Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1379 del 22/01/2021

Cassazione civile sez. VI, 22/01/2021, (ud. 09/09/2020, dep. 22/01/2021), n.1379

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ESPOSITO Lucia – Presidente –

Dott. LEONE Maria Margherita – Consigliere –

Dott. PONTERIO Carla – rel. Consigliere –

Dott. MARCHESE Gabriella – Consigliere –

Dott. DE FELICE Alfonsina – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 3148-2019 proposto da:

MA.CI.MA. SRL, in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE TRASTEVERE 259, presso lo

studio dell’avvocato BARTOLI PIER LUIGI, che la rappresenta e

difende;

– ricorrente –

contro

A.O.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 2145/2018 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 19/07/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 09/09/2020 dal Consigliere Relatore Dott. PONTERIO

CARLA.

 

Fatto

RILEVATO

Che:

1. con sentenza n. 2145 pubblicata il 19.7.2018 la Corte d’Appello di Roma, in parziale accoglimento dell’appello di A.O. e in parziale riforma della pronuncia di primo grado, ha condannato la MA.CI.MA. srl al pagamento in favore del predetto della somma di Euro 27.401,32 a titolo di differenze retributive e TFR, oltre accessori di legge;

2. la Corte territoriale ha anzitutto respinto l’eccezione, sollevata dalla società, di inesistenza della notifica del ricorso in appello;

3. ha accertato giorni e orario di lavoro dell’appellante nei due distinti periodi, rispettivamente di lavoro non regolarizzato (dal settembre 1998 al 21 ottobre 2002) e di regolare rapporto di lavoro (dal 22 ottobre 2002 all’1 settembre 2005) ed individuato il livello di inquadramento del medesimo (IV livello CCNL Turismo – Pubblici esercizi); ha fatto proprio l’esito della c.t.u. disposta in appello che ha calcolato un credito del lavoratore pari ad Euro74,52 per il primo periodo e ad Euro21.197,55, oltre ad Euro6.278,29 a titolo di TFR, per il secondo periodo;

4. avverso tale sentenza la MA.CI.MA. srl ha proposto ricorso per cassazione affidato a sei motivi; A.O. non ha svolto difese;

5. la proposta del relatore è stata comunicata alla parte, unitamente al decreto di fissazione dell’udienza camerale non partecipata, ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c..

Diritto

CONSIDERATO

Che:

6. con il primo motivo di ricorso la società MA.CI.MA. srl ha dedotto violazione e falsa applicazione di norme di diritto. Inesistenza della notifica del ricorso in appello (360 c.p.c., n. 3);

7. ha premesso che il ricorso in appello è stato depositato il 28.2.2013 e con decreto presidenziale è stata fissata udienza per il giorno 9.2.2015; nel corso di questa prima udienza, la difesa della parte appellante Arencibia ha chiesto termine per depositare l’atto di appello notificato; la Corte ha concesso il termine e rinviato all’udienza del 2.11.2015; in questa udienza la difesa dell’appellante ha depositato il ricorso in appello con notifica non andata a buon fine ed ha chiesto termine per rinnovare la notifica, ottenendo il rinvio dell’udienza al 24.10.2016 nel corso della quale veniva depositato il ricorso ritualmente notificato; ha spiegato che la notifica non andata a buon fine era stata eseguita presso il vecchio studio dell’avv. S.I., procuratore della società, sito in (OMISSIS) e da cui il predetto si era trasferito, come attestato nella relata negativa redatta dall’ufficiale giudiziario e come tempestivamente comunicato dal medesimo avvocato al Consiglio dell’Ordine;

