Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13788 del 06/07/2016

Cassazione civile sez. lav., 06/07/2016, (ud. 14/04/2016, dep. 06/07/2016), n.13788

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. NOBILE Vittorio – Presidente –

Dott. BRONZINI Giuseppe – Consigliere –

Dott. ESPOSITO Lucia – rel. Consigliere –

Dott. LEO Giuseppina – Consigliere –

Dott. BOGHETICH Elena – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 3414-2015 proposto da:

V.R., C.F. (OMISSIS), elettivamente

domiciliata in ROMA, VIA CALABRIA 56, presso lo studio

dell’avvocato GIOVANNI BONARRIGO, rappresentata e difesa

dall’avvocato ANTONINO GAZZARA, giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

POSTE ITALIANE S.P.A., C.F. (OMISSIS), in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE

MAZZINI 134, presso lo studio dell’avvocato FIORILLO LUIGI,

rappresentata e difesa dall’avvocato GRANOZZI GAETANO, giusta

delega in atti;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1862/2014 della CORTE D’APPELLO di MESSINA,

depositata il 01/12/2014 R.G.N. 959/2014;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

14/04/2016 dal Consigliere Dott. LUCIA ESPOSITO;

udito l’Avvocato BONARRIGO GIOVANNI per delega verbale Avvocato

GAZZARA ANTONINO;

udito l’avvocato BONFRATE FRANCESCA per DELEGA verbale Avvocato

GRANOZZI GAETANO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SERVELLO Gianfranco, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. Con sentenza depositata il 1 dicembre 2014 la Corte d’appello di Messina ha rigettato il reclamo avverso la decisione del giudice di primo grado che, decidendo in sede di opposizione avverso l’ordinanza resa all’esito della fase sommaria, aveva respinto la domanda di V.R., dipendente di Poste Italiane S.p.A., diretta alla declaratoria di illegittimità del licenziamento irrogato alla predetta con lettera del 16 gennaio 2013. La Corte territoriale rigettava l’eccezione di tardività della comunicazione del licenziamento ai sensi dell’art. 55, comma 4 CCNL 14/4/2011.

Riteneva, altresì, che la condotta contestata alla lavoratrice, consistente in operazioni bancarie e di prelievo non autorizzate, fosse idonea a ledere irrimediabilmente il rapporto fiduciario con il datore di lavoro.

2. La lavoratrice propone ricorso per cassazione affidato a un unico motivo. Poste resiste con controricorso. Entrambe le parti hanno presentato memorie.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Con l’unico motivo la ricorrente deduce violazione e falsa e/o errata applicazione degli artt. 115 e 215 c.p.c. in violazione dell’art. 360 c.p.c., n. 5. Previo richiamo degli obblighi gravanti sul convenuto ai sensi dell’art. 416 c.p.c., osserva che all’atto del deposito della memoria di costituzione Poste Italiane s.p.a., a fronte del rilievo da parte della ricorrente in ordine alla tardività della comunicazione di licenziamento, aveva omesso la produzione dell’originale della relativa missiva, e, pur essendo stata immediatamente contestata l’idoneità della copia fotostatica a provare l’effettivo invio, aveva provveduto al deposito dell’originale solo nella seconda fase del giudizio di primo grado.

Rileva la ricorrente che la tesi sostenuta nella sentenza impugnata –

secondo la quale ogni questione in ordine alla ritualità della produzione era da intendere superata in forza del principio di sostanziale unitarietà del giudizio sommario e di quello di opposizione – non poteva ritenersi soddisfacente, giacchè il giudice della prima fase aveva erroneamente ritenuto valida come prova la copia fotostatica, in violazione della previsione degli artt. 115 e 215 c.p.c., applicabili anche nella fase sommaria del c.d. rito Fornero.

2. Il motivo è destituito di fondamento. Correttamente, infatti, la Corte territoriale ha affermato che “non sussistono preclusioni nella formazione della prova in ragione della produzione, nella prima fase, di un documento in copia e, successivamente, in sede di opposizione, di altro prodotto in originale”, potendosi valutare unitariamente tutte le prove formatesi nel corso del giudizio di primo grado.

L’assunto si riconnette alla struttura, unitaria, ancorchè bifasica, del giudizio di primo grado, nel complessivo contesto del rito speciale, la quale implica l’impossibilità di scindere per fasi gli adempimenti richiesti alle parti in tema di formazione della prova.

