Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13801 del 06/07/2020

Cassazione civile sez. VI, 06/07/2020, (ud. 26/02/2020, dep. 06/07/2020), n.13801

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GRECO Antonio – Presidente –

Dott. ESPOSITO Antonio Francesco – rel. Consigliere –

Dott. CROLLA Cosmo – Consigliere –

Dott. LUCIOTTI Lucio – Consigliere –

Dott. RUSSO Rita – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 36216/2018 R.G. proposto da:

L.G.M.G., rappresentato e difeso, per procura

speciale in calce al ricorso, dall’avv. Giovanni CUCCHIARA, ed

elettivamente domiciliato in Roma, alla via Dardanelli, n. 46,

presso lo studio legale dell’avv. Gino Danilo GRILLI;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, C.F. (OMISSIS), in persona del Direttore pro

tempore;

– intimata –

e contro

RISCOSSIONE SICILIA s.p.a., (già SERIT SICILIA s.p.a.), in persona

del Direttore Generale f.f. Procuratore Dott. Gaetano Romano,

rappresentata e difesa, per procura speciale in calce al

controricorso, dall’avv. Gabriele ROMEO, presso il cui studio

legale, sito in Marsala, alla via San Giovanni Bosco, n. 13, è

elettivamente domiciliata;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 2095/08/2018 della Commissione tributaria

regionale della SICILIA, depositata il 21/05/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 26/02/2020 dal Consigliere Lucio LUCIOTTI.

Fatto

FATTO E DIRITTO

La Corte,

costituito il contraddittorio camerale ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., come integralmente sostituito dal D.L. n. 168 del 2016, art. 1-bis, comma 1, lett. e), convertito, con modificazioni, dalla L. n. 197 del 2016, osserva quanto segue:

In controversia avente ad oggetto l’impugnazione di otto estratti di ruoli di cui il L. sosteneva di essere venuto casualmente a conoscenza non essendogli state notificate le relative cartelle di pagamento, la CTR della Sicilia, con la sentenza in epigrafe indicata, accoglieva l’appello dell’agente della riscossione avverso la sfavorevole sentenza di primo grado ritenendo inammissibile ed improcedibile l’originario ricorso del contribuente risultando correttamente notificate le cartelle di pagamento emesse sulla base di quei ruoli e rilevando la violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 17-bis per non avere il contribuente presentato reclamo.

Avverso tale sentenza il contribuente propone ricorso per cassazione affidato a due motivi, cui replica con controricorso Riscossione Sicilia s.p.a. rimanendo intimata l’Agenzia delle entrate.

Con il primo motivo di ricorso il L. censura la sentenza di appello per violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 21, nonchè degli artt. 139 e 140 c.p.c., sostenendo che la CTR aveva errato nel ritenere inammissibile il ricorso perchè tardivamente presentato rispetto alla data di notifica delle cartelle di pagamento, che riteneva essere state regolarmente effettuata.

Il motivo è inammissibile per difetto di autosufficienza.

Mutuando il principio affermato da Cass., Sez. 5, Sentenza n. 18472 del 21/09/2016, nel processo tributario, in caso di impugnazione, da parte del contribuente, dell’estratto di ruolo per l’invalidità della notificazione della cartella di pagamento, la Corte di cassazione non può procedere ad un esame diretto degli atti per verificare la sussistenza di tale invalidità, trattandosi di accertamento di fatto, rimesso al giudice di merito, e non di nullità del procedimento, in quanto la notificazione della cartella di pagamento non costituisce atto del processo tributario, potendo l’iscrizione a ruolo del tributo essere impugnata solo in caso di mancata o invalida notifica al contribuente della relativa cartella.

Pertanto, in assenza di un potere di diretto esame degli atti del giudizio di merito, riconosciuto alla Corte di Cassazione solo nel caso, qui non ricorrente, di deduzione di un error in procedendo ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, la parte, ove contesti, come nel motivo in esame, la rituale notifica delle cartelle di pagamento, per il rispetto del principio di autosufficienza, deve necessariamente provvedere alla trascrizione integrale delle relate e degli atti relativi al procedimento notificatorio, al fine di consentire la verifica della fondatezza della doglianza in base alla sola lettura del ricorso, senza necessità di accedere a fonti esterne allo stesso (Cass., Sez. 5, Ordinanza n. 31038 del 30/11/2018).

A tali arresti giurisprudenziali non si è attenuto il ricorrente che, senza nulla riprodurre nel ricorso, si è limitato a dedurre genericamente e senza alcun riferimento specifico ai documenti prodotti dall’agente della riscossione e alla loro riferibilità all’una o all’altra delle otto cartelle di pagamento impugnate, che le notifiche delle stesse erano state irregolarmente effettuate ed in alcuni casi erano addirittura inesistenti. E per le medesime ragioni sopra esposte non giova al ricorrente l’allegazione al ricorso degli “atti e documenti dei precorsi gradi di giudizio”, così genericamente effettuata e dedotta.

Invero, “I requisiti di contenuto-forma previsti, a pena di inammissibilità, dall’art. 366 c.p.c., comma 1, nn. 3, 4 e 6, devono essere assolti necessariamente con il ricorso e non possono essere ricavati da altri atti, come la sentenza impugnata o il controricorso, dovendo il ricorrente specificare il contenuto della critica mossa alla sentenza impugnata indicando precisamente i fatti processuali alla base del vizio denunciato, producendo in giudizio l’atto o il documento della cui erronea valutazione si dolga, o indicando esattamente nel ricorso in quale fascicolo esso si trovi e in quale fase processuale sia stato depositato, e trascrivendone o riassumendone il contenuto nel ricorso, nel rispetto del principio di autosufficienza” (Cass., Sez. 5, Sentenza n. 29093 del 13/11/2018).

All’inammissibilità del primo motivo consegue l’assorbimento del secondo, con cui il ricorrente ha dedotto la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 17-bis.

Le spese vanno regolate in base al principio della soccombenza e liquidate come in dispositivo a favore dell’agente della riscossione costituita in giudizio, con esclusione dell’Agenzia delle entrate rimasta intimata.

P.Q.M.

dichiara inammissibile il primo motivo di ricorso, assorbito il secondo. Condanna il ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 2.300,00 per compensi ed Euro 200,00 per esborsi, oltre al rimborso delle spese forfetarie nella misura del 15 per cento dei compensi ed agli accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, il 26 febbraio 2020.

Depositato in cancelleria il 6 luglio 2020

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