Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13771 del 20/05/2021

Cassazione civile sez. VI, 20/05/2021, (ud. 25/02/2021, dep. 20/05/2021), n.13771

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BISOGNI Giacinto – Presidente –

Dott. FERRO Massimo – Consigliere –

Dott. DI MARZIO Mauro – Consigliere –

Dott. MERCOLINO Giudo – rel. Consigliere –

Dott. FIDANZIA Andrea – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 14364/2020 R.G. proposto da:

I.B., rappresentato e difeso dall’Avv. Luigi Migliaccio, con

domicilio in Roma, piazza Cavour, presso la Cancelleria civile della

Corte di cassazione;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO;

– intimato –

avverso la sentenza della Corte d’appello di Napoli n. 5572/19,

depositata il 19 novembre 2019.

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 25 febbraio

2021 dal Consigliere Guido Mercolino.

 

Fatto

RILEVATO

che:

I.B., cittadino della Nigeria, ha proposto ricorso per cassazione, per due motivi, avverso la sentenza del 19 novembre 2019, con cui la Corte d’appello di Napoli ha rigettato il gravame da lui interposto avverso l’ordinanza emessa il 15 marzo 2018 dal Tribunale di Napoli, che aveva rigettato la domanda di riconoscimento dello status di rifugiato e, in subordine, della protezione sussidiaria o del permesso di soggiorno per motivi umanitari proposta dal ricorrente;

che il Ministero dell’interno non ha svolto attività difensiva.

Diritto

CONSIDERATO

che:

con il primo motivo d’impugnazione il ricorrente denuncia la violazione del D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251, art. 3, comma 3, art. 5, e art. 14, lett. b), e del D.Lgs. 28 gennaio 2008, n. 25, art. 8, comma 3, sostenendo che, nel rigettare la domanda di riconoscimento della protezione sussidiaria, la Corte d’appello è venuta meno al proprio dovere di cooperazione istruttoria, avendo escluso la credibilità delle dichiarazioni da lui rese a sostegno della domanda in virtù del contrasto tra circostanze non riferite e del richiamo ad informazioni non aggiornate, senza tener conto di quelle da lui citate e senza procedere alla sua audizione;

che il motivo è infondato;

che, in tema di protezione internazionale, questa Corte ha avuto infatti modo di affermare che le dichiarazioni rese dallo straniero, se non suffragate da prove, devono essere sottoposte, ai sensi del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 5, ad un controllo di credibilità, avente ad oggetto da un lato la coerenza interna ed esterna delle stesse, ovverosia la congruenza intrinseca del racconto e la sua concordanza con le informazioni generali e specifiche di cui si dispone, dall’altro la plausibilità della vicenda narrata, che deve risultare attendibile e convincente sul piano razionale, non comportando tale verifica un aggravamento della posizione del richiedente, il quale beneficia anzi di un’attenuazione dell’onere della prova, ricollegabile al dovere del giudice di acquisire d’ufficio il necessario materiale probatorio ed al potere di ritenere provate circostanze che non lo sono affatto, ferma restando, per l’appunto, la necessità che i fatti narrati superino il predetto vaglio di logicità (cfr. Cass., Sez. I, 7/08/2019, n. 21142);

che nella specie il predetto controllo deve ritenersi correttamente effettuato, avendo la Corte territoriale richiamato il giudizio d’inattendibilità formulato dall’ordinanza di primo grado in ordine alle dichiarazioni rese dal ricorrente sulla base non solo dell’implausibilità della vicenda narrata e della mancanza di elementi di riscontro, ma anche del confronto con le informazioni desunte da una fonte autorevole ed aggiornata, ed avendo aggiunto, ad ulteriore conforto di tale apprezzamento, che, nonostante le minacce as-seritamente rivoltegli dalla setta degli (OMISSIS) per indurlo ad aderirvi contro la sua volontà, il ricorrente era rimasto in patria, senza dedurre di aver subito alcuna minaccia e senza replicare alle argomentazioni svolte dal Tribunale;

