Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13764 del 31/05/2017

Cassazione civile, sez. I, 31/05/2017, (ud. 16/03/2017, dep.31/05/2017),  n. 13764

 

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. AMBROSIO Annamaria – Presidente –

Dott. DI MARZIO Fabrizio – Consigliere –

Dott. MARULLI Marco – Consigliere –

Dott. FALABELLA Massimo – Consigliere –

Dott. DOLMETTA Aldo Angelo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 27468/2015 proposto da:

R.N., R.G.B., elettivamente domiciliati in

Roma, via F. Cesi n. 30, presso l’avvocato Mancuso Pierluigi,

rappresentati e difesi dall’avvocato Chiariello Giancarlo, giusta

procura in calce al ricorso;

– ricorrenti –

contro

Banca Popolare di Bari Soc. Coop. per Azioni, in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma,

piazza Barberini n. 12, presso lo Studio Visentini Marchetti &

Associati, rappresentata e difesa dall’avvocato Giannelli Gianvito,

giusta procura a margine del controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 2102/2014 della CORTE D’APPELLO di BARI,

depositata il 23/12/2014;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

16/03/2017 dal cons. ALDO ANGELO DOLMETTA;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CAPASSO Lucio, che ha chiesto l’accoglimento per quanto di ragione

del terzo motivo di ricorso e per il rigetto dei primi due motivi;

udito, per i ricorrenti, l’avvocato Giancarlo Chiarello che ha

chiesto l’accoglimento del ricorso;

udito, per la controricorrente, l’avvocato Gianvito Giannelli che ha

chiesto il rigetto del ricorso.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1.- R.N. e R.G.B. ricorrono per cassazione nei confronti della Banca Popolare di Bari, articolando tre motivi avverso la sentenza emessa dalla Corte di Appello di Bari in data 23 dicembre 2014, n. 2102.

2.- La controversia, che è presentata all’esame di questa Corte, prende avvio dall’atto di citazione con cui i fratelli R.N. e R.G.B. convengono, nel novembre del 2001, la Banca Popolare. Con tale atto essi assumono – in relazione a una serie di operazioni di investimento finanziario connesse a una provvista portata da taluni libretti di risparmio a loro cointestati – che non è stata rispettata la forma scritta prescritta dalla legge e chiedono che la Banca sia condannata alla restituzione di quanto così indebitamente percepito e al risarcimento del danno che ne risulta conseguente.

Costituitasi per resistere la Banca e pure svoltasi nel prosieguo un’articolata istruttoria, il Tribunale di Bari, con pronuncia depositata il 4 settembre 2006, rileva la mancanza di forma scritta per tutti gli ordini di investimento in questione meno che per sei, per i quali risulta invece la sottoscrizione di R.N.; e dichiara la nullità degli ordini facenti parte del primo gruppo, inoltre condannando la Banca alla restituzione delle relative somme.

Contro la pronuncia interpone appello la Banca; e così pure fanno, in via incidentale, i fratelli R., che nell’occasione formulano espressa richiesta di dichiarazione di nullità del contratto quadro, oltre che di tutti gli ordini relativi alle operazioni dedotte in causa, compresi quelli per cui consta la sottoscrizione di R.N.. La Corte di Appello di Bari, con sentenza del 19 novembre 2009, conferma integralmente la pronuncia di primo grado, pure ritenendo la novità della domanda di nullità del contratto quadro.

3.- Alla decisione della Corte territoriale fa seguito lo svolgimento di un primo giudizio di cassazione, instaurato da apposito ricorso dei fratelli R. e al quale la Banca resiste, pure essa proponendo ricorso per via incidentale.

Il giudizio è concluso dalla sentenza 1 giugno 2012, n. 8869 di questa Corte, che accoglie il primo motivo del ricorso principale (inammissibile il secondo, assorbito il terzo, infondato l’ultimo); rigetta il ricorso incidentale; e, nel cassare con rinvio l’impugnata sentenza della Corte barese, enuncia il principio per cui, “se il giudice di primo grado si sia pronunciato su una domanda o un’eccezione della quale egli ritiene di essere stato ritualmente investito, e la sua pronuncia sia stata impugnata nel merito dalla parte che vi abbia interesse, senza che l’altra parte abbia formulato una contrapposta impugnazione per sostenere che il primo giudice non avrebbe dovuto affatto pronunciarsi perchè la domanda o l’eccezione non erano state proposte (o non lo erano state ritualmente), il giudice di appello non può omettere di pronunciarsi a propria volta nel merito negando che detta domanda o detta eccezione fossero state effettivamente proposte in primo grado e deducendone che esse non potrebbero perciò trovare ingresso in appello”.