8. ha sostenuto l’inesistenza della notifica del ricorso in appello rilevando come la stessa non fosse andata a buon fine per causa imputabile esclusivamente al notificante che avrebbe dovuto verificare il corretto indirizzo del difensore di controparte ed ha citato a sostegno le sentenze di questa Corte n. 25806 del 2017 e S.U. n. 3818 del 2009; ha aggiunto come, in tema di impugnazione, la notifica presso il procuratore costituito o domiciliatario dovesse essere effettuata nel domicilio eletto o, altrimenti, nel domicilio effettivo, previa verifica delle risultanze dell’Albo professionale; e che, in caso di notifica negativa, il procedimento notificatorio potesse essere riattivato e concluso, anche dopo il decorso dei relativi termini, mediante istanza al giudice ad quem per la fissazione di un termine perentorio per il completamento della notifica o la rinnovazione della impugnazione, ai sensi dell’art. 164 c.p.c., come ricavabile da Cass., S.U. n. 3818 del 2009; n. 5079 del 2010; n. 25339 del 2015; S.U. n. 14594 del 2016; nel caso di specie, la mancanza di tali requisiti avrebbe dovuto condurre alla declaratoria di inammissibilità dell’appello; nè poteva farsi riferimento a quanto statuito dalle Sezioni Unite con la sentenza n. 14954 del 2016, che ha riconosciuto alla parte interessata, a seguito di un notifica negativa, di attivarsi direttamente, con immediatezza e tempestività, per completare la procedura notificatoria nel termine massimo pari alla metà dei termini indicati dall’art. 325 c.p.c. in quanto tale rimessione in termine presuppone la non imputabilità al notificante dell’esito negativo della notifica nel termine di legge, laddove nel caso di specie l’esito negativo della prima notifica era addebitabile all’omesso controllo sull’indirizzo effettivo del procuratore di controparte;

9. col secondo motivo di ricorso la società ha denunciato l’omesso esame dell’eccezione preliminare di nullità della notifica, formulata in subordine rispetto all’eccezione di inesistenza della notifica stessa; violazione dell’art. 112 c.p.c. (art. 360 c.p.c., n. 3);

10. ha affermato che la Corte di merito ha omesso di pronunciarsi sull’eccezione di nullità della notifica sollevata in via subordinata, per l’ipotesi di rigetto dell’eccezione di inesistenza della stessa; ha rilevato che la prima udienza era stata fissata il 9.2.2015, a circa due anni di distanza dal deposito del ricorso in appello e che la parte appellante, dopo l’esito negativo della prima notifica, avrebbe dovuto attivarsi immediatamente per rinotificare il ricorso, anche in virtù del principio di ragionale durata del processo, in modo da ottenere che la nuova notifica andata a buon fine potesse avere effetto dalla data di attivazione del procedimento notificatorio; ha richiamato, tra gli altri, i precedenti di legittimità Cass. n. 23399 del 2015; n. 19351 del 2015; ha osservato come nel caso di specie la parte notificante aveva atteso la prima udienza ed ottenuto un rinvio per depositare il ricorso notificato e solo alla successiva udienza aveva chiesto ed ottenuto termine per rinotificare il ricorso in appello;

11. col terzo motivo la società ricorrente ha dedotto violazione dell’art. 112 c.p.c. per omesso esame dell’eccezione relativa alle somme corrisposte al lavoratore in esecuzione della sentenza di primo grado;

12. ha dato atto di come il Tribunale avesse condannato la società a corrispondere al lavoratore la somma di Euro1.144,31 a titolo di differenze retributive e di Euro4.696,30 a titolo di TFR in relazione al periodo di lavoro 2002-2005; inoltre che per lo stesso periodo era stato corrisposto al predetto l’importo di Euro1.861,13 a titolo di TFR; ha sostenuto che la sentenza d’appello aveva omesso di detrarre dall’importo riconosciuto le somme già corrisposte al lavoratore a seguito della pronuncia della sentenza di primo grado;

13, col quarto motivo la ricorrente ha dedotto violazione dell’art. 112 c.p.c. per omesso conteggio delle somme corrisposte a titolo di spese legali per il procedimento di primo grado e vizio di ultrapetizione (art. 360 c.p.c., n. 3);

14. ha rilevato come la Corte di merito avesse condannato la società al pagamento delle spese di lite del doppio grado di giudizio senza considerare le somme dalla stessa già versate; ha ravvisato una ultrapetizione per avere la sentenza d’appello pronunciato la condanna alle spese del doppio grado in assenza di una domanda in tal senso di parte appellante;

15. col quinto motivo ma MA.CI.MA. srl ha censurato la sentenza per violazione degli artt. 115 e 116 c.p.c. (art. 360 c.p.c., n. 3) ed erronea valutazione delle prove, in particolare l’interrogatorio libero del lavoratore e le deposizioni testimoniali;

16. col sesto motivo la ricorrente ha dedotto violazione dell’art. 132 c.p.c., n. 4 (art. 360 c.p.c., n. 3), mancanza di motivazione e/o motivazione apparente e/o insanabile contraddittorietà della stessa motivazione per erronea ricostruzione delle “considerazioni contabili” risultanti dalla CTU; nullità della sentenza ai sensi dell’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4;

