Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13776 del 23/06/2011

Cassazione civile sez. II, 23/06/2011, (ud. 02/02/2011, dep. 23/06/2011), n.13776

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SETTIMJ Giovanni – Presidente –

Dott. PARZIALE Ippolisto – Consigliere –

Dott. D’ASCOLA Pasquale – rel. Consigliere –

Dott. DE CHIARA Carlo – Consigliere –

Dott. GIUSTI Alberto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso proposto da:

C.P. (OMISSIS), M.G.

(OMISSIS), elettivamente domiciliati in ROMA, VIA DEI

GRACCHI 209, presso lo studio dell’avvocato GABELLIMI SPARTACO, che

li rappresenta e difende unitamente all’avvocato CARIA MARIO giusta

procura speciale in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

C.C. (OMISSIS), M.S.

(OMISSIS), elettivamente domiciliati in ROMA, PIAZZA PRATI

STROZZI 26, presso lo studio dell’avvocato BAUZULLI FILIPPO,

rappresentati e difesi dall’avvocato COPERSITO GIOVANNI giusta

procura speciale in calce al controricorso;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 712/2007 della CORTE D’APPELLO di CAGLIARI

SEZIONE DISTACCATA DI SASSARI del 9/11/07, depositata il 26/11/2007;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

02/02/2011 dal Consigliere Relatore Dott. PASQUALE D’ASCOLA;

è presente il Procuratore Generale in persona del Dott. MAURIZIO

VELARDI che nulla osserva.

Fatto

FATTO E DIRITTO

Nel 1999 C.P. e M.G. convenivano in giudizio C.C. e M.S., per chiederne la condanna alla rimozione delle opere edificate sopraelevando un fabbricato in violazione della normativa sulle distanze, con sporgenze sul cortiletto di proprietà degli attori, sito in (OMISSIS).

La domanda veniva respinta dal tribunale di Sassari, che, in accoglimento parziale della riconvenzionale spiegata dai resistenti, dichiarava che i coniugi M. avevano usucapito il diritto di mantenere la veranda del loro appartamento aggettante sul cortile degli attori, con servitù di veduta dalle finestre esistenti.

La Corte d’appello di Cagliari, sez Sassari, rigettava l’appello principale proposto da C.P. e M.G. e accoglieva l’appello incidentale, riconoscendo l’intervenuta usucapione anche in relazione ad altri impianti (serbatoio, autoclave, tubature, contatori) installati dai convenuti “sul cortile di pertinenza” degli attori.

Questi ultimi hanno proposto ricorso per cassazione, al quale C.C. e M.S. hanno opposto controricorso.

Il giudice relatore ha avviato la causa a decisione con il rito previsto per il procedimento in camera di consiglio. E’ stata comunicata relazione ex art. 380 bis c.p.c., che si riporta quasi integralmente nell’odierna sentenza.

Infondatamente i controricorrenti eccepiscono la decadenza dall’impugnazione per tardività. La sentenza della Corte d’appello di Cagliari venne infatti depositata il 26 novembre 2007; il termine annuale, allungato dei 46 giorni di sospensione feriale, andava quindi a cadere l’11 gennaio 2009 (4 giorni in novembre, 31 nel dicembre 2009, 11 di gennaio 2009), che cadeva di domenica, con conseguente proroga (ex art. 155 c.p.c.) al giorno successivo. Il 12 gennaio 2009 è stata tempestivamente notificata l’impugnazione, mediante consegna del plico all’ufficiale giudiziario notificante, come attestato da timbro e sigla apposti sul frontespizio del ricorso.

E’ invece fondato il rilievo di inammissibilità del ricorso. Il ricorso è soggetto ratione temporis alla disciplina novellatrice di cui al D.Lgs. n. 40 del 2006, non intaccato dalla L. n. 69 del 1909, in virtù del disposto del regime transitorio fissato nell’art 58.

