Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13767 del 19/05/2021

Cassazione civile sez. VI, 20/05/2021, (ud. 25/02/2021, dep. 20/05/2021), n.13767

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BISOGNI Giacinto – Presidente –

Dott. FERRO Massimo – Consigliere –

Dott. DI MARZIO Mauro – Consigliere –

Dott. MERCOLINO Guido – rel. Consigliere –

Dott. FIDANZIA Andrea – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 22838/2019 R.G. proposto da:

RISCOSSIONE SICILIA S.P.A. – AGENTE DELLA RISCOSSIONE PER LA

PROVINCIA DI (OMISSIS), in persona del presidente del consiglio di

amministrazione p.t. B.V., rappresentata e difesa dall’Avv.

Giuseppe Balistreri, con domicilio eletto in Roma, via R. Grazioli

Lante, n. 15/a, presso lo studio dell’Avv. Stefano Paniccia;

– ricorrente –

contro

FALLIMENTO DELLA (OMISSIS) S.N.C.;

– intimato –

avverso il decreto del Tribunale di Caltanissetta depositato il 27

giugno 2019.

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 25 febbraio

2021 dal Consigliere Guido Mercolino.

 

Fatto

RILEVATO

che:

la Riscossione Sicilia S.p.a., Agente della riscossione per la provincia di (OMISSIS), ha proposto ricorso per cassazione, per due motivi, avverso il decreto del 27 giugno 2019, con cui il Tribunale di Caltanissetta ha rigettato l’opposizione da essa proposta avverso lo stato passivo del fallimento della (OMISSIS) S.n.c., ed avente ad oggetto l’ammissione al passivo di crediti di tributari, in via privilegiata per complessivi Euro 2.525.342,39, ed in via chirografaria per complessivi Euro 79.629,39;

che il curatore del fallimento non ha svolto attività difensiva.

Diritto

CONSIDERATO

che:

con il primo motivo d’impugnazione la ricorrente denuncia il difetto di giurisdizione del Giudice ordinario, censurando il decreto impugnato per aver dichiarato la prescrizione dei crediti azionati, documentati mediante la produzione di copia autentica degli estratti di ruolo e delle relate di notifica delle cartelle, senza tener conto della natura tributaria degli stessi, aventi ad oggetto diritti camerali, tributi del Comune di (OMISSIS) e tributi vari di competenza dell’Amministrazione finanziaria, in ordine ai quali la giurisdizione spettava alle Commissioni tributarie, ai sensi del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 2, come sostituito dalla L. 28 dicembre 2001, n. 448, art. 12, comma 2;

che il motivo è infondato;

che, in tema di riparto della giurisdizione in ordine alle controversie in materia tributaria, le Sezioni Unite di questa Corte hanno sottoposto recentemente a revisione l’orientamento invocato dalla ricorrente, secondo cui l’attribuzione alle Commissioni tributarie della cognizione di tutte le controversie aventi ad oggetto i tributi di ogni genere e specie si estende ad ogni questione riguardante l’an o il quantum del tributo, arrestandosi unicamente di fronte agli atti della esecuzione tributaria, con la conseguenza che, ove in sede di ammissione al passivo fallimentare il curatore eccepisca la prescrizione del credito tributario verificatasi successivamente alla notifica della cartella di pagamento, la controversia deve ritenersi devoluta alla cognizione del giudice cui spetta la giurisdizione in merito alla predetta obbligazione (cfr. Cass., Sez. Un., 13/06/2017, n. 14648; 19/11/2007, n. 23832);

che, in contrario, si è infatti osservato che la notifica della cartella di pagamento non impugnata (o vanamente impugnata) dal contribuente nel giudizio tributario determina il consolidamento della pretesa fiscale e l’apertura di una fase che, per chiara disposizione normativa, sfugge alla giurisdizione del Giudice tributario, non essendo più in discussione l’esistenza dell’obbligazione tributaria nè il potere impositivo sussumibile nello schema potestà-soggezione che è proprio del rapporto tributario;

che è stata altresì richiamata la sentenza della Corte costituzionale n. 114 del 2018, che, nel dichiarare costituzionalmente illegittimo il D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, art. 57, comma 1, lett. a), come sostituito dal D.Lgs. 26 febbraio 1999, n. 46, art. 16, nella parte in cui prevedeva che, nelle controversie riguardanti gli atti dell’esecuzione forzata tributaria successivi alla notifica della cartella di pagamento o all’avviso di cui al D.P.R. n. 602 del 1973, art. 50, non fossero ammesse le opposizioni regolate dall’art. 615 c.p.c., ha affermato che la linea di demarcazione della giurisdizione è posta dalla cartella di pagamento e dall’eventuale successivo avviso recante l’intimazione ad adempiere, nel senso che fino a questo limite la cognizione degli atti dell’Amministrazione, espressione del potere di imposizione fiscale, è devoluta alla giurisdizione del Giudice tributario, mentre a valle la giurisdizione spetta al Giudice ordinario e segnatamente al giudice dell’esecuzione;

che, sulla base delle predette considerazioni, le Sezioni Unite hanno pertanto concluso che, ove in sede di ammissione al passivo fallimentare il curatore eccepisca la prescrizione del credito tributario maturata successivamente alla notifica della cartella di pagamento, che segna il consolidamento della pretesa fiscale e l’esaurimento del potere impositivo, viene in considerazione un fatto estintivo dell’obbligazione tributaria di cui non deve conoscere il Giudice tributario, ma il giudice delegato in sede di verifica dei crediti e il tribunale in sede di opposizione allo stato passivo e di insinuazione tardiva (cfr. Cass., Sez. Un., 24/12/2019, n. 34447);

che il predetto principio deve ritenersi applicabile anche nel caso in esame, essendo stato accertato che la notificazione delle cartelle di pagamento allegate a sostegno della pretesa azionata ha avuto luogo oltre cinque anni prima della proposizione delle istanze di insinuazione al passivo;

che con il secondo motivo la ricorrente deduce la nullità del decreto impugnato, per violazione dell’art. 2948 c.c., sostenendo che i crediti erariali per la riscossione delle imposte, a seguito di accertamento divenuto definitivo, non sono soggetti al termine di prescrizione quinquennale prevista dall’art. 2948 c.c., ma a quello ordinario di prescrizione decennale di cui all’art. 2946 c.c., decorrente dalla data in cui l’accertamento diventa definitivo per mancata impugnazione;

che il motivo è infondato;

che, in tema di riscossione mediante ruolo o comunque di riscossione coattiva sia dei crediti degli enti previdenziali che di quelli relativi ad entrate dello Stato, sia tributarie che extratributarie, o ancora di crediti degli enti territoriali, nonchè di sanzioni amministrative per violazione di norme tributarie o amministrative, questa Corte ha infatti affermato che la scadenza del termine perentorio previsto per l’opposizione o l’impugnazione di un atto di riscossione produce soltanto l’effetto sostanziale dell’irretrattabilità del credito, ma non anche la conversione del termine di prescrizione breve eventualmente previsto per il credito azionato in quello ordinario decennale di cui all’art. 2953 c.c., a meno che il relativo accertamento non sia divenuto definitivo per il passaggio in giudicato della sentenza (cfr. Cass., Sez. Un., 17/11/2016, n. 23397; Cass., Sez. VI, 19/12/2019, n. 33797; 15/05/2018, n. 11800);

che il ricorso va pertanto rigettato, senza che occorra provvedere al regolamento delle spese processuali, avuto riguardo alla mancata costituzione dell’intimato.

PQM

rigetta il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, il 25 febbraio 2021.

Depositato in Cancelleria il 20 maggio 2021

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