3. L’unitarietà della struttura del procedimento in argomento, pur nell’articolazione bifasica, è stata affermata dalla Corte Costituzionale, chiamata a decidere in ordine alla questione di legittimità, in riferimento agli artt. 3, 24 e 111 Cost., dell’art. 51 c.p.c., comma 1, n. 4), e della L. n. 92 del 2012, art. 1, comma 51, “nella parte in cui non prevedono l’obbligo di astensione per l’organo giudicante (persona fisica) investito del giudizio di opposizione L. n. 92 del 2012, ex art. 51, comma 1 “rectius: art. 1, comma 51″, che abbia pronunciato l’ordinanza ex art. 1, comma 49”.

Nell’occasione la Corte ha escluso la natura impugnatoria della fase di opposizione, rilevando che “l’opposizione non verte sullo stesso oggetto dell’ordinanza opposta (pronunciata su un ricorso “semplificato”, e sulla base dei soli atti di istruzione ritenuti, allo stato, indispensabili), nè è tantomeno circoscritta alla cognizione di errores in procedendo o in iudicando eventualmente commessi dal giudice della prima fase, ma… può investire anche diversi profili soggettivi (stante anche il possibile intervento di terzi), oggettivi (in ragione dell’ammissibilità di domande nuove, anche in via riconvenzionale, purchè fondate sugli stessi fatti costitutivi) e procedimentali, essendo previsto che in detto giudizio possano essere dedotte circostanze di fatto ed allegati argomenti giuridici anche differenti da quelli già addotti e che si dia corso a prove ulteriori. Il che, appunto, esclude che la fase oppositoria (nell’ambito del giudizio di primo grado) – in cui la cognizione si espande in ragione non solo del nuovo apporto probatorio, ma anche delle ulteriori considerazioni svolte dalle parti, quantomeno in sede di discussione e nelle eventuali note difensive – possa configurarsi come la riproduzione dell’identico itinerario logico decisionale già seguito per pervenire all’ordinanza opposta”. La Corte Costituzionale ha sottolineato, altresì, che la predetta ordinanza è destinata ad essere assorbita nella statuizione definitiva in esito alla fase di opposizione “che può ben condurre ad un esito differente (rispetto a quello dell’ordinanza opposta) in virtù del nuovo materiale probatorio apportato al processo e del suo ampliamento soggettivo od oggettivo (nei limiti consentiti), anche alla luce della pressochè totale assenza di preclusioni e decadenze per le parti nell’ambito della prima fase” (Cort. Cost. n. 78 del 2015). Da tali rilievi il giudice delle leggi ha tratto la conclusione che la circostanza che entrambe le fasi di detto unico grado del giudizio possano essere svolte dal medesimo magistrato non si pone in contrasto con il principio di terzietà del giudice, così fondando il rigetto della questione di legittimità costituzionale.

4. Alla descritta ricostruzione strutturale del procedimento accede anche la giurisprudenza di questa Corte di legittimità (così Cass. Sez. L, Sentenza n. 25046 del 11/12/2015, Rv. 638004: “Nel rito di cui alla L. n. 92 del 2012, art. 1, comma 48 e segg., l’eccezione di decadenza dall’impugnativa del licenziamento può essere proposta per la prima volta nella fase di opposizione, che non ha natura impugnatoria ma si pone in rapporto di prosecuzione, nel medesimo grado di giudizio, con la fase sommaria, tanto che il ricorso che la introduce deve conntenere gli elementi indicati dall’art. 414 c.p.c., ossia quelli idonei a delimitare il tema della decisione nel giudizio di cognizione ordinaria”).

5. Alla luce dei principi enunciati la produzione nella fase di opposizione dell’originale del documento prodotto in fotocopia deve ritenersi tempestiva ancorchè l’originaria produzione e la contestazione di non conformità all’originale siano intervenute nella precedente fase. Va affermato, di conseguenza, il seguente principio di diritto: “nell’ambito del procedimento disciplinato alla L. n. 92 del 2012, art. 1, comma 48 e segg., l’attività istruttoria assunta in entrambe le fasi del giudizio di primo grado va valutata unitariamente, senza che si possano scindere per fasi gli adempimenti richiesti alle parti in tema di formazione della prova”.

6. In base alle argomentazioni svolte il ricorso va rigettato. Le spese di giudizio seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.

PQM

La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento in favore di Poste s.p.a. delle spese del presente giudizio di legittimità, liquidate in complessivi Euro 3.100,00, di cui Euro 100,00 per esborsi, oltre spese generali nella misura del 15% e accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del cit. art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 14 aprile 2016.

Depositato in Cancelleria il 6 luglio 2016

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