Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13783 del 06/07/2016


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Cassazione civile sez. lav., 06/07/2016, (ud. 06/04/2016, dep. 06/07/2016), n.13783

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VENUTI Pietro – Presidente –

Dott. MANNA Antonio – Consigliere –

Dott. NEGRI DELLA TORRE Paolo – Consigliere –

Dott. BALESTRIERI Federico – rel. Consigliere –

Dott. DE GREGORIO Federico – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 24572-2073 proposto da:

I.P., C.F. (OMISSIS), elettivamente domiciliato

in ROMA, VIA GERMANICO 172, presso lo studio dell’avvocato NATALE

CARBONE, che lo rappresenta e difende giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

UNICREDIT S.P.A. (in cui è confluita la Banca di Roma);

– intimata –

avverso la sentenza n. 1785/2012 della CORTE D’APPELLO REGGIO

CALABRIA, depositata il 24/12/2012 r.g.n. 1074/2006;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

06/04/2016 dal Consigliere Dott. FEDERICO BALESTRIERI;

udito l’Avvocato CARBONE NATALE;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

FINOCCHI GHERSI Renato, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con ricorso al Tribunale di Reggio Calabria, I.P., già dipendente della Banca di Roma, ora Unicredit s.p.a., impugnava il licenziamento disciplinare intimatogli dalla banca il 4 aprile 2000, a causa di numerosi ed ingenti ammanchi negli apparecchi bancomat dell’agenzia nella quale lo I. prestava servizio, quanto meno nel periodo settembre-novembre 2009. Il Tribunale rigettava la domanda.

Avverso tale sentenza proponeva gravame lo I.; resisteva Unicredit s.p.a. Con sentenza depositata il 24 dicembre 2012, la Corte d’appello di Reggio Calabria confermava la sentenza impugnata.

Per la cassazione di tale sentenza propone ricorso lo I., affidato a tre motivi, poi illustrati con memoria.

La Unicredit s.p.a. è rimasta intimata.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1.-Con il primo ed il secondo motivo il ricorrente denuncia la violazione e/o falsa applicazione della L. n. 300 del 1970, art. 7 (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3), nonchè l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, oggetto di discussione tra le parti, con riferimento alla ritenuta assenza di violazione del principio di immediatezza della contestazione (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5).

Lamenta che nella specie era stata erroneamente accertata la tempestività del licenziamento, pur essendo sostanzialmente pacifico che la Banca era a compiuta conoscenza dei fatti sin dalla disposta sospensione cautelare dal servizio. Lamenta ancora che nella specie il lasso di tempo trascorso tra i fatti e la contestazione disciplinare aveva pregiudicato il suo diritto di difesa.

2.- Con il terzo motivo il ricorrente denuncia l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, oggetto di discussione tra le parti, sotto il diverso profilo della gravità della colpa (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5).

Lamenta che la sentenza impugnata non valutò adeguatamente che l’apparecchiatura bancomat in questione presentava delle anomalie (mancata contabilizzazione di banconote erogate), così come evidenziato anche dalla lettera del preposto (rag. P.).

3. – I motivi, che per la loro connessione possono essere congiuntamente esaminati, sono inammissibili.

