti, dell’importanza del fallimento, nonché della sollecitudine
con cui sono state condotte le relative operazioni”.
Questa Corte ha ritenuto che da tale articolo “risulta che la valutazione

della diligenza e della sollecitudine del curatore può giustificare solo la
determinazione tra l’importo minimo e l’importo massimo del compenso,
che, comunque, “deve consistere in una percentuale sull’ammontare
dell’attivo realizzato”. Sicché al tribunale è affidata una valutazione
discrezionale che può incidere sulla misura non sulla stessa spettanza al
curatore di un qualsiasi compenso. Anzi l’esigenza di riconoscere comunque
un compenso al curatore, anche in mancanza di un attivo realizzato, deriva
sia dal d.m. 28 luglio 1992, n. 570 sia dal previgente d.m. 17 aprile 1987,
che hanno reso obbligatoria la liquidazione, prima solo facoltativa, di un
compenso proporzionato anche al passivo fallimentare.
Deve, quindi, ritenersi che al curatore spetti comunque un compenso per
l’opera prestata. Ma ciò non esclude che all’effettiva erogazione di tale
compenso possa essere d’ostacolo l’accertamento di una sua eventuale
responsabilità a norma dell’art. 38 legge fai!. Secondo la giurisprudenza di
questa Corte, invero, “il compenso per l’opera prestata dal curatore
fallimentare non può essere liquidato dal giudice prima dell’approvazione
del rendiconto della gestione presentato dallo stesso, in quanto solo
attraverso tale operazione è possibile valutare adeguatamente l’importanza
e l’efficacia dell’attività da lui svolta” (Cass., sez. I, 19 gennaio 1999, n. 471,

regio decreto 16 marzo 1942. n. 267, tenendo conto dell’opera prestata, dei

m. 522416); e, d’altro canto, “il giudizio che si instaura, ai sensi dell’art. 116
della legge fallimentare, in caso di mancata approvazione del rendiconto
della gestione del curatore, può avere per oggetto non solo gli errori
materiali, le omissioni ed i criteri di conteggio, ma anche il controllo della
gestione del curatore stesso e l’accertamento delle sue personali

alla massa 3 ai diritti dei singoli creditori” (Cass., sez. I, 14 ottobre 1997, n.
10028, m. 508867, Cass., sez. I, 23 gennaio 1985, n. 277, m. 438501). Sicché
l’amministrazione fallimentare può ottenere che, prima della liquidazione
del compenso spettante al curatore, ne siano accertate le eventuali
responsabilità e l’entità del conseguente debito risarcitorio.”
Nel caso in esame, però, risulta, da un lato, che è stato approvato il conto
di gestione del curatore dimessosi sia pure con le modifiche apportate dal
curatore subentrato , mentre, quanto all’ azione di responsabilità a norma
dell’art. 38 legge fall., la stessa non è ancora conclusa, pendendo appello a
seguito del rigetto della domanda da parte del giudice di primo grado.
Da ciò discende che il tribunale non poteva, solo in ragione della supposta
e non ancora accertata responsabilità escludere il curatore dal saldo del
compenso.
In conclusione, ove si condividano i testè formulati rilievi, il ricorso può
essere trattato in camera di consiglio ricorrendo i requisiti di cui all’art 375
cpc.
PQM
Rimette il processo al Presidente della sezione per la trattazione in Camera
di Consiglio
Roma 28.12.12
Il Cons.relatore

responsabilità per il compimento di atti che abbiano arrecato pregiudizio

Vista la memoria del fallimento ,

Considerato:
che non emergono elementi che possano portare a diverse conclusioni di

che ,quanto al secondo motivo, il decreto appare del tutto genericamente
motivato in ragione di una non meglio specificata negligenza e di un non
chiarito comportamento ostruzionistico;
che pertanto va dichiarato inammissibile il primo motivo del ricorso ed
accolto il secondo ;
che la sentenza impugnata va pertanto cassata in relazione al motivo
accolto con rinvio ,anche per le spese, al tribunale di Roma in diversa
composizione che ,in sede di riesame, dovrà rivalutare l’ammontare del
compenso complessivamente spettante al ricorrente sulla base dei criteri
di legge e, in particolare all’interno dei limiti massimo e minimo previsti,
prescindendo da ogni responsabilità ex art 38 1.f dello stesso ove la stessa
non risulti accertata con sentenza definitiva.
PQM
Dichiara inammissibile il primo motivo di ricorso, accoglie il secondo,
cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia al

quelle rassegnate nella relazione di cui sopra ;

tribunale di Roma in diversa composizione che provvederà anche alla

liquidazione delle spese del presente giudizio.

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