Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13799 del 06/07/2016


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Cassazione civile sez. VI, 06/07/2016, (ud. 28/04/2016, dep. 06/07/2016), n.13799

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. IACOBELLIS Marcello – Presidente –

Dott. CARACCIOLO Giuseppe – Consigliere –

Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere –

Dott. CRUCITTI Roberta – Consigliere –

Dott. CONTI Roberto Giovanni – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 3301-2015 proposto da:

C.O., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEGLI

SCIPIONI 268-A, presso lo studio dell’avvocato PIERO FRATTARELLI,

rappresentato e difeso dall’avvocato PAOLO BRUNALDI, giusta mandato

allegato al ricorso;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE DIREZIONE PROVINCIALE (OMISSIS) TREVISO

UFFICIO

CONTROLLI, in persona del Direttore pro tempore, elettivamente

domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA

GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende ope legis;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 804/2014 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE di VENEZIA del 14/05/2014, depositata il 14/05/2014;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

28/04/2016 dal Consigliere Relatore Dott. ROBERTO GIOVANNI CONTI.

Fatto

IN FATTO E IN DIRITTO

La CTR del Veneto, con la sentenza indicata in epigrafe, accoglieva l’appello proposto dall’Agenzia delle entrate confermando la legittimità dell’accertamento notificato a C.O. sulla base degli accertamenti bancari compiuti sui conti correnti di sua pertinenza. Secondo la CTR la mancata convocazione del contribuente nel corso degli accertamenti sui conti bancari non costituiva motivo di illegittimità dell’azione accertativa. Il contribuente, d’altra parte, non aveva provato di avere tenuto conto delle somme risultanti dalle movimentazioni bancarie per la determinazione del reddito, avendo il predetto nemmeno provato l’incidenza negativa delle uscite, in assenza di ricostruzione analitica delle movimentazioni, rimanendo ogni altra questione assorbita.

Il C. ha proposto ricorso per cassazione affidato a tre motivi, al quale ha resistito l’Agenzia delle entrate con controricorso.

Il primo motivo, concernente la questione del contraddittorio endoprocedimentale che la CTR avrebbe erroneamente omesso di considerare è manifestamente infondato. Ed invero, in tema di accertamento delle imposte, la legittimità della ricostruzione della base imponibile mediante l’utilizzo delle movimentazioni bancarie acquisite non è subordinata al contraddittorio con il contribuente, anticipato alla fase amministrativa, in quanto l’invito a fornire dati, notizie e chiarimenti in ordine alle operazioni annotate nei conti bancari costituisce per l’Ufficio una mera facoltà, da esercitarsi in piena discrezionalità, e non un obbligo, sicchè dal mancato esercizio di tale facoltà non deriva alcuna illegittimità della rettifica operata in base ai relativi accertamenti – cfr. Cass. n. 25770/2014; Cass. n. 21391/2014; Cass. n. 446/2013. –

Tali principi sono stati ribaditi, di recente, dalle S.U. civili, le quali hanno riconosciuto, per l’un verso, che le garanzie fissate nella L. n. 212 del 2000, art. 12, comma 7 trovano applicazione esclusivamente in relazione agli accertamenti conseguenti ad accessi, ispezioni e verifiche fiscali effettuate nei locali ove si esercita l’attività imprenditoriale o professionale del contribuente e per l’altro che tali principi non erano stati presi in considerazione da Cass. 2594/14, quando tale pronunzia aveva riferito all’ambito degli accessi e delle verifiche rilevanti ai fini della previsione della L. n. 212 del 2000, art. 12, comma 7, gli accertamenti fondati su indagini su conti correnti bancari. Peraltro, la censura di omessa motivazione è inammissibile alla luce dei principi espressi;da questa Corte a Sezioni Unite (sent. n. 8053/2014).

