Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13766 del 31/05/2017
Cassazione civile, sez. I, 31/05/2017, (ud. 24/03/2017, dep.31/05/2017), n. 13766
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. DIDONE Antonio – Presidente –
Dott. CRISTIANO Magda – Consigliere –
Dott. BISOGNI Giacinto – Consigliere –
Dott. DE CHIARA Carlo – rel. Consigliere –
Dott. FERRO Massimo – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS) S.R.L. (c.f. (OMISSIS)), in persona del suo amministratore
in Italia, geom. V.C., rappresentata e difesa, per procura
speciale a margine del ricorso, dall’avv. Luciano Sampietro (c.f.
SMPLCN47B15L424N) e dall’avv. prof. Franco Picciaredda (c.f.
PCCFNC47L12H501F), con domicilio eletto presso lo studio del secondo
in Roma, Via Panama n. 95;
– ricorrente –
contro
FALLIMENTO (OMISSIS) S.R.L.;
– intimato –
e contro
EQUITALIA NORD S.P.A., in persona dell’amministratore delegato e
legale rappresentante sig. R.G., rappresentata e difesa,
per procura speciale in calce al controricorso, dall’avv. Sergio
Orzan (c.f. RZNSRG56D05E098B), con domicilio eletto in Roma, Via
Francesco De Sanctis n. 4, presso l’avv. Glauco Manzia;
– controricorrente –
avverso la sentenza della Corte di appello di Trieste n. 80/13
depositata il 31 gennaio 2013;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 24
marzo 2017 dal Consigliere Dott. Carlo DE CHIARA;
udito il P.M., in persona dell’Avvocato Generale Dott. IACOVIELLO
Francesco Mauro, che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso.
Fatto
FATTI DI CAUSA
1. – La Corte d’appello di Trieste ha respinto il reclamo proposto dalla (OMISSIS) s.r.l. avverso la sentenza dichiarativa del proprio fallimento, pronunciata dal Tribunale di Gorizia il 18 luglio 2012 su istanza di Equitalia Friuli Venezia Giulia s.p.a..
La Corte ha escluso che fosse decorso il termine annuale di cui alla L. Fall., art. 10, dalla cancellazione della società dal registro delle imprese disposta a seguito di trasferimento della sede in Brasile, osservando in proposito:
che tale termine si applica alle società solo nei casi di cancellazione per avvenuta liquidazione, ai sensi dell’art. 2495 c.c. e non anche di cancellazione per trasferimento all’estero;
che peraltro non vi era prova che il trasferimento fosse stato posto in essere in conformità alle leggi di entrambi gli stati interessati e sussistevano ragioni, evidenziate dagli accertamenti della Guardia di Finanza in atti, per ritenere che lo stesso fosse fittizio e posto in essere al fine di sottrarsi agli ingenti debiti tributari in Italia.
2. – La società fallita ha proposto ricorso per cassazione, cui ha resistito con controricorso Equitalia Nord s.p.a., che ha incorporato la società creditrice istante.
Il ricorso, trattato inizialmente con rito camerale su relazione ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., è stato poi discusso in pubblica udienza su disposizione del Collegio.
Il Collegio ha deliberato che la motivazione della presente sentenza sia redatta in forma semplificata, non ponendosi questioni rilevanti ai fini della funzione nomofilattica di questa Corte.
Diritto
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Con il primo motivo di ricorso, denunciando violazione della L. Fall., art. 10, in relazione all’art. 9, commi 2 e 4 e dell’art. 2495 c.c., nonchè vizio di motivazione, si contesta che il termine annuale di cui alla L. Fall., art. 10, trovi applicazione soltanto nel caso di cancellazione della società dal registro delle imprese a seguito di liquidazione, e non anche di cancellazione per trasferimento della sede all’estero.
1.1. Il motivo è infondato perchè, laddove la cancellazione di una società dal registro delle imprese italiano sia avvenuta non a compimento del procedimento di liquidazione dell’ente, o per il verificarsi di altra situazione che implichi la cessazione dell’esercizio dell’impresa e da cui la legge faccia discendere l’effetto necessario della cancellazione, bensì come conseguenza del trasferimento all’estero della sede della società, e quindi sull’assunto che questa continui, invece, a svolgere attività imprenditoriale, benchè in altro stato, non trova applicazione la L. Fall., art. 10, atteso che un siffatto trasferimento, almeno nelle ipotesi in cui la legge applicabile nella nuova sede concordi sul punto con i principi desumibili dalla legge italiana, non determina il venir meno della continuità giuridica della società trasferita e non ne comporta, quindi, in alcun modo, la cessazione dell’attività, come peraltro agevolmente desumibile dal disposto dell’art. 2437 c.c., comma 1, lett. c) e art. 2473 c.c., comma 1 (Cass. Sez. U. 11/03/2013, n. 5945).
2. Con il secondo motivo, denunciando violazione degli artt. 2193 e 2191 c.c. e della L. Fall., art. 10, si sostiene che la presunzione di veridicità del trasferimento della sede all’estero, insita nell’iscrizione del trasferimento stesso nel registro delle imprese, poteva essere superata soltanto in forza di un decreto del giudice del registro di cancellazione di tale iscrizione, che invece non era stato adottato.
2.1. Il motivo è infondato perchè, laddove la cancellazione di una società dal registro delle imprese italiano sia avvenuta come conseguenza dell’asserito trasferimento all’estero della sua sede sociale, il successivo accertamento del carattere fittizio del trasferimento non è precluso dal fatto che non sia preventivamente intervenuto, alla stregua dell’art. 2191 c.c., alcun provvedimento di segno opposto alla cancellazione stessa, atteso che per poter fornire la prova contraria alle risultanze della pubblicità legale riguardanti la sede dell’impresa non occorre precedentemente ottenere dal giudice del registro una pronuncia che ripristini, anche sotto il profilo formale, la corrispondenza tra la realtà effettiva e quella risultante dal registro (Cass. Sez. U. 18/04/2013, n. 9414).
Va aggiunto che non possono essere prese in considerazione le ulteriori ragioni addotte dalla ricorrente, a fondamento della contestazione del carattere fittizio del trasferimento di sede, con la memoria presentata ai sensi dell’art. 378 c.p.c.. Tale memoria, infatti, è destinata ad illustrare, non certo ad integrare i motivi di ricorso.
3. Il ricorso va in conclusione respinto.
Le spese processuali, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.
PQM
La Corte rigetta il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 5.000,00 per compensi, oltre alle spese forfetarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge.
Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, dichiara la sussistenza dei presupposti dell’obbligo di versamento, a carico della parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.
Motivazione semplificata.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 24 marzo 2017.
Depositato in Cancelleria il 31 maggio 2017