Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13783 del 06/07/2020

Cassazione civile sez. VI, 06/07/2020, (ud. 26/02/2020, dep. 06/07/2020), n.13783

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MOCCI Mauro – Presidente –

Dott. CONTI Roberto Giovanni – rel. Consigliere –

Dott. LA TORRE Maria Enza – Consigliere –

Dott. DELLI PRISCOLI Lorenzo – Consigliere –

Dott. CAPOZZI Raffaele – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 21086-2018 proposto da:

B.L., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA EMILIO DEI

CAVALIERI 11, presso lo studio dell’avvocato ALDO FONTANELLI,

rappresentato e difeso dall’avvocato MARCO SERNI;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, (C.F. (OMISSIS)), in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e

difende ope legis;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 688/5/18 della COMMISSIONE TRBUTARIA REGIONALE

della TOSCANA, depositata il 10/04/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 26/02/2020 dal Consigliere Dott. ROBERTO GIOVANNI

CONTI.

Fatto

FATTI E RAGIONI DELLA DECISIONE

La CTR Toscana, con la sentenza indicata in epigrafe, ha confermato la decisione di primo grado che, in parziale accoglimento del ricorso proposto da B.L., aveva rideterminato la classe dell’immobile sito in (OMISSIS), confermando la categoria A/1 precedentemente esistente rispetto alla cat. A/2 proposta in sede di DOCFA. Secondo la CTR persistevano elementi sintomatici del carattere signorile del cespite immobiliare correlati all’estensione, ubicazione e caratteristiche intrinseche dello stesso, avuto anche riguardo all’inserimento del medesimo in un contesto immobiliare caratterizzato da ben 17 appartamenti situati nello stesso condominio, pure accatastati in Categoria A/1, ciò confermando che l’immobile del contribuente, in relazione alla dimensione di vani 9,5 e dell’estensione(mq.200) doveva ritenersi sussumibile nella categoria A/1.

Il B. ha proposto ricorso per cassazione, affidato a due motivi, al quale ha resistito l’Agenzia delle entrate con controricorso. Il ricorrente ha depositato memoria.

Con il secondo motivo di ricorso, che merita di essere esaminato con priorità per ragioni di ordine logico, il ricorrente deduce la nullità della sentenza per non avere adeguatamente ponderato gli elementi probatori esistenti, prospettando la contraddittorietà della motivazione e l’omessa motivazione o l’omesso esame di fatti decisivi in relazione alle caratteristiche dell’immobile.

La censura è infondata nella parte in cui intende prospettare il vizio di motivazione apparente risultando, per converso, dall’iter motivatorio seguito dal giudice di appello le ragioni poste a fondamento della natura signorile dell’immobile, nemmeno riscontrandosi la contraddittorietà della motivazione, peraltro espunta dal sistema con la modifica dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 (Cass. S.U. n. 8053/2014).

Per altro verso, la censura contesta l’accertamento di fatto operato dal giudice di merito in ordine alla qualificazione di un’abitazione come “signorile”, “civile” o “popolare”.

Ed è appena il caso di rammentare che il carattere signorile dell’immobile, correlato alla categoria A/1, secondo la giurisprudenza di questa Corte, in assenza di una specifica definizione legislativa delle categorie e classi, corrisponde alle nozioni presenti nell’opinione generale in un determinato contesto spazio-temporale e non va mutuata dal D.M. 2 agosto 1969, atteso che il procedimento di classamento è volto all’attribuzione di una categoria e di una classe e della relativa rendita alle unità immobiliari, mentre la qualificazione in termini “di lusso”, ai sensi del citato D.M., risponde alla finalità di precludere l’accesso a talune agevolazioni fiscali-cfr. Cass. n. 23235/2014-.

Passando all’esame del primo motivo di ricorso, con il quale il ricorrente prospetta la violazione del D.M. 2 agosto 1969, artt. 6 e 10, in relazione ai requisiti indicati dal D.M. 4 dicembre 1961, la censura è inammissibile.

Ed invero, come già ricordato esaminando il secondo motivo, questa Corte è ferma nel ritenere che “in assenza di una specifica definizione legislativa delle categorie e classi, la qualificazione di un’abitazione come “signorile”, “civile” o “popolare” corrisponde alle nozioni presenti nell’opinione generale in un determinato contesto spazio-temporale e non va mutuata dal D.M. 2 agosto 1969 – modificativo del D.M. 4 dicembre 1961 -, atteso che il procedimento di classamento è volto all’attribuzione di una categoria e di una classe e della relativa rendita alle unità immobiliari, mentre la qualificazione in termini “di lusso”, ai sensi del citato D.M., risponde alla finalità di precludere l’accesso a talune agevolazioni fiscali” (Cass. n. 23235 del 2014; Cass. n. 7329 del 2014; ed anche, in riferimento al beneficio cd. prima casa, Cass. n. 8502 del 26.9.1996; n. 8600 del 2000; n. 17604 del 2004) – cfr. Cass. n. 6731/2015-.

Ora, il ricorrente prospetta la violazione di legge nella quale sarebbe incorso il giudice di appello per avere considerato elementi non idonei a comprovare il carattere di lusso dell’immobile, non avvedendosi dell’irrilevanza del parametro normativo posto a base della censura, assolutamente inconferente rispetto all’oggetto dell’accertamento demandato al giudice tributario rispetto al carattere signorile del cespite immobiliare e, per altro verso, della compiuta disamina degli elementi sui quali il giudice di appello ha fondato il giudizio di coerenza dell’accertamento rispetto alla natura signorile dell’immobile, agganciato alla comparazione con numerosi immobili allocati nello stesso condominio e risultanti di categoria signorile, viepiù confermata dalle dimensioni e dal concreto assetto dell’immobile, puntualmente esaminato dalla CTR.

Del tutto inconferente risulta, poi, la circostanza che la CTR abbia evocato il parametro della superficie del cespite – che secondo il ricorrente non corrisponderebbe ai mq 200 indicati dalla CTR, ma a mq 168 -.

Infatti, risulta evidente che la CTR non ha desunto la natura signorile dalla ricorrenza di uno dei parametri che invece la disciplina sopra evocata individua per qualificare un cespite immobiliare come di lusso, ma dalla complessiva ponderazione degli elementi analiticamente indicati nella sentenza qui riesaminata.

Ed è appena il caso di osservare che la contestazione in ordine alla mancata valutazione di altri elementi invocati dal ricorrente non integra un vizio aggredibile innanzi al giudice di legittimità, risolvendosi nella contestazione dell’accertamento di fatto operato dal giudice di merito.

Sulla base di tali considerazioni, idonee a superare i rilievi difensivi esposti pure in memoria dal ricorrente, il ricorso va rigettato.

Le spese seguono la soccombenza, dando atto, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente principale, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1- bis, se dovuto.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio che liquida in favore dell’Agenzia delle entrate in Euro 3.500,00 per compensi, oltre spese prenotate a debito.

Dà atto, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente principale, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1- bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, il 26 febbraio 2020.

Depositato in Cancelleria il 6 luglio 2020

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