Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13767 del 31/05/2017


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Cassazione civile, sez. I, 31/05/2017, (ud. 24/03/2017, dep.31/05/2017),  n. 13767

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DIDONE Antonio – Presidente –

Dott. CRISTIANO Magda – Consigliere –

Dott. BISOGNI Giacinto – Consigliere –

Dott. DE CHIARA Carlo – rel. Consigliere –

Dott. FERRO Massimo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso iscritto al n. 237/2013 R.G. proposto da:

FALLIMENTO (OMISSIS) S.A.S. (OMISSIS) (c.f. (OMISSIS)), in persona

del curatore Dott. B.L., rappresentato e difeso, per

procura speciale in calce al ricorso, dall’avv. Claudio Fabbricatore

(c.f. FBRCLD59T22F839S), con domicilio eletto presso la Cancelleria

della Corte Suprema di Cassazione;

– ricorrente –

contro

UFFICIO TERRITORIALE DEL GOVERNO – PREFETTURA DI NAPOLI (c.f.

(OMISSIS)), in persona del Prefetto p.t., rappresentato e difeso per

legge dall’Avvocatura Generale dello Stato (c.f. (OMISSIS)) e

domiciliato presso gli uffici della stessa in Roma, Via dei

Portoghesi n. 12;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Corte d’appello di Napoli n. 3436/2011

depositata il 9 novembre 2011;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 24

marzo 2017 dal Consigliere Dott. Carlo DE CHIARA;

udito per il ricorrente l’avv. Claudio FABBRICATORE;

udito il P.M., in persona dell’Avvocato Generale Dott. IACOVIELLO

Francesco Mauro, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

FATTI DI CAUSA

La Prefettura di Napoli propose istanza tardiva di ammissione al passivo del fallimento (OMISSIS) s.a.s. (OMISSIS), dichiarato dal Tribunale di Noia nel 2004, vantando un credito di Euro 118.229.432,50 per penali derivanti dall’inadempimento di un contratto stipulato il 14 marzo 2000, con il quale aveva venduto 1350 autoveicoli oggetto di sequestro amministrativo alla società, che li aveva in custodia ed aveva assunto, con il contratto, l’obbligo di provvedere alla loro rimozione, demolizione e successiva radiazione dal PRA (la Prefettura si impegnava a saldare, all’esito, il proprio debito del corrispettivo della custodia). Le penali scaturivano appunto dall’inadempimento di tali obblighi.

Il curatore del fallimento si oppose all’ammissione e il Tribunale respinse la domanda. Ritenne infatti che l’inadempimento degli obblighi di demolizione fosse ascrivibile al solo demolitore incaricato dalla (OMISSIS), mentre la clausola che (all’art. 3 del contratto) attribuiva a questa l’obbligo di procedere alla radiazione degli autoveicoli era nulla per impossibilità giuridica dell’oggetto, non possedendo la società i requisiti previsti dal D.Lgs. 5 febbraio 1997, n. 22, art. 46, comma 5, per curare le pratiche di radiazione, e disapplicò conseguentemente il decreto prefettizio di applicazione delle penali.

La Corte d’appello di Napoli, adita dalla Prefettura, ha riformato la sentenza di primo grado osservando che:

dall’art. 3 del contratto si evinceva la volontà dei contraenti di vincolare in ogni caso la custode e acquirente agli obblighi qualificabili come obbligazioni da mandato – connessi al disbrigo delle pratiche di demolizione e successiva radiazione degli autoveicoli;

la (OMISSIS) era responsabile, ai sensi dell’art. 1228 c.c. (responsabilità per fatto degli ausiliari), dell’inadempimento del demolitore che aveva incaricato, come consentito dal contratto, per l’espletamento dell’attività e delle pratiche relative alla demolizione degli autoveicoli;

quanto alle pratiche di radiazione, pur non essendo espressamente prevista dal contratto, la facoltà della (OMISSIS) di rivolgersi a un terzo abilitato, se essa stessa non era in possesso dei requisiti di legge per procedervi direttamente, era implicita nella volontà delle parti di conseguire un preciso risultato – la cancellazione appunto degli autoveicoli dal PRA – prevedendo che a ciò fosse tenuto il custode in adempimento di uno specifico mandato: in tal senso andava perciò interpretata la clausola contrattuale, affinchè avesse un qualche effetto, ai sensi dell’art. 1367 c.c.;

era dunque giustificata l’applicazione della penale prevista dall’art. 7 del contratto a fronte degli inadempimenti, mai messi in discussione dalla curatela, come precisati nel decreto prefettizio 4 aprile 2006; atto, questo, privo di alcuna “efficacia privilegiata…, che – emesso in applicazione di apposita clausola contrattuale (art. 7) – si limitava a prevedere il recupero del credito “nei modi di legge” e quindi non ha alcuna affinità con l’ordinanza ingiunzione (che è titolo esecutivo)”, onde era ingiustificata la contestazione della sua legittimità per violazione della relativa disciplina, quali l’obbligatoria indicazione, nel provvedimento, del termine e dell’autorità competente per l’impugnazione.

La Corte ha pertanto ammesso il credito al passivo fallimentare, in chirografo, sia pure abbattendone l’importo ad Euro 746.850,66, in applicazione del potere riduttivo del giudice, ai sensi dell’art. 1384 c.c., sul rilievo che l’ammontare delle penali previste dal contratto era manifestamente eccessivo.

