Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13765 del 06/07/2016


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Cassazione civile sez. trib., 06/07/2016, (ud. 10/06/2016, dep. 06/07/2016), n.13765

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PICCININNI Carlo – Presidente –

Dott. BOTTA Raffaele – Consigliere –

Dott. MELONI Marina – Consigliere –

Dott. STALLA Giacomo Maria – rel. Consigliere –

Dott. SOLAINI Luca – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 28887-2011 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

T.E., T.G., B.R. in

proprio e nq di eredi di TE.GA., B.A.,

B.N., B.A., BO.AN. in

proprio e nq di eredi di S.A.M. e B.M.,

BA.DI., S.A.M. (deceduta), elettivamente

domiciliati in ROMA PIAZZALE CLODIO 32, presso lo studio

dell’avvocato LIDIA SGOTTO CIABATTINI, che li rappresenta e difende

unitamente all’avvocato BASSANO BARONI giusta delega in atti;

– controricorrenti –

e contro

EQUITALIA ESATRI SPA;

– intimato –

avverso la sentenza n. 132/2010 della COMM.TRIB.REG. di MILANO,

depositata il 04/10/2010;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

10/06/2016 dal Consigliere Dott. GIACOMO MARIA STALLA;

udito per il ricorrente l’Avvocato MADDALO che si oppone al

deposito del documento di mancata impugnazione non notificato nei

termini all’Avvocatura; nel merito si riporta agli atti;

udito per il controricorrente l’Avvocato SGOTTO CIABATTINI che si

riporta agli scritti e deposita certificazione di mancata

impugnazione;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. DEL

CORE Sergio, che si associa all’opposizione dell’Avvocatura e nel

merito chiede il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL GIUDIZIO

L’agenzia delle entrate propone quattro motivi di ricorso per la cassazione della sentenza n. 132/24/10 del 4 ottobre 2010 con la quale la commissione tributaria regionale di Milano – a conferma, sebbene con diversa motivazione, della prima decisione – ha ritenuto l’invalidità di otto cartelle di pagamento notificate nel gennaio 2008 da Equitalia agli odierni controricorrenti. Cartelle conseguenti all’avviso di liquidazione 21 maggio 2007 per imposta di registro, ipotecaria e catastale, con il quale l’agenzia delle entrate aveva contestato, con riguardo all’atto 3 giugno 2004 di vendita di un terreno edificabile, l’insussistenza dei presupposti dell’agevolazione L. n. 388 del 2000, ex art. 33, comma 3 trattandosi di atto antecedente, e non successivo, alla stipulazione della convenzione urbanistica per la realizzazione di un piano di lottizzazione.

In particolare, nella sentenza qui impugnata la commissione tributaria regionale – dopo aver preso atto che l’avviso di liquidazione era stato autonomamente impugnato, ed annullato dalla commissione tributaria provinciale con sentenza non ancora passata in giudicato – ha ritenuto di accogliere il motivo di opposizione riproposto in appello dai contribuenti (e già ritenuto assorbito dal primo giudice), relativo alla natura suppletiva della imposta in oggetto e, conseguentemente, alla preclusione della sua riscossione frazionata in corso di giudizio D.P.R. n. 131 del 1986, ex art. 56, comma 1, lett. b) e D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 68, comma 3.

Resistono i contribuenti con controricorso; nessuna attività difensiva è stata posta in essere da Equitalia. I contribuenti hanno altresì depositato memoria ex art. 378 c.p.c., nella quale deducono la sopravvenienza di giudicato esterno di annullamento dell’avviso di liquidazione prodromico alle cartelle qui opposte.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Con il primo articolato motivo di ricorso l’agenzia delle entrate lamenta – ex art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5 – violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 131 del 1986, artt. 42 e 56; L. n. 350 del 2003, art. 2, comma 30; L. n. 388 del 2000, art. 33, comma 3; per avere la commissione tributaria regionale erroneamente ritenuto suppletiva l’imposta in oggetto, nonostante che la ritenuta insussistenza dei presupposti dell’agevolazione ex art. 33 cit.

dipendesse dalla anteriorità della convenzione urbanistica rispetto all’atto di vendita. Lamenta altresì (motivo 1 bis) insufficiente motivazione circa un fatto decisivo e controverso del giudizio, appunto insito nella circostanza che la convenzione urbanistica fosse intervenuta successivamente all’atto di compravendita, così come testualmente evincibile dalla stessa convenzione, che richiamava il precedente atto di acquisto del terreno.

Con il secondo motivo di ricorso l’agenzia delle entrate deduce violazione e falsa applicazione della L. n. 212 del 2000, art. 6;

D.P.R. n. 602 del 1973, art. 25; D.Lgs. n. 46 del 1999, artt. 4 e 10;

D.I. n. 321 del 1999, art. 1 e seg.; D.Lgs. n. 471 del 1997, art. 13 e segg.; per non avere la commissione tributaria regionale rilevato che “la motivazione dell’atto impositivo” era immune da censure, perchè facente specifica indicazione delle ragioni di diritto e di fatto su cui si fondava la pretesa fiscale (ritenuta decadenza dalle agevolazioni fiscali stante l’anteriorità dell’atto di trasferimento alla convenzione urbanistica).

Con il terzo motivo di ricorso si deduce violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 131 del 1986, art. 56 e D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 68, comma 3; dal momento che queste disposizioni, preclusive della riscossione frazionata in corso di giudizio dell’imposta suppletiva, non erano applicabili al caso di specie; nel quale l’ufficio aveva inteso procedere a riscossione di una maggiore imposta di registro avente natura non suppletiva ma complementare.

Con il quarto motivo di ricorso si deduce identica censura, ma ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4; per l’ipotesi in cui si dovesse ravvisare, nella decisione impugnata, un error in procedendo.

2. Va accolta, con effetto dirimente delle censure così proposte, l’eccezione di giudicato dedotta dai controricorrenti.

E’ in atti l’attestazione 6 giugno 2016 della segreteria della commissione tributaria regionale di Milano circa l’avvenuto passaggio in giudicato della sentenza n. 36/3/11 del 7 marzo 2011 con la quale la commissione tributaria regionale di Milano – a conferma della prima decisione di cui in CTP Milano n. 13/42/08 – ha sancito l’infondatezza della pretesa tributaria portata dall’avviso di liquidazione sulla base del quale sono poi state emesse le cartelle di pagamento qui opposte.

Il giudicato in oggetto si è formato anche nei diretti confronti degli odierni controricorrenti, colà intervenuti per fare autonomamente valere l’illegittimità dell’avviso di decadenza dall’agevolazione L. n. 388 del 2000, ex art. 33, comma 3;

agevolazione di cui hanno sostenuto la spettanza anche nell’ipotesi in cui la convenzione urbanistica sia intervenuta successivamente all’atto di acquisto registrato in regime di favore.

Con il definitivo accoglimento di questa tesi da parte del giudice regionale, la pretesa impositiva deve ritenersi ormai venuta meno nel suo sostrato fondamentale; con conseguente travolgimento delle cartelle di pagamento su di essa basate.

Va del resto considerato che l’amministrazione finanziaria non ha contestato l’avvenuta formazione del giudicato a sè sfavorevole, nè l’effetto consequenziale di caducazione da esso arrecato alle cartelle di pagamento emesse in fase di riscossione; essa si è infatti limitata, nel corso dell’odierna udienza di discussione, ad eccepire la irritualità della produzione in giudizio della suddetta attestazione di segreteria, in quanto effettuata in udienza senza previa notificazione ex art. 372 c.p.c., comma 2.

Questa eccezione di rito non può trovare accoglimento.

Va intanto osservato che il giudicato concreta un comando giuridico di conformazione a sè del rapporto litigioso, mutuando in ciò natura sostanzialmente equiparabile a quella normativa.