4.- Riassumendo nell’ottobre 2012 il giudizio avanti alla Corte di Bari, i fratelli R. chiedono la dichiarazione di nullità del contratto quadro e di tutti gli ordini relativi alle operazioni finanziarie in questione, come sempre riferite a provvista formata da libretti di deposito a loro cointestati; e insistono per la condanna della Banca alle conseguenti restituzioni. Quest’ultima si costituisce per resistere a tali domande.

Con la già richiamata sentenza n. 2102/2014, la Corte di Appello di Bari dichiara la nullità del contratto quadro e di tutti gli ordini nei confronti di R.N.; respinge la domanda di nullità del quadro rispetto a R.G.B., constando la sottoscrizione di quest’ultimo in calce al relativo documento; nei confronti dello stesso dichiara la nullità di tutti gli ordini, meno quelli del gruppo per i quali consta la sottoscrizione di R.N.; inoltre, condanna la Banca a versare a R.N. una somma pari al 50% del montante risultante dagli investimenti facenti parte del detto gruppo (ferme peraltro le somme relative agli altri investimenti, a suo tempo già corrisposte dalla Banca ai fratelli).

5.- Contro il ricorso adesso dispiegato da R.N. e R.G.B. resiste la Banca Popolare, che deposita apposito controricorso.

Entrambe le parti depositano memoria ai sensi dell’art. 378 cod. proc. civ..

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1.- I motivi di ricorso, che sono stati formulati da R.N. e R.G.B., denunziano i vizi che qui di seguito vengono riportati.

Il primo motivo lamenta, così, “violazione e/o falsa applicazione dell’art. 384 cod. proc. civ., comma 2, per aver dichiarato validi gli ordini di negoziazione a firma di R.N. nei confronti del fratello R.G.B. nonostante la dichiarazione di nullità del contratto quadro per mancata sottoscrizione da parte del nominato R.N., in contrasto con il decisum della sentenza di Cassazione. Violazione e/o falsa applicazione degli artt. 345 e 394 cod. proc. civ. e 2697 cod. civ. per aver ampliato il thema decidendum fondando la propria valutazione su eccezioni che non erano state sollevate nelle pregresse fasi di merito. Violazione e/o falsa applicazione dell’art. 112 cod. proc. civ. per avere pronunciato ultra petita ovvero extra petita. In alternativa, violazione e/o falsa applicazione degli artt. 345 e 394 cod. proc. civ. e art. 2697cod. civ. per avere fondato la propria valutazione su eccezioni da dichiararsi inammissibili in quanto sollevate dalla Banca convenuta solo in sede di giudizio di rinvio. Nullità sentenza o procedimento per le violazioni denunciate (art. 360 cod. proc. civ., nn. 3 e 4)”.

Il secondo motivo, a sua volta, censura “violazione e/o falsa applicazione del D.Lgs. n. 58 del 1998, art. 23, n. 1 e art. 30 Reg. Consob n. 11522/’98 per non avere dichiarato la nullità degli ordini di negoziazione sottoscritti da R.N. in conseguenza della dichiarazione di nullità del contratto quadro per difetto di forma scritta ad substantiam. Violazione e/o falsa applicazione degli artt. 1418 e 1325 cod. civ. e art. 30, n. 2 Reg. Consob n. 11522/98 per aver dichiarato la validità parziale degli ordini di negoziazione sottoscritti da R.N. nonostante il difetto di causa riveniente dalla dichiarazione di nullità del contratto quadro. Violazione e/o falsa applicazione dell’art. 2909 cod. civ. e art. 324 cod. proc. civ. per avere ritenuto, con riguardo al contratto quadro sottoscritto esclusivamente da R.G.B., che l’onere della prova scritta, oggetto di pronuncia irrevocabile, fosse osservato in relazione ai sei ordini sottoscritti da R.N.. Violazione e/o falsa applicazione degli artt. 1854 e 1298 cod. civ. per avere ritenuto che R.G.B. avesse consentito al fratello R.N., cointestatario di libretto nominativo a firma disgiunta, di disporre della provvista anche nel suo interesse ritenendo, altresì, non superata la presunzione di cui all’art. 1298 cod. civ.”.

Il terzo motivo, infine, afferma “violazione e/o falsa applicazione dell’art. 91 cod. proc. civ., D.M. 8 aprile 2004, n. 12, artt. 1 e 4 relativamente al capo delle spese processuali per non avere riconosciuto i diritti relativi al giudizio dinanzi alla Corte di cassazione e gli esborsi anticipati per l’iscrizione a ruolo della causa”.

2.- Il primo motivo e il secondo motivo sono suscettibili, date la connessione e la continuità dei contenuti svolti nei loro rispettivi corpi, di un esame unitario.

In effetti, l’insieme formato da tali motivi rivolge alla pronuncia del giudice del rinvio una serie articolata di censure (quali appena sopra dettagliatamente riportate) che, partendo dall’assunta violazione del principio di diritto enunciato dalla sentenza n. 8869/2012 di questa Corte, prosegue poi per l’intero percorso motivazionale svolto dall’impugnata pronuncia, per contestare via via i singoli passaggi in cui la stessa si snoda.

3.- Vista una simile articolazione di censure, va prima di tutto rilevato che, secondo quanto si ricava agevolmente dalla lettura del suo testo, la citata sentenza n. 8869/2012 – una volta riscontrato che la questione della nullità del contratto quadro “era entrata nella causa” già nel primo grado del processo e che perciò il giudice dell’appello ha errato nel dichiararla nuova e inammissibile – ha propriamente lasciato impregiudicato il merito della stessa, affidando il compito di risolverlo al giudice del rinvio.

Per tale proposito, dunque, quest’ultimo non è risultato vincolato da principi enunciati dalla detta sentenza, a differenza di quanto vorrebbero pretendere, per contro, i ricorrenti.

4.- Nel risolvere effettivamente la ridetta questione il giudice del rinvio non è incorso in nessun vizio di extrapetizione, nè peraltro si è basato su eccezioni tardivamente promosse dalla Banca, come ancora pretenderebbero i ricorrenti.

In effetti, la Corte territoriale si è limitata a rilevare quanto manifestato al riguardo dalle acquisite risultanze documentali: che R.G.B. aveva sottoscritto il contratto quadro e che altrettanto non aveva invece fatto R.N.. E ne ha tratto l’inferenza che per il primo dei fratelli il contratto doveva ritenersi perfezionato e valido, mentre per il secondo lo stesso restava inesistente e comunque nullo.

5.- Per rimarcare la rilevanza che – ai fini della risoluzione della complessiva controversia in essere tra i fratelli R. e la Banca Popolare – finiva per assumere la questione della nullità o meno del contratto quadro, la sentenza n. 8869/2012 ha tra l’altro sottolineato in modo particolare come la “nullità del contratto quadro sia destinata a travolgere i singoli ordini, facendone venir meno la causa, e che la forma scritta in cui questi ultimi siano stati redatti non sopperisce al difetto di forma ad substantiam acti del contratto quadro”.

A questa indicazione della Corte il giudice del rinvio si è senz’altro conformato là dove ha ritenuto che “i sei ordini di acquisto, benchè effettuati da R.N. in forma scritta debbano ritenersi travolti dalla nullità del contratto quadro per difetto di forma scritta, operante… per questi”.

Secondo i ricorrenti, tuttavia, il giudice del rinvio non si sarebbe conformato in maniera adeguata alla riportata indicazione della sentenza n. 8869/2012: lo stesso – si assume in tale direzione – è andato ad assegnare agli ordini sottoscritti da R.N. una “causa diversa”, posto che li ha tramutati in ordini riferibili a R.G.B..