La curatela ha proposto ricorso per cassazione con due motivi. La Prefettura si è difesa con controricorso.

La causa, inizialmente indirizzata verso la procedura camerale su relazione ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., che ipotizzava l’inammissibilità dei motivi di ricorso, è stata dal Collegio rimessa alla pubblica udienza.

La ricorrente ha presentato anche memorie.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo di ricorso, denunciando violazione degli artt. 1470, 1367, 1418, 1326 e 1382 c.c., si censura:

a) la qualificazione del contratto – benchè nominato dalle parti quale vendita – come contratto misto con mandato in riferimento agli obblighi di demolizione e radiazione degli autoveicoli: questi ultimi, infatti, con la vendita erano divenuti proprietà della (OMISSIS), che perciò era l’unica titolare, in quanto tale e non in quanto mandataria, dei predetti obblighi, al cui adempimento la Prefettura non poteva avere alcun interesse contrattualmente rilevante;

b) l’applicazione del criterio ermeneutico di cui all’art. 1367 c.c., nonostante il contratto sia ben chiaro nel distinguere tra l’attività di demolizione e quella di radiazione degli autoveicoli, prevedendo solo per la prima la facoltà, per la custode e acquirente, di avvalersi di terzi per l’espletamento delle relative pratiche;

c) l’omesso rilievo d’ufficio di un’altra ragione di nullità della clausola attributiva degli obblighi di demolizione e radiazione alla società, consistente nella mancanza di “causa concreta” per il difetto di un interesse della controparte – la Prefettura – che potesse giustificare la previsione di penali così gravose;

d) la nullità della clausola penale per l’insussistenza della sua funzione tipica di liquidazione anticipata del danno e la presenza, invece, di una finalità sanzionatoria estranea al nostro ordinamento e, anzi, contraria allo stesso ordine pubblico interno.

1.1. La censura sub a) è inammissibile perchè attiene a statuizione non decisiva. La qualificazione del contratto come contratto misto con mandato, invero, è un passaggio dal quale la sentenza impugnata non fa derivare (e non derivano) particolari conseguenze, rilevando – ai fini dell’applicazione delle penali, e dunque del sorgere del credito in contestazione – esclusivamente la sussistenza o meno degli obblighi della (OMISSIS) di demolizione e radiazione degli autoveicoli e del loro inadempimento: che si trattasse di obblighi derivanti da un mandato o da un altro titolo giuridico è di per sè privo di rilevanza.

1.2. La censura sub b) è infondata, perchè la mancata espressa previsione contrattuale, quanto all’obbligo di radiazione, della facoltà di avvalersi di terzi abilitati, prevista invece espressamente quanto all’obbligo di demolizione, pone ragionevolmente la questione se la stessa sia indice della volontà di escludere tale facoltà, oppure no.

1.3. La censura sub c) è infondata, essendo del tutto ingiustificato l’assunto della mancanza di un interesse della Prefettura all’esecuzione della demolizione e radiazione degli autoveicoli, interesse la cui sussistenza è stata invece accertata dalla Corte d’appello, che ha individuato nella cancellazione degli autoveicoli dal PRA un obiettivo del contratto, coerente, del resto, con le funzioni istituzionali della Prefettura in materia di circolazione stradale.

1.4. La censura sub d) è infondata perchè quella prevista dal contratto in esame è stata correttamente qualificata dal giudice a quo come penale prevista per l’inadempimento. L’affermazione del ricorrente secondo cui si tratterebbe di altro, e cioè della previsione di danni punitivi, è priva di qualsiasi base negli accertamenti di fatto del giudice di merito, e il riconoscimento, da parte del medesimo giudice, della manifesta eccessività del suo importo, ai sensi dell’art. 1384 c.c., non fa che confermarne l’indicata natura.

2. Con il secondo motivo di ricorso, denunciando violazione dell’art. 2697 c.c. e dell’art. 115 c.p.c., nonchè vizio di motivazione: (a) si contesta che la curatela abbia riconosciuto la sussistenza degli inadempimenti a base dell’applicazione delle penali, che dunque la Prefettura aveva l’onere di provare, e (b) si censura la statuizione di irrilevanza delle contestazioni riguardanti la regolarità del decreto prefettizio 4 aprile 2006, dovendosi escludere la sussistenza di qualsiasi potere autoritativo in capo alla Prefettura nello svolgimento del rapporto contrattuale.

2.1. Il motivo non può trovare accoglimento sotto nessuno dei due profili in cui si articola: quanto al primo, perchè non è il creditore a dover dare la prova dell’inadempimento del debitore, bensì quest’ultimo a dover dare la prova dell’adempimento (art. 1218 c.c.); quanto al secondo, perchè il ricorrente non si dà carico della effettiva ratio, sul punto, della decisione impugnata, con la quale la Corte d’appello, con le frasi testualmente riportate sopra in narrativa, ha inteso appunto affermare il carattere puramente negoziale, e non autoritativo, del decreto prefettizio in questione.

3. Il ricorso va in conclusione respinto.

Le spese processuali, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.

PQM

 

La Corte rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento, in favore dell’amministrazione controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 6.000,00 per compensi, oltre alle spese forfetarie nella misura del 15 per cento, alle spese prenotate a debito ed agli accessori di legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 24 marzo 2017.

Depositato in Cancelleria il 31 maggio 2017

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