Il secondo motivo, si prospetta la nullità della sentenza per omessa pronunzia od omesso esame di fatti decisivi per il giudizio di questioni esposte nel corso del giudizio-illegittimità dell’accertamento perchè fondato unicamente sulla norma di natura processuale di cui al D.P.R. n. 600 del 1973, art. 32 mancata utilizzazione dello strumento di cui al D.P.R. n. 600 del 1973, art. 38 con la quale indicare la tipologia dell’attività svolta dal contribuente sottratta all’imposizione fiscale, inquadramento nella categoria dei redditi diversi delle somme risultanti dalle movimentazioni bancarie senza precisazione della categoria dei beni indicata nel D.P.R. n. 917 del 1986, art. 67 mancata indicazione della natura dei supposti redditi prodotti – ritenute assorbite dal giudice di appello. Si censura, peraltro nello stesso motivo l’errore di diritto nel quale sarebbe incorsa la CTR per non avere evidenziato l’illegittimità dell’accertamento per effetto dell’automatica applicazione della presunzione legale di cui all’art. 32 cit..

Tale complessa censura è infondata.

Ed invero, la CTR, nel ritenere giustificato l’accertamento fondato sul D.P.R. n. 600 del 1973, art. 32 si è pienamente uniformata alla giurisprudenza di questa Corte che legittima l’utilizzo dei dati bancari acquisiti ex art. 32, comma 7 in combinato disposto con il D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, comma 1, lett. d) – Cass. n. 19888/2011; Cass. n. 17953/2013 -. D’altra parte, Cass. n. 19692/2011, puntualmente richiamata dall’Agenzia controricorrente, ha chiarito che, in tema di accertamento delle imposte sui redditi, i dati e gli elementi risultanti dai conti correnti bancari assumono sempre rilievo ai fini della ricostruzione del reddito imponibile, se il titolare di detti conti – nella specie, svolgente attività di collaborazione coordinata e continuativa come amministratore di società a responsabilità limitata non fornisca adeguata giustificazione, ai sensi del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 32 poichè questa previsione e quella di cui all’art. 38 del medesimo d.P.R. hanno portata generale, riguardando la rettifica delle dichiarazioni dei redditi di qualsiasi contribuente, quale che sia la natura dell’attività svolta e dalla quale quei redditi provengano.

Nè può inferirsi l’applicabilità dell’art. 32 cit. ai soli soggetti che esercitino attività di impresa o di lavoro autonomo per via del riferimento testuale della disposizione ai “ricavi” ed alle “scritture contabili”, in quanto il dato letterale risulta limitativo unicamente della possibilità per l’Ufficio di desumere reddito dai “prelevamenti”, giacchè non può presumersi in via generale e per qualsiasi contribuente la produzione di un reddito da una spesa, a differenza che per imprenditori o lavoratori autonomi, per i quali, invece, le spese non giustificate possono ragionevolmente ritenersi costitutive di investimenti. Non può dunque ritenersi che lo strumento di cui all’art. 32 ult. cit. sia utilizzabile, come prospettato dalla parte ricorrente, esclusivamente in ragione dell’attività di lavoro autonomo o d’impresa del contribuente e/o della specifica natura dei redditi diversi. Ne consegue che la decisione della CTR di ritenere legittimo l’utilizzo dell’accertamento fondato sulle movimentazioni a carico del contribuente è immune da vizi e non può ritenersi affetta da omessa pronunzia o dal pure prospettato omesso esame di fatti decisivi e controversi nel corso del giudizio di appello.

Il ricorso va quindi rigettato. Le spese seguono la soccombenza.

PQM

La Corte, visti gli artt. 375 e 380 bis c.p.c. Rigetta il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali che liquida in favore dell’Agenzia delle entrate in Euro 8.000,00 per compensi, oltre spese prenotate a debito.

Dà atto della ricorrenza dei presupposti di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del cit. art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della sezione sesta civile, il 28 aprile 2016.

Depositato in Cancelleria il 6 luglio 2016

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