Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13790 del 31/05/2018


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Civile Ord. Sez. 3 Num. 13790 Anno 2018
Presidente: SESTINI DANILO
Relatore: TATANGELO AUGUSTO

ORDINANZA
sul ricorso iscritto al numero 5109 del ruolo generale dell’anno
2016, proposto
da
BRIVIO Marisa (C.F.: BRV MRS 59L59 F248U)
rappresentata e difesa, giusta procura in calce al ricorso,
dall’avvocato Marialuisa Tanco (C.F.: TNC MLS 73E67 F205L)
e, sulla base di procura speciale notarile, dall’avvocato Maria
Adele Ravasi (C.F.: RVS MDL 72M71 E507T)
-ricorrentenei confronti di
CESARATTO Giuliano (C.F.: CSR GLN 47114 1904S)
-intimatoper la cassazione della sentenza della Corte di Appello di Milano n. 3183/2015, pubblicata in data 21 luglio 2015;
udita la relazione sulla causa svolta alla camera di consiglio
del 6 aprile 2018 dal consigliere Augusto Tatangelo.
Fatti di causa
Marisa Brivio ha agito in giudizio nei confronti di Giuliano Cesaratto per ottenere il trasferimento della proprietà di alcuni
fondi rustici e di un fabbricato, ai sensi dell’art. 2932 c.c., sostenendo di avere esercitato il proprio diritto di prelazione in
relazione all’acquisto dei suddetti immobili, quale coltivatrice
diretta di fondo confinante o, in subordine, il risarcimento del
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Data pubblicazione: 31/05/2018

danno derivante dalla violazione dell’indicato diritto di prelazione.
La domanda è stata rigettata dal Tribunale di Lecco.
La Corte di Appello di Milano ha confermato la decisione di
primo grado.
Ricorre la Brivio, sulla base di sei motivi.
Non ha svolto attività difensiva in questa sede l’intimato.

ne degli artt. 375 e 380-bis.1 c.p.c..
Il collegio ha disposto che sia redatta motivazione in forma
semplificata.
Ragioni della decisione
1. Con il primo motivo del ricorso si denunzia «erroneità della
sentenza impugnata per violazione e falsa applicazione (art.
360 n. 3 e/o 360 n. 4 c.p.c.) dell’art. 8, I. n. 590/1965».
Il motivo è infondato.
Secondo la ricorrente, in caso di esercizio della prelazione agraria a seguito di cd. denuntiatio da parte del proprietario del
fondo confinante messo in vendita, il pagamento del prezzo
nel termine indicato dalla legge non sarebbe richiesto ai fini
del perfezionamento del contratto (preliminare) di compravendita, essendo sufficiente a tal fine il solo esercizio della
prelazione; il mancato pagamento del prezzo costituirebbe
mero inadempimento delle obbligazioni derivanti dal contratto
già perfezionato. Avrebbe pertanto errato la corte di appello a
ritenere decisiva la circostanza del mancato versamento del
prezzo nel termine previsto dalla legge, ai fini del rigetto della
sua domanda.
Al contrario, la sentenza impugnata è sul punto pienamente
conforme in diritto all’indirizzo, consolidato nella giurisprudenza di questa Corte (e che il ricorso non offre motivi idonei a
indurre a rivedere), per cui, ai fini del valido esercizio del diritto di prelazione, alla dichiarazione dell’avente diritto di voler
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Il ricorso è stato trattato in camera di consiglio, in applicazio-

acquistare il fondo offerto deve fare seguito, nel termine di tre
mesi decorrente dal trentesimo giorno dalla notifica della cd.
denuntiatio (o di un anno, in caso di ammissione alla domanda di mutuo), il pagamento del prezzo di acquisto e, in mancanza, il conduttore decade dal diritto di prelazione (cfr. ad
es. Cass., Sez. 3, Sentenza n. 26985 del 20/12/2007, Rv.
601094 – 01; Sez. 3, Sentenza n. 24460 del 24/11/2007, Rv.

597128 – 01; Sez. 3, Sentenza n. 1869 del 30/01/2006, Rv.
586511 – 01; Sez. 3, Sentenza n. 9401 del 06/09/1999, Rv.
529666 – 01; Sez. 3, Sentenza n. 8726 del 18/07/1992, Rv.
478258 – 01; Sez. 3, Sentenza n. 8611 del 23/11/1987, Rv.
456094 – 01).
2. Con il secondo motivo si denunzia «nullità della sentenza
d’appello (art. 360 n. 4 c.p.c.) per violazione dell’art. 112
c.p.c. in relazione all’art. 8, legge n. 590/1965 avendo la Corte d’Appello di Milano violato il divieto di pronunciarsi d’ufficio
su questioni che possono essere proposte solo dalle parti».
Il motivo è infondato.
Secondo la ricorrente, anche a voler considerare il versamento
del prezzo come condizione necessaria per il valido esercizio
della prelazione, si tratterebbe di una condizione unilaterale, il
cui mancato avveramento potrebbe essere eccepito solo
dall’interessato, e nella specie l’eccezione non sarebbe stata
proposta, o comunque si dovrebbe intendere implicitamente
rinunciata la relativa facoltà.
Al contrario, in base alla già esposta ricostruzione della fattispecie giuridica che si verifica in caso di esercizio della prelazione agraria, l’avvenuto pagamento del prezzo nel termine
previsto dalle legge rappresenta comunque (anche a volerlo
considerare come una vera e propria condizione sospensiva
degli effetti del relativo contratto preliminare) un fatto costitutivo del diritto fatto valere dall’avente diritto alla prelazione
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600314 – 01; Sez. 3, Sentenza n. 5991 del 15/03/2007, Rv.