che, nel lamentare l’omessa contestualizzazione delle proprie dichiarazioni, il ricorrente invoca ulteriori informazioni fornite da altre fonti da lui indicate nell’atto di appello e contrastanti con quelle richiamate dal Tribunale, in tal modo dimostrando di voler sollecitare, attraverso l’apparente deduzione della violazione di legge, una nuova valutazione del materiale probatorio, non consentita a questa Corte, alla quale non spetta il compito di riesaminare il merito della controversia, ma solo quello di verificare la correttezza giuridica e la coerenza logico-formale delle argomentazioni svolte dal giudice di merito, cui è demandata in via esclusiva l’individuazione delle fonti del proprio convincimento, il controllo della loro attendibilità e concludenza e la scelta, tra le complessive risultanze del processo, di quelle ritenute maggiormente idonee a dimostrare la veridicità dei fatti ad esse sottesi (cfr. ex plurimis, Cass., Sez. VI, 13/01/2020, n. 331; Cass., Sez. V, 4/08/2017, n. 19547; Cass., Sez. lav., 14/11/2013, n. 25608);

che il mancato superamento del vaglio di credibilità delle dichiarazioni, correttamente condotto secondo i criteri indicati dal D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, consente di ritenere giustificato il mancato compimento di approfondimenti istruttori ulteriori in ordine alla situazione in atto nel Paese di origine del richiedente, in adempimento del dovere di cooperazione istruttoria officiosa posto a carico del giudice dal D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3, dal momento che tale dovere non opera laddove sia stato proprio il richiedente a declinare, con una versione dei fatti inaffidabile o inattendibile, la volontà di cooperare, quantomeno in relazione all’allegazione affidabile degli stessi (cfr. Cass., Sez. I, 12/06/2019, n. 15794; Cass., Sez. VI, 20/12/2018, n. 33096; 19/02/2019, n. 4892);

che, non essendo stati dedotti fatti nuovi a sostegno della domanda, e non avendo il ricorrente precisato gli aspetti delle proprie dichiarazioni in ordine ai quali intendeva fornire chiarimenti, la Corte d’appello non era tenuta neppure a disporne l’audizione, trattandosi di un adempimento che, al di fuori dei casi indicati o di quello in cui sia lo stesso giudice a ritenere necessaria l’acquisizione dei predetti chiarimenti, non ha carattere obbligatorio, anche nel caso in cui non sia disponibile la videoregistrazione del colloquio svoltosi dinanzi alla Commissione territoriale (cfr. Cass., Sez. I, 13/10/2020, n. 22049; 7/10/2020, n. 21584);

che con il secondo motivo il ricorrente deduce la violazione e la falsa applicazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3, e del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c), osservando che, nell’escludere la configurabilità della fattispecie prevista da quest’ultima disposizione, la Corte territoriale ha richiamato informazioni non aggiornate, senza tener conto di quelle più attuali da lui prodotte;

che il motivo è inammissibile, per difetto di specificità, risolvendosi la censura nella mera invocazione di fonti d’informazione alternative a quelle richiamate dalla sentenza impugnata, non accompagnata dalla specifica indicazione degli elementi dalle stesse desumibili, che avrebbero dovuto indurre la Corte d’appello a ritenere che in Nigeria sia in atto un conflitto armato d’intensità tale da esporre a rischio la vita o l’incolumità fisica di chiunque risieda nel territorio di quel Paese, per il solo fatto di soggiornarvi ed indipendentemente dal coinvolgimento personale del ricorrente negli scontri;

che, ai fini della dimostrazione della violazione del dovere di collaborazione istruttoria gravante sul giudice di merito, non è infatti sufficiente la prospettazione di una situazione complessiva del Paese di origine diversa da quella ricostruita dal giudice, sia pure sulla base del riferimento a fonti internazionali alternative o successive a quelle utilizzate dal provvedimento impugnato, ma il richiedente è tenuto a dimostrare, anche attraverso richiami testuali agli elementi di fatto risultanti dalle predette fonti, che il giudice di merito ha deciso sulla base di informazioni non più attuali, in modo tale da consentire a questa Corte un riscontro effettivo in ordine alla violazione del dovere di cooperazione istruttoria officiosa (cfr. Cass., Sez. I, 21/10/2019, n. 26728; v. anche Cass., Sez. I, 20/10/2020, n. 22769);

che il ricorso va pertanto rigettato, senza che occorra provvedere al regolamento delle spese processuali, avuto riguardo alla mancata costituzione dell’intimato.

PQM

rigetta il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso dallo stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, il 25 febbraio 2021.

Depositato in Cancelleria il 20 maggio 2021

 

 

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