Ora, è indiscutibile che gli ordini emessi da R.N. – ancorchè redatti in forma scritta – non possano trovare valido fondamento, o anche solo aggancio, nel contesto del contratto quadro e del rapporto che ne è seguito tra la Banca Popolare e R.G.B.. Peraltro, nel riferire gli ordini emessi da R.N. alla persona di R.G.B., la pronuncia della Corte territoriale rileva che ciò avviene sulla base di un altro e diverso rapporto.

6.- Afferma in particolare la Corte territoriale che le “sei operazioni di investimento, benchè non supportate per l’ordinante ( R.N.) da valido contratto quadro, furono validamente eseguite a beneficio di R.G.B.”, perchè quest’ultimo aveva “sottoscritto in data antecedente il contratto quadro” e perchè la “provvista di tali ordini… proveniva da libretto nominativo di deposito a risparmio… intestato a R.G.B. e R.N.”, che “consentiva operazioni a firma di un solo cointestatario”, “senza necessità di firma congiunta”.

Quest’ultimo ordine di rilievi non può, tuttavia, essere condiviso. Come riscontrato dai ricorrenti, lo stesso si manifesta essere in violazione del disposto normativo dell’art. 1854 cod. civ..

Nello stabilire che, per il caso di conto corrente cointestato, l’azione individuale di un cointestatario è idonea a vincolare pure gli altri cointestatari, la norma dell’art. 1854 cod. civ. fa inequivoco riferimento in via esclusiva ai prelievi dal conto (in disparte restando qui, naturalmente, ogni riferimento ai versamenti che affluiscano sul conto). Per contro, la lettura data dalla Corte territoriale alla fattispecie in esame viene ad assegnare alla figura della cointestazione di conto una portata ultrattiva ed ultronea, forzandone i termini in maniera abnorme.

In effetti, essa non predica solo che R.N. potesse da solo prevelare somme dal libretto cointestato, con efficacia vincolante anche per il fratello G.B.: cosa, questa, sicuramente corretta. La lettura della Corte pure predica, e in via necessaria, che vincolante per quest’ultimo fosse altresì il successivo, e distinto, atto posto in essere da N., come consistente nell’impiego delle somme prelevate in uno o in un altro investimento (ovvero in diverso utilizzo). Quest’ultimo predicato risulta decisamente errato: posto appunto che l’atto di impiego di quanto prelevato è profilo radicalmente estraneo al rapporto di conto e all’eventuale cointestazione del medesimo.

Nè al riguardo potrebbe in qualche modo soccorrere, con riguardo alla fattispecie in concreto esame, la circostanza della valida esistenza di un contratto quadro corrente tra R.G.B. e la Banca Popolare: chè questo comporterebbe contraddire in modo frontale l’ormai acquisito assunto che gli ordini emessi da R.N. non possano recuperare in tale contratto un qualche fondamento o aggancio (cfr. sopra, nel contesto dell’ultimo capoverso del n. 5 di questa parte).

7.- Nei termini e nei limiti dianzi esposti, il primo motivo e il secondo motivo di ricorso si rivelano dunque fondati e sono pertanto da accogliere.

Il terzo motivo di ricorso risulta, di conseguenza, assorbito.

8.- In conclusione, vanno accolti il primo e il secondo motivo, assorbito il terzo, con conseguente cassazione della sentenza impugnata e con relativo rinvio sempre alla Corte di Appello di Bari che, in diversa composizione, deciderà anche sulle spese del giudizio di cassazione.

Nel decidere la controversia la Corte di Appello, così investita, si atterrà ai principi e indicazioni di cui in motivazione e, in particolare, al principio di diritto per cui “la cointestazione del conto che funga da provvista per operazioni di investimento finanziario non esplica nessuna efficacia rispetto all’emissione dei relativi ordini di investimento, che sono governati dal contratto quadro stipulato tra la banca e uno dei cointestatari”.

PQM

 

La Corte accoglie il primo e il secondo motivo di ricorso, assorbito il terzo, e cassa la sentenza impugnata, con rinvio della causa ad altra sezione della Corte di Appello di Bari, che deciderà anche sulle spese del giudizio di cassazione.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 16 marzo 2017.

Depositato in Cancelleria il 31 maggio 2017

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