Il primo motivo, che denuncia violazione o falsa applicazione ex art. 360 c.p.c., n. 3, dell’art. 1158 c.c. (norma non indicata in rubrica, ma individuabile dal contesto) non espone il quesito di diritto che è indispensabilmente previsto, a norma dell’art. 366 bis c.p.c., a pena di inammissibilità, per l’illustrazione di ciascun motivo nei casi previsti dall’art. 360, comma 1, nn. 1), 2), 3), e 4).

Quanto al secondo, terzo e quarto motivo, che espongono omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione in relazione all’art. 360, n. 5, si rileva la mancata indicazione del fatto controverso su cui cadrebbe il vizio di motivazione.

In proposito la giurisprudenza (SU n. 20603/07; Cass. 4309/08;

16528/08) ha chiarito che la censura ex art. 360, n. 5 deve contenere un momento di sintesi (omologo del quesito di diritto) che ne circoscriva puntualmente i limiti, per consentire una pronta identificazione delle questioni da risolvere. Anche questa omissione è sanzionata con l’inammissibilità dall’art. 366 bis c.p.c..

Il ricorso è inoltre carente sotto il profilo del rispetto del principio di autosufficienza del ricorso per cassazione. Esso, nel richiedere una nuova valutazione di merito, sarebbe ammissibile solo nei limiti del controllo della logicità e congruità della motivazione.

A tal fine il ricorrente che deduce l’omessa o insufficiente motivazione della sentenza impugnata per l’asserita mancata valutazione di atti processuali o documentali ha l’onere di indicare – mediante l’integrale trascrizione di detti atti nel ricorso – la risultanza che egli asserisce essere decisiva e non valutata o insufficientemente considerata, atteso che, per il principio di autosufficienza del ricorso per cassazione, il controllo deve essere consentito alla Corte sulla base delle sole deduzioni contenute nell’atto, senza necessità di indagini integrative(Cass. 11886/06;

8960/06; 7610/06).

Va inoltre ricordato che i vizi della motivazione non possono consistere nella difformità dell’apprezzamento dei fatti e delle prove dato dal giudice del merito rispetto a quello preteso dalla parte, spettando solo a detto giudice individuare le fonti del proprio convincimento, valutare le prove, controllarne l’attendibilità e la concludenza, scegliere tra le risultanze istruttorie quelle ritenute idonee a dimostrare i fatti in discussione, dare prevalenza all’uno o all’altro mezzo di prova, salvo i casi tassativamente previsti dalla legge in cui un valore legale è assegnato alla prova (Cass. 6064/08; 18709/07).

Il ricorso, che si risolve nella richiesta di nuova valutazione dei fatti di causa è dunque inammissibile per molteplici fondamentali carenze, che lo rendono del tutto inidoneo allo scopo.

Al Collegio, che condivide pienamente la relazione, preme rilevare che tutti i brevi motivi di ricorso costituiscono una sollecitazione alla Corte per rivisitare il giudizio di merito, perchè:

a) si richiede l’esame di documenti non integralmente riportati (motivo secondo).

B) Si chiede l’esame degli atti – non consentito in sede di legittimità allorquando sia denunciato un vizio di motivazione (motivo terzo) -.

C) Si lamenta apoditticamente l’assenza di un iter logico argomentativo in ordine all’accoglimento in sede di appello della domanda di usucapione; si deve invece constatare che da pag. 10 a pag. 12 la sentenza impugnata motivazione ritenuto sussistenti i presupposti per accogliere la domanda riconvenzionale.

Discende da quanto esposto la declaratoria di inammissibilità del ricorso e la condanna alla refusione delle spese di lite, liquidate in dispositivo.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Condanna parte ricorrente alla refusione delle spese di lite liquidate in Euro 2.800 per onorari, 200 per esborsi, oltre accessori di legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile tenuta, il 2 febbraio 2011.

Depositato in Cancelleria il 23 giugno 2011

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