17. ha affermato che la sentenza d’appello, pur dichiarando di aderire alle conclusioni della CTU contabile, in realtà se ne sia discostata in modo palese e senza esplicitarne le ragioni; difatti la somma liquidata in favore del lavoratore nella sentenza impugnata non corrisponde a nessuna delle quattro ipotesi elaborare dal CTU (e riportate nel ricorso) che, peraltro, aveva premesso di non aver tenuto conto degli importi percepiti dal lavoratore in virtù della sentenza di primo grado e pari ad Euro7.955,23;

18. i primi due motivi di ricorso, entrambi attinenti alla ritualità della notifica del ricorso in appello, sono infondati;

19. i dati di fatto sono pacifici: il ricorso in appello del lavoratore è stato depositato il 28.2.2013; nel corso della prima udienza del 9.2.2015 il procuratore di parte appellante ha chiesto termine per il deposito del ricorso notificato e la Corte ha concesso il termine rinviando all’udienza del 2.11.2015; a tale udienza il procuratore ha depositato relata di notifica non andata a buon fine ed ha chiesto ed ottenuto termine per rinnovare la notifica, poi ritualmente eseguita presso il domicilio effettivo del procuratore della controparte e nel termine perentorio assegnato;

20. sul problema del trasferimento del domiciliatario questa Corte ha precisato che “In tema di impugnazione, la notifica presso il procuratore costituito o domiciliatario va effettuata nel domicilio da lui eletto nel giudizio, se esercente l’ufficio in un circondario diverso da quello di assegnazione, o, altrimenti, nel suo domicilio effettivo, previo riscontro, da parte del notificante, delle risultanze dell’albo professionale, dovendosi escludere che tale onere di verifica – attuabile anche per via informatica o telematica – arrechi un significativo pregiudizio temporale o impedisca di fruire, per l’intero, dei termini di impugnazione” (Cass. S.U. n. 14594 del 2016; S.U. n. 17352 del 2009; S.U. n. 3818 del 2009);

21. è sicuramente addebitabile al notificante l’errore nella individuazione del domicilio della controparte in occasione della prima notifica del ricorso in appello;

22. tuttavia, tale errore non determina inesistenza della notifica;

23. le Sezioni Unite con la sentenza n. 14916 del 2016 hanno chiarito che “Il luogo in cui la notificazione del ricorso per cassazione viene eseguita non attiene agli elementi costitutivi essenziali dell’atto, sicchè i vizi relativi alla sua individuazione, anche quando esso si riveli privo di alcun collegamento col destinatario, ricadono sempre nell’ambito della nullità dell’atto, come tale sanabile, con efficacia “ex tunc”, o per raggiungimento dello scopo, a seguito della costituzione della parte intimata (anche se compiuta al solo fine di eccepire la nullità), o in conseguenza della rinnovazione della notificazione, effettuata spontaneamente dalla parte stessa oppure su ordine del giudice ex art. 291 c.p.c.”;

24. anche recentemente si è affermato (Cass. n. 6743 del 2019) che “La notificazione di atto processuale effettuata a soggetto e in luogo non corretti non è inesistente, in quanto potenzialmente idonea ad assolvere alla funzione conoscitiva che le è propria, potendo al più ritenersi nulla e, come tale, possibile oggetto di rinnovazione”;

25. qualificato come nullità il vizio della prima notifica del ricorso in appello non andata a buon fine, deve rilevarsi come la stessa sia stata legittimamente sanata;

26. difatti, nel rito del lavoro, diversamente che in quello ordinario, le ipotesi di nullità della notificazione dell’atto introduttivo del processo, derivanti non solo dai vizi di cui all’art. 160 c.p.c., ma altresì da tutti quelli che non consentono all’atto di raggiungere lo scopo cui è destinato, ossia la corretta instaurazione del rapporto processuale (art. 156 c.p.c., comma 3), sono sanabili “ex tunc” per effetto di spontanea costituzione dell’appellato ovvero di rinnovazione disposta dal giudice (cd. principio di strumentalità e congruità delle forme rispetto allo scopo; cfr. Cass. n. 26370 del 2017; n. 20335 del 2016; n. 16479 del 2015; n. 7378 del 2014; n. 19818 del 2013; S.U. n. 20604 del 2008); con la precisazione che, ai fini dell’operatività dei meccanismi rimediali previsti per la sanatoria ex tunc degli atti processuali, non rileva che le nullità trovino causa imputabile nella condotta dell’Ufficiale giudiziario o della parte istante (Cass. n. 20335/2016 cit.);