Deve infatti in primo luogo considerarsi che in tema di ricorso per cassazione, il vizio di violazione o falsa applicazione di norma di diritto, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, ricorre o non ricorre a prescindere dalla motivazione (che può concernere soltanto una questione di fatto e mai di diritto) posta dal giudice a fondamento della decisione (id est: del processo di sussunzione), sicchè quest’ultimo, nell’ambito del sindacato sulla violazione o falsa applicazione di una norma di diritto, presuppone la mediazione di una ricostruzione del fatto incontestata (ipotesi non ricorrente nella fattispecie); al contrario, il sindacato ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 (oggetto della recente riformulazione interpretata quale riduzione al “minimo costituzionale” del sindacato di legittimità sulla motivazione: Cass. sez. un. 7 aprile 2014, n. 8053), che invece postula un fatto ancora oggetto di contestazione tra le parti. Ne consegue che mentre la sussunzione del fatto incontroverso nell’ipotesi normativa è soggetta al controllo di legittimità, l’accertamento del fatto controverso e la sua valutazione (proporzionalità della sanzione: Cass. n. 8293 del 25/05/2012, Cass. n. 144 del 08/01/2008, Cass. n. 21965 del 19/10/2007, Cass. n. 24349 del 15/11/2006, e gravità dell’inadempimento: Cass. n. 1788 del 26/01/2011, Cass. n. 7948 del 07/04/2011) è limitato al controllo motivazionale (quanto alle sentenze impugnate depositate prima dell’11.9.12) e successivamente all’omesso esame di un fatto storico decisivo, in base al novellato art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 (Cass. sez. un. 22 aprile 2014, n. 19881), fatto nella specie ampiamente esaminato dalla sentenza impugnata.

Deve infatti rimarcarsi che “..Il nuovo testo del n. 5) dell’art. 360 c.p.c. introduce nell’ordinamento un vizio specifico che concerne l’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo (vale a dire che se esaminato avrebbe determinato un esito diverso della controversia). L’omesso esame di elementi istruttori non integra di per sè vizio di omesso esame di un fatto decisivo, se il fatto storico rilevante in causa sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, benchè la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie (Cass. sez. un. 22 settembre 2014 n. 19881).

Le sezioni unite di questa Corte hanno altresì precisato che la riformulazione della norma in esame è finalizzata ad evitare l’abuso dei ricorsi per cassazione basati sul vizio di motivazione non strettamente necessitati dai precetti costituzionali. Ciò a supporto della generale funzione nomofilattica della Corte di Cassazione, quale giudice dello ius constitutionis e non, se non nei limiti della violazione di legge, dello ius litigatoris.

In questa prospettiva, proseguono le Sezioni Unite, la scelta operata dal legislatore è quella di limitare la rilevanza del vizio di motivazione, quale oggetto del sindacato di legittimità, alle fattispecie nelle quali esso si converte in violazione di legge: e ciò accade solo quando il vizio di motivazione sia così radicale da comportare, con riferimento a quanto previsto dall’art. 132 c.p.c., n. 4, la nullità della sentenza per “mancanza della motivazione”, ovvero nella “motivazione apparente” (Cass. sez. un. 17 aprile 2014 n. 8053).

Per completezza espositiva può poi evidenziarsi che, a prescindere dalla nota relatività del principio dell’immediatezza (nella specie risultano trascorsi solo due mesi tra la contestazione del 24.2.00 ed il licenziamento del 4.4.00), in data 29.12.99 la Banca sospese cautelativamente lo I. dal servizio (ed i fatti contestati risultano posti in essere sino a tutto novembre 1999), risultando così una reazione della Banca oggettivamente, e non solo relativamente, tempestiva. Deve infatti considerarsi che la sospensione cautelare impedisce di considerare inerte il comportamento datoriale successivo alla condotta addebitata.

4.- Il ricorso è in definitiva inammissibile alla luce del novellato art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 limitandosi a richiedere un mero ed inammissibile riesame delle circostanze di causa, anche quanto alla valutazione delle stesse (sotto il profilo della gravità) ampiamente valutate dalla Corte di merito, cui è rimesso il relativo apprezzamento.

Le spese di lite seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo. Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater nel testo risultante dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, deve provvedersi, ricorrendone i presupposti, come da dispositivo.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità, che liquida in Euro 100,00 per esborsi, Euro 3.500,00 per compensi professionali, oltre spese generali nella misura del 15%, i.v.a. e c.p.a.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, nel testo risultante dalla L. 24.12.12 n. 228, la Corte dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso a norma del cit. art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 6 aprile 2016.

Depositato in Cancelleria il 6 luglio 2016

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