Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13787 del 09/06/2010

Cassazione civile sez. lav., 09/06/2010, (ud. 12/04/2010, dep. 09/06/2010), n.13787

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BATTIMIELLO Bruno – Presidente –

Dott. LAMORGESE Antonio – Consigliere –

Dott. LA TERZA Maura – Consigliere –

Dott. TOFFOLI Saverio – rel. Consigliere –

Dott. MAMMONE Giovanni – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso 11364/2009 proposto da:

L.L.A., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DELLA

STAZIONE DI MONTE MARIO 9, presso lo studio dell’avvocato GULLO

ALESSANDRI, rappresentata e difesa dall’avvocato MAGARAGGIA Giuseppe,

giusta mandato a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, in persona

del Presidente e legale rappresentate pro tempore, elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA DELLA FREZZA 17, presso l’AVVOCATURA

CENTRALE DELL’ISTITUTO, rappresentato e difeso dagli avvocati PULLI

Clementina, VALENTE NICOLA, RICCIO ALESSANDRO, giusta procura in

calce al controricorso;

– controricorrente –

e contro

COMUNE DI CORSANO (LECCE);

– intimato –

avverso la sentenza n. 794/2008 della CORTE D’APPELLO di LECCE del

18/04/08, depositata il 29/04/2008;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

12/04/2010 dal Consigliere Relatore Dott. SAVERIO TOFFOLI;

è presente il P.G. in persona del Dott. MAURIZIO VELARDI.

 

Fatto

MOTIVI

La Corte pronuncia in Camera di consiglio ex art. 375 c.p.c., a seguito di relazione ex art. 380 bis c.p.c..

La Corte d’appello di Lecce, confermando la sentenza di primo grado, riconosceva il diritto di L.L.A. all’assegno di invalidità civile con decorrenza dall’1 ottobre 2004, cioè posteriormente all’epoca (23.7.2003) della presentazione della domanda amministrativa.

La Corte di merito ha recepito le conclusioni del c.t.u. nominato nel giudizio di appello, ritenendo che lo stesso aveva ben valutato tutte le malattie denunciate (sindrome depressiva, poliartrosi diffusa, nefrolitiasi, cardiopatia ipertensiva), attribuendo la giusta percentuale di invalidità e facendo decorrere lo stato invalidante dall'(OMISSIS), in coincidenza con la certificazione del C.S.M. di Tricase dell’8.102004, in cui era attestato un “ritardo mentale moderato” e una “sindrome ossessivo-compulsiva”. Osservava anche che le osservazioni critiche formulate dalla difesa dell’appellante erano alquanto generiche e, in linea di massima, si limitavano a proporre questioni già esaminate e vagliate in sede peritale e non erano supportate da nuovi probanti elementi obiettivi, tali da invalidare le valutazioni del c.t.u..

L’assicurato propone ricorso per cassazione a cui resiste l’Inps con controricorso.

Le deduzioni di cui ai motivi di ricorso appaiono inidonee a integrare idonee censure nel giudizio di legittimità della sentenza impugnata.

Premesso che secondo la giurisprudenza di questa Corte anche nel giudizio di appello la sentenza è adeguatamente motivata, per quanto riguarda le problematiche medico-legali, mediante il rinvio alle valutazioni compiute dal consulente tecnico d’ufficio nominato nel giudizio di secondo grado, non appaiono meritevoli di accoglimento le censure di cui al primo motivo, di omessa valutazione di determinati elementi, riferite al mancato riconoscimento dello stato invalidante già al tempo della presentazione della domanda amministrativa e al mancato accoglimento della domanda relativa alla pensione di inabilità. In sostanza le attuali censure sono basate su un richiamo della documentazione medica considerata dallo stesso c.t.u., della quale postulano, alquanto apoditticamente, una diversa valutazione medico legale, senza evidenziare effettive e comprovate devianze da principi scientifici e medicolegali.

Il ricorso deve quindi essere rigettato.

Le spese del giudizio vengono regolate in base al criterio della soccombenza (art. 91 c.p.c.), tenuto presente, in relazione al vigente tenore dell’art. 152 disp. att. c.p.c., che il giudizio è stato instaurato in primo grado nel dicembre 2003, e quindi nella vigenza della nuova disciplina, e considerato che mancano attestazioni sui redditi della parte.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente a rimborsare all’Inps le spese del giudizio in Euro 30,00 oltre Euro seicento per onorari.

Così deciso in Roma, il 12 aprile 2010.

Depositato in Cancelleria il 9 giugno 2010

 

 

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