27. per effetto della disciplina di cui all’art. 164 c.p.c., comma 2, applicabile anche in appello ai sensi dell’art. 359 c.p.c., i vizi relativi alla “vocatio in ius” sono sanati con effetto “ex tunc” e quelli relativi alla “editio actionis” con effetto “ex nunc”, pertanto, nel rito del lavoro, l’assegnazione del termine per la rinnovazione della notifica dell’appello comporta una sanatoria con effetti che retroagiscono alla data del deposito del ricorso che, se avvenuto entro il termine di cui all’art. 327 c.p.c., non potrà essere dichiarato tardivo (Cass., sez. 6 n. 23667 del 2018);

28. le sentenze citate nel ricorso in esame non hanno diretta rilevanza ai fini dei primi due motivi di ricorso; la sentenza Cass. n. 25806 del 2017 non riguarda il rito del lavoro bensì il rito ordinario civile in cui manca la scissione tra i due momenti della editio actionis e della vocatio in ius (ed analogamente altre sentenze citate tra cui Cass. n. 25339 del 2015; n. 5079 del 2010); la sentenza delle S.U. n. 14594 del 2016 riguarda il ricorso in cassazione per il quale, ugualmente, non è prevista alcuna scissione tra le due predette fasi sicchè la data di inizio di un valido procedimento notificatorio assume valore dirimente ai fini del rispetto dei termini per impugnare;

29. il secondo motivo di ricorso, oltre che inammissibile per la mancata trascrizione dell’eccezione sollevata nel giudizio appello, è comunque infondato; non ricorre il denunciato vizio di omessa pronuncia atteso che la sentenza impugnata ha qualificato nulla la prima notifica non andata a buon fine ed ha accertato l’avvenuta sanatoria della nullità a seguito del rinnovo della notifica, autorizzato dalla Corte d’appello;

30. il terzo motivo è inammissibile in quanto del tutto privo delle allegazioni necessarie ad evitare che le questioni ora sollevate appaiano nuove; difatti, qualora con il ricorso per cassazione siano prospettate questioni di cui non vi sia cenno nella sentenza impugnata, è onere della parte ricorrente, al fine di evitare una statuizione di inammissibilità per novità della censura, non solo di allegare l’avvenuta loro deduzione innanzi al giudice di merito, ma anche di indicare in quale specifico atto del giudizio precedente lo abbia fatto, onde dar modo alla Suprema Corte di controllare “ex actis” la veridicità di tale asserzione prima di esaminare il merito della suddetta questione (Cass. n. 11166 del 2018; n. 20703 del 2015; n. 18795 del 2015; n. 23675 del 2013);

31. il quarto motivo di ricorso è infondato in quanto la statuizione sulle spese adottata dai giudici di appello è conseguenza della parziale riforma della pronuncia di primo grado; il potere del giudice d’appello di procedere d’ufficio ad un nuovo regolamento delle spese processuali, quale conseguenza della pronunzia di merito adottata, sussiste in caso di riforma in tutto o in parte della sentenza impugnata, in quanto il corrispondente onere deve essere attribuito e ripartito in ragione dell’esito complessivo della lite (cfr. Cass. sez. 6 n. 1775 del 2017; n. 23226 del 2013);

32. il quinto motivo di ricorso è inammissibile in quanto investe la valutazione delle prove, senza adeguarsi allo schema legale del nuovo art. 360 c.p.c., n. 5, applicabile ratione temporis (cfr. Cass., S.U. n. 8053 del 2014);

33. parimenti inammissibile è il sesto motivo di ricorso che fonda le critiche alla motivazione della sentenza impugnata sulla discrasia rispetto all’esito della CTU senza che quest’ultima sia stata trascritta (i dati riportati in ricorso non sono virgolettati e quindi appaiono quale riassunto operato da chi ha redatto il ricorso) o riprodotta in allegato al ricorso;

34. per le ragioni esposte il ricorso deve essere respinto;

35. non si fa luogo alla liquidazione delle spese atteso che la controparte non ha svolto difese;

36. si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, introdotto dalla L. 24 dicembre 2012 n. 228, art. 1, comma 17.

PQM

La Corte rigetta il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale, il 9 settembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 22 gennaio 2021

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