che agisca per la costituzione degli effetti del contratto definitivo di vendita (come nella specie), ai sensi dell’art. 2932 c.c..
Esso va dunque certamente allegato e provato da
quest’ultimo, ai sensi dell’art. 2697 c.c., ed il relativo difetto
(trattandosi di fatto costitutivo del diritto fatto valere in giudizio) è rilevabile anche di ufficio dal giudice (cfr. ad es. Cass.,
Sez. 3, Sentenza n. 723 del 27/01/1999, Rv. 522663 – 01).

nella sentenza impugnata.
Né, d’altra parte, è possibile, come pretenderebbe la ricorrente, ipotizzare una implicita rinuncia dell’offerente a far valere il
mancato avveramento della indicata condizione sospensiva,
essendosi comunque questi costituito in giudizio ed avendo
resistito alla domanda da essa proposta.
In ogni caso, manca nel ricorso uno specifico richiamo
all’effettivo contenuto delle difese del convenuto, dai quali evincere con certezza tale rinuncia. Sotto tale profilo il ricorso
presenta un evidente difetto di specificità.
3. Con il terzo motivo si denunzia «erroneità della sentenza
impugnata per violazione e falsa applicazione (art. 360 n. 3
e/o 360 n. 4 c.p.c.) dell’art. 8, I. n. 590/1965».
La ricorrente deduce che, prima della data di notificazione
dell’atto di citazione introduttivo del presente giudizio, e prima
della scadenza del termine per il pagamento del prezzo ai fini
dell’esercizio della prelazione, il convenuto Cesaratto aveva
già venduto ad un terzo alcuni mappali (anche se non tutti)
del fondo che le era stato offerto in prelazione, e l’acquisto era
stato altresì trascritto, il che avrebbe oggettivamente impedito
il pagamento del prezzo, indicato complessivamente
nell’offerta in relazione a tutti i fondi interessati.
Il motivo è inammissibile.
Per quanto si evince dagli atti, l’attrice aveva esercitato la
prelazione in relazione a tutti i fondi oggetto della cd. denunRic. n. 5109/2016 – Sez. 3 – Ad. 6 aprile 2018 – Ordinanza – Pagina 4 di 8

Non sussiste pertanto alcuna violazione dell’art. 112 c.p.c.,

tiatio, e quindi al prezzo complessivo in questa indicato. Pur
non avendo mai versato tale prezzo, ha poi agito in giudizio
per ottenere il trasferimento di tutti gli immobili in questione,
ai sensi dell’art. 2932 c.c., sulla base dell’avvenuto esercizio
della prelazione (non risulta invece esercitato il diritto di riscatto, che peraltro avrebbe richiesto la citazione in giudizio
del terzo acquirente).

la questione relativa alla eventuale impossibilità per l’attrice di
esercitare la prelazione e versare il prezzo indicato per tutti i
fondi oggetto dell’originaria offerta, e non viene d’altronde neanche indicata con chiarezza la data della dedotta alienazione
al terzo di alcuni di tali fondi (la stessa ricorrente, che allega
che la vendita sarebbe stata trascritta prima della notifica
dell’atto di citazione, in realtà non indica i documenti da cui
sarebbe possibile evincere con certezza tale anteriorità: sotto
tale profilo il ricorso difetta di specificità).
In ogni caso, non vengono specificamente richiamati gli atti di
causa in cui la questione in esame sarebbe stata sollevata nel
giudizio di merito, né tanto meno vi è uno specifico richiamo
al loro concreto contenuto, sufficiente per verificare i termini
effettivi in cui essa sarebbe stata posta.
La ricorrente si limita a far presente che nella sentenza impugnata si dà conto del’avvenuta alienazione ad un terzo di parte dei fondi oggetto dell’offerta, ma non risulta in alcun modo
che la suddetta alienazione parziale era stata allegata come
causa dell’impossibilità di versamento del prezzo di prelazione
da parte sua.
Al contrario, la corte di appello riferisce esclusivamente che
l’attrice si era limitata a sostenere che il contratto di vendita
doveva intendersi perfezionato con il semplice esercizio della
prelazione in relazione a tutti gli immobili, e che il pagamento
del prezzo costitutiva mero adempimento delle relative obbliRic. n. 5109/2016 – Sez. 3 – Ad. 6 aprile 2018 – Ordinanza – Pagina 5 di 8

Nella sentenza impugnata non viene in alcun modo affrontata

gazioni. Risulta d’altra parte che la Brivio ha chiesto il trasferimento ai sensi dell’art. 2932 c.c. di tutti gli immobili oggetto
dell’offerta (non solo di quelli non alienati nelle more al terzo).
Dunque, la questione posta con il motivo di ricorso in esame,
per un verso risulta nuova e come tale non ammissibile in sede di legittimità, mentre, per altro verso, ad essa non può attribuirsi concreto rilievo ai fini della domanda proposta che,

comunque necessariamente richiesto il pagamento dell’intero
prezzo indicato nell’offerta.
4. Con il quarto motivo si denunzia «erroneità della sentenza
impugnata per violazione e falsa applicazione (art. 360 n. 3
e/o 360 n. 4 c.p.c.) dell’art. 8, I. n. 590/1965 in relazione
all’art. 112 cpc nonché in relazione all’art. 1453 c.c.».
Anche questo motivo è infondato.
Anch’esso si fonda infatti sulla

ricostruzione teorica

dell’istituto della prelazione posta a base del primo motivo di
ricorso (secondo la quale il mancato versamento del prezzo
nel termine di legge non condizionerebbe gli effetti del contratto, ma costituirebbe mero inadempimento alle obbligazioni
da esso derivanti), ricostruzione che però non può essere
condivisa, come già precisato in relazione al suddetto primo
motivo di ricorso.
5. Con il quinto motivo si denunzia «erroneità della sentenza
impugnata per violazione e falsa applicazione (art. 360 n. 3
e/o 360 n. 4 c.p.c.) dell’art. 8, I. n. 590/1965 in rapporto
all’art. 1337 c.c.».
Il motivo è per un verso inammissibile, e per altro verso infondato.
Si tratta di una questione nuova, e come tale inammissibile
nella presente sede: essa non è affrontata nella sentenza impugnata e la ricorrente non indica gli atti del giudizio di merito

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avendo ad oggetto tutti i fondi offerti in prelazione, avrebbe

in cui la stessa sarebbe stata posta, e tanto meno richiama lo
specifico contenuto dei suddetti atti.
In ogni caso la censura non è fondata. Una volta fallite le trattative per un eventuale bonario componimento della questione
tra le parti, a seguito della cd. denuntiatio, laddove sia necessario agire in sede giudiziale, la parte attrice non può esimersi
dal versare il prezzo dovuto ai fini dell’esercizio della prelazio-

termine previsto dalla legge.
Né il principio di buona fede nelle trattative precontrattuali potrebbe indurre a diverse conclusioni.
6. Con il sesto motivo si denunzia «nullità della sentenza
d’appello (art. 360 n. 4 c.p.c.) per violazione dell’art. 112
c.p.c. in relazione all’art. 91 c.p.c. non essendosi pronunciata
la Corte d’Appello di Milano sulla domanda di revoca della
condanna a carico della Signora Marisa Brivio al pagamento
delle spese legali del I grado di giudizio».
Il motivo è fondato.
Effettivamente la corte di appello non si è pronunciata sullo
specifico motivo di gravame avanzato dall’attrice soccombente
in relazione all’omessa compensazione delle spese del giudizio
di primo grado.
Sotto tale profilo, la decisione impugnata va cassata. È peraltro possibile la decisione nel merito, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto sul punto.
È sufficiente in proposito richiamare il principio di soccombenza di cui all’art. 91 c.p.c., che giustifica comunque, ad avviso
della Corte, la condanna dell’attrice alle spese del doppio grado di merito, con conseguente rigetto del motivo di gravame
in questione.
7. In conseguenza del rigetto di tutti i motivi di ricorso e della
sostanziale conferma della sentenza impugnata (anche sotto il
profilo delle spese, all’esito della decisione di merito assunta
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ne (o almeno effettuare una offerta reale dello stesso), nel

sul punto da questa Corte), risulta infondata anche la domanda della ricorrente di restituzione delle somme corrisposte in
esecuzione delle sentenze di merito (di primo e secondo grado), a titolo di spese legali.
8. Sono rigettati i primi cinque motivi del ricorso, è accolto il
sesto. La sentenza impugnata è cassata in relazione al motivo
accolto e, decidendo nel merito, è rigettato l’appello proposto

se del giudizio di primo grado, con conseguente conferma della condanna della stessa al pagamento delle spese del doppio
grado del giudizio di merito, nella misura già liquidata dagli
stessi giudici di merito.
Le spese del giudizio di legittimità possono essere integralmente compensate, sussistendo motivi sufficienti a tal fine, in
conseguenza del solo parziale accoglimento del ricorso.
per questi motivi
La Corte:
rigetta i primi cinque motivi del ricorso, accoglie il sesto,
cassa in relazione la decisione impugnata e, decidendo
nel merito, rigetta l’appello della Brivio in relazione alle
spese del giudizio di primo grado, confermando la condanna della stessa al pagamento delle spese del doppio
grado del giudizio di merito, nella misura già liquidata in
tale sede;
dichiara integralmente compensate tra le parti le spese
del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, in data 6 aprile 2018.
Il presidente
DanLf S STINI

LL

dall’attrice Brivio in relazione alla regolamentazione delle spe-

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