Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1380 del 22/01/2021

Cassazione civile sez. VI, 22/01/2021, (ud. 09/09/2020, dep. 22/01/2021), n.1380

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ESPOSITO Lucia – Presidente –

Dott. LEONE Maria Margherita – Consigliere –

Dott. PONTERIO Carla – Consigliere –

Dott. MARCHESE Gabriella – rel. Consigliere –

Dott. DE FELICE Alfonsina – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 26239-2018 proposto da:

B.V., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DELLE ACACIE

13, presso CENTRO CAF STUDIO AVVOCATO DI GENIO, rappresentato e

difeso dall’avvocato GUGLIELMOTTI ROSARIO;

– ricorrente –

contro

I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE (OMISSIS), in

persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso la sede dell’AVVOCATURA

dell’Istituto medesimo, rappresentato e difeso dagli avvocati

CORETTI ANTONIETTA, TRIOLO VINCENZO, STUMPO VINCENZO;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 147/2018 della CORTE D’APPELLO di SALERNO,

depositata il 20/03/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 09/09/2020 dal Consigliere Relatore Dott. MARCHESE

GABRIELLA.

 

Fatto

RILEVATO

Che:

la Corte di appello di Salerno ha respinto l’impugnazione di B.V., bracciante agricolo, volta ad ottenere la “reiscrizione” negli elenchi anagrafici per gli anni dal 2006 al 2015, a seguito di cancellazione disposta dall’I.N.P.S. sul presupposto dell’insussistenza del denunciato rapporto di lavoro alle dipendenze della azienda agricola ” S.B.”;

a fondamento della decisione, la Corte territoriale ha escluso che il ricorrente fosse incorso nella decadenza di cui al D.L. n. 70 del 1970, art. 22, convertito nella L. n. 83 del 1970 (norma abrogata dal D.L. n. 11 del 2008, art. 24 e ripristinata dal D.L. n. 98 del 2011, art. 38, comma 4, convertito in L. n. 111 del 2011 solo con decorrenza dall’entrata in vigore del decreto); tuttavia, quanto al merito, la Corte di appello ha escluso che fosse raggiunta in giudizio la prova, gravante sul lavoratore, del dedotto rapporto di lavoro agricolo; a tale riguardo, ha considerato le emergenze del verbale ispettivo, valutate unitamente al contenuto delle dichiarazioni rese dai diretti interessati agli ispettori, e ritenuto inconferente la prova testimoniale articolata in ricorso;

avverso la sentenza ricorre per cassazione B.V., affidato ad un unico ed articolato motivo;

l’I.N.P.S. resiste con controricorso

la proposta del relatore è stata comunicata alle parti, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in camera di consiglio non partecipata.

Diritto

CONSIDERATO

Che:

con un unico motivo è dedotta – ai sensi dell’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5 – la violazione e falsa applicazione degli artt. 115,116 c.p.c. nonchè l’omessa, contraddittoria e insufficiente motivazione in riferimento agli artt. 2697,2700,2727 e 2729 c.c.;

le censure investono, da un lato, la statuizione di “rigetto delle richieste istruttorie” formulate dal lavoratore e, dall’altro, la rilevanza attribuita all’accertamento ispettivo;

il motivo è, nel complesso, infondato;

la Corte di appello ha, in premessa, osservato come, nella fattispecie, il lavoratore, che deduceva la sussistenza del rapporto di lavoro agricolo, fosse gravato dell’onere della prova del fatto in contestazione (id est: del rapporto subordinato di lavoro agricolo); in tal modo, ha fatto a applicazione dell’insegnamento di questa Corte secondo cui “qualora l’INPS, a seguito di un controllo, disconosca l’esistenza di un rapporto di lavoro (agricolo) esercitando una propria facoltà, che trova fondamento nel D.Lgs. n. 375 del 1993, art. 9 (…), il lavoratore ha l’onere di provare l’esistenza, la durata e la natura onerosa del rapporto dedotto a fondamento del diritto di iscrizione e di ogni altro diritto consequenziale di carattere previdenziale fatto valere in giudizio” (Cass. n. 12001 del 2018; nello stesso senso, Cass. n. 13877 del 2012 secondo cui: “Il diritto dei lavoratori agricoli subordinati a tempo determinato all’iscrizione negli elenchi nominativi di cui al D.Lgs. n. 212 del 1946 e alle prestazioni previdenziali presuppone l’esistenza di un rapporto di lavoro svolto annualmente, in regime di subordinazione, per il numero minimo di giornate previsto dalla legge. Il lavoratore deve fornire la prova della ricorrenza di tale presupposto qualora sia stato adottato nei suoi confronti un provvedimento di cancellazione dagli elenchi”; ex plurimis, v. anche Cass. n. 2739 del 2016);