Ne consegue che esso deve venire rilevato dal giudice – anche d’ufficio – in ogni stato e grado del procedimento; e, dunque, anche in sede di legittimità.

Questo principio – che presuppone la deducibilità del giudicato esterno tra le parti anche nel giudizio di cassazione – “costituisce garanzia di stabilità, collegata all’attuazione dei principi costituzionali del giusto processo e della ragionevole durata, i quali escludono la legittimità di soluzioni interpretative volte a conferire rilievo a formalismi non giustificati da effettive e concrete garanzie difensive” (Cass. 11219/14); con la conseguenza che i relativi documenti dimostrativi possono essere prodotti, dalla parte regolarmente costituitasi, fino all’udienza di discussione avanti alla S.C..

Conclusione, quest’ultima, del resto collimante con quanto stabilito dall’art. 372 c.p.c., comma 1, dal momento che la produzione relativa alla sopravvenuta formazione – come detto – di una vera e propria regula iuris alla quale il giudice ha il dovere di conformarsi in relazione al caso concreto, concerne documenti che possono comprovare (come è reso evidente nella specie) una circostanza influente sullo stesso interesse delle parti alla decisione, essendo con ciò riconducibili – ex art. 372 cit. – alla categoria dei documenti riguardanti l’ammissibilità del ricorso e del controricorso (Cass. cit.).

Quanto alla mancata notificazione del documento alla controparte ai sensi del comma 2 disposizione testè menzionata, va richiamata la suddetta valutazione di prevalenza della immediata e cogente portata precettiva del giudicato tra le parti, sull’applicazione formalistica di regole processuali non incidenti sulla salvezza del contraddittorio.

E si è su questa premessa stabilito che la mancata notificazione del documento concernente l’ammissibilità del ricorso, anche relativo al sopravvenire del giudicato esterno tra le parti, non preclude la produzione e l’utilizzabilità del documento stesso allorquando risulti che il contraddittorio su di esso sia stato comunque garantito (SSUU 5781/81; SSUU 450/00; Cass. 21729/13; Cass. 11365/15).

Ora, facendo applicazione di tali principi nel caso di specie, va ritenuto che i controricorrenti, regolarmente costituitisi nel presente giudizio, abbiano legittimamente fornito la prova del giudicato (sopravvenuto al deposito del loro controricorso) mediante la produzione in udienza del relativo attestato di segreteria. Nè tale produzione in udienza, ancorchè non previamente notificata alla controparte, ha menomato il diritto al contraddittorio della agenzia delle entrate, dal momento che la sopravvenienza del giudicato di infondatezza della pretesa tributaria, già ipotizzata nello stesso controricorso in pendenza del termine di impugnazione della sentenza poi divenuta definitiva, è stata qui formalmente dedotta dai contribuenti nel primo atto difensivo a loro concesso, vale a dire la memoria ex art. 378 c.p.c..

Inoltre, l’amministrazione finanziaria – presente all’udienza – ha avuto modo di prendere piena contezza del giudicato e di interloquire su di esso nel corso della discussione (ancorchè ciò sia accaduto, come detto, per soli profili di ordine procedurale); nè può omettersi di considerare che il documento non notificato verteva su una circostanza (la mancata impugnazione della su citata sentenza CTR Milano) alla quale la stessa agenzia delle entrate aveva dato corso, così da doversi ritenere ad essa certamente nota fin dal suo verificarsi.

Ne segue, in definitiva, statuizione di inammissibilità, atteso il mancato interesse dell’amministrazione finanziaria ad un ricorso per cassazione volto a sostenere la legittimità di cartelle di pagamento basate su un atto impositivo prodromico ormai definitivamente caducato.

Le spese, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.

PQM

LA CORTE – dichiara inammissibile il ricorso;

– condanna parte ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, che liquida in Euro 5.000,00 oltre rimborso forfettario spese generali ed accessori di legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della sezione quinta civile, il 10 giugno 2016.

Depositato in Cancelleria il 6 luglio 2016

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