sulla base della corretta premessa teorica, la Corte distrettuale ha, poi, respinto la richiesta di prova orale del lavoratore, giudicando la stessa “inconferente” rispetto alle risultanze del verbale ispettivo e ai contenuti delle dichiarazioni rese dal lavoratore e dal datore di lavoro formale agli ispettori dell’INPS;

la mancata ammissione del mezzo istruttorio per difetto di rilevanza, inerendo ai fatti materiali da provare in causa, costituisce un tipico giudizio di fatto, sindacabile davanti a questa Corte nei limiti dell’art. 360 c.p.c., n. 5 (in argomento, Cass., sez.un., n. 8078 del 2012, in motiv. p. 4.1.); nella fattispecie, le prospettate censure non illustrano, secondo il vigente testo dell’art. 360 c.p.c., n. 5 (applicabile alla fattispecie) il “fatto storico”, non esaminato, che abbia costituito oggetto di discussione e che abbia carattere decisivo, secondo gli enunciati di Cass., sez. un., nn. 8053 e 8054 del 2014, costantemente seguiti anche dalle sezioni semplici. I rilievi, nonostante il formale richiamo al vizio di omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, si risolvono in una non consentita critica del ragionamento logico posto dal giudice di merito a base dell’interpretazione degli elementi probatori del processo;

la sentenza impugnata, inoltre, non contiene affermazioni in contrasto con il principio per cui “i verbali redatti dai funzionari degli enti previdenziali e assistenziali o dell’Ispettorato del lavoro fanno piena prova dei fatti che i funzionari stessi attestino avvenuti in loro presenza o da loro compiuti, mentre, per le altre circostanze di fatto che i verbalizzanti segnalino di avere accertato (ad esempio, per le dichiarazioni provenienti da terzi, quali i lavoratori, rese agli ispettori) il materiale probatorio è liberamente valutabile e apprezzabile dal giudice, unitamente alle altre risultanze istruttorie raccolte o richieste dalle parti” (ex plurimis, Cass. n. 9251 del 2010) poichè la Corte territoriale non ha affatto escluso la possibilità che le risultanze del verbale ispettivo potessero essere contrastate con altri esiti istruttori raccolti in corso di causa ed anzi ha valutato criticamente tutti gli elementi di giudizio offerti dalle parti, per poi pervenire al convincimento di esattezza delle valutazioni conclusive rese nelle relazioni ispettive;

mal posta è, anche, la dedotta violazione degli artt. 115 e 116 c.p.c. e dell’art. 2697 c.c., giacchè essa non ricorre in caso di erronea valutazione del materiale istruttorio compiuta dal giudice di merito ma solo allorchè si alleghi che quest’ultimo abbia posto a base della decisione prove non dedotte dalle parti, ovvero disposte d’ufficio al di fuori dei limiti legali, o abbia disatteso, valutandole secondo il suo prudente apprezzamento, delle prove legali, ovvero abbia considerato come facenti piena prova, recependoli senza apprezzamento critico, elementi di prova soggetti invece a valutazione (v. da ultimo Cass. n. 3323 del 2018 e n. 27000 del 2016) o, infine, qualora abbia invertito l’onus probandi, individuando erroneamente la parte tenuta alla prova di un fatto; nessuna delle indicate situazione è specificamente prospettata nel motivo di ricorso;

in ultimo, è il caso di rammentare come, in seguito alla riformulazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 disposta dal D.L. n. 83 del 2012, art. 54 conv., con modif., dalla L. n. 134 del 2012, il sindacato di legittimità sulla motivazione resti circoscritto alla sola verifica della violazione del “minimo costituzionale” richiesto dall’art. 111 Cost., comma 6, individuabile nelle ipotesi – che si convertono in violazione dell’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4 e danno luogo a nullità della sentenza – di “mancanza della motivazione quale requisito essenziale del provvedimento giurisdizionale”, di “motivazione apparente” di “manifesta ed irriducibile contraddittorietà” e di “motivazione perplessa od incomprensibile” (per tutte, in motivazione, Cass. n. 23940 del 2017 con i richiami ivi indicati);

nel caso di specie, il percorso argomentativo della Corte di appello, come sinteticamente riportato nello storico di lite, rende comprensibile le ragioni della decisione, sicchè potrà discutersi di condivisibilità o meno dello stesso ma non di una anomalia motivazionale, nei termini indicati;

sulla base delle svolte argomentazioni il ricorso va, dunque, rigettato;

le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo; la parte ricorrente è tenuta, altresì, al versamento dell’ulteriore importo pari al contributo unificato se dovuto.

PQM

La Corte rigetta il ricorso.

Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità che liquida in Euro 2.600,00 per compensi professionali, in Euro 200,00 per esborsi oltre spese generali nella misura del 15% ed accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Adunanza camerale, il 9 settembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 22 gennaio 2021

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA