Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13764 del 08/06/2010

Cassazione civile sez. I, 08/06/2010, (ud. 22/04/2010, dep. 08/06/2010), n.13764

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SALME’ Giuseppe – Presidente –

Dott. DI PALMA Salvatore – Consigliere –

Dott. ZANICHELLI Vittorio – Consigliere –

Dott. SCHIRO’ Stefano – Consigliere –

Dott. DIDONE Antonio – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso proposto da:

A.E., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA

CAVOUR, presso la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso

dall’avvocato MARRA ALFONSO LUIGI, giusta procura speciale a margine

del ricorso;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE, in persona del Ministro in

carica, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e

difende, ope legis;

– controricorrente –

avverso il decreto n. 2071/07 R.G.V.G. della CORTE D’APPELLO di

NAPOLI del 28/01/08, depositato il 15/05/2008;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

22/04/2010 dal Consigliere Relatore Dott. DIDONE Antonio;

e’ presente il P.G. in persona del Dott. PRATIS PIERFELICE.

 

Fatto

RITENUTO IN FATTO E IN DIRITTO

1.- La relazione depositata ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c. e’ del seguente tenore: “Con il decreto impugnato la Corte di appello di Napoli, pronunziando sul ricorso per equa riparazione proposto da A.E. nei confronti del Ministero dell’Economia e delle Finanze, ha ritenuto irragionevole nella misura di dieci anni la durata del procedimento promosso dal ricorrente davanti al TAR Campania il 30.7.1994, ancora pendente, liquidando il danno non patrimoniale nella complessiva somma di Euro 15.000,00 (pari a Euro 1.000,00 per anno di ritardo), compensando per la meta’ le spese processuali.

Contro il decreto della Corte di appello l’ A. ha proposto ricorso per Cassazione affidato a sette motivi. Il Ministero resiste con controricorso.

Diritto

IN DIRITTO

2.- Con i primi cinque motivi di ricorso parte ricorrente denuncia erronea e falsa applicazione di legge (L. n. 89 del 2001, art. 6 par.

1 CEDU), in relazione al rapporto tra norme nazionali e la CEDU, nonche’ della giurisprudenza della Corte di Strasburgo e di questa Corte ed omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione, omessa decisione di domande (art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5; art. 112 c.p.c.) e sono poste le seguenti questioni, sintetizzate nei quesiti:

a) questione relativa alla efficacia della CEDU nell’ordinamento interno ed all’efficacia vincolante per il giudice nazionale della giurisprudenza della Corte EDU (sostanzialmente riproposta in tutti i motivi, richiamando sentenze della Corte europea e di questa Corte) ed e’ formulato il seguente quesito la L. n. 89 del 2001 e specificamente l’art. 2 costituisce applicazione dell’art. 6 par. 1 CEDU e in ipotesi di contrasto tra la legge Pinto e la CEDU, ovvero di lacuna della legge nazionale si deve disapplicare la legge nazionale ed applicare la CEDU? b) Questioni concernenti la quantificazione del danno:

se il diritto all’indennizzo vada liquidato per l’intera durata del processo o solo per il periodo eccedente nella misura annua di Euro 1.000,00 – 1.500,00 per anno di ritardo ed il decreto non avrebbe motivato in ordine alla mancata osservanza di detto parametro;

spetta un ulteriore somma rationae materiae (bonus di Euro 2.000,00), trattandosi di diritti dei lavoratori come stabilito dalla CEDU, o comunque l’equo indennizzo per tali materie va calcolato in misura maggiore? ed il giudice non si sarebbe pronunciato sulla relativa domanda e cio’ costituirebbe violazione dell’art. 112 c.p.c. e comporterebbe un difetto di motivazione.

Con il sesto ed il settimo motivo parte ricorrente censura la liquidazione delle spese denunciando violazione degli artt. 91 e 92 c.p.c. e vizio di motivazione.

I quesiti ex art. 366 bis c.p.c. sono cosi’ formulati:

in ipotesi di contumacia della P.A. e di accoglimento della domanda deve seguire la condanna alle spese di lite?;

la Corte ha motivato incongruamente ed in maniera illogica con interpretazione contrastante con la giurisprudenza consolidata, ritenendo le spese irripetibili o compensandole per la meta’, pur accogliendo la domanda, sul solo presupposto della contumacia della P.A..

3.- Il ricorso appare manifestamente infondato limitatamente alle censure relative alla determinazione del danno non patrimoniale mentre i motivi relativi alle spese sono inammissibili per violazione dell’art. 366 bis c.p.c.. Infatti, come ha chiarito la S. Corte, i giudici europei hanno affermato che il c.d. bonus va riconosciuto nel caso in cui la controversia riveste una certa importanza ed ha fatto un elenco esemplificativo, comprendente le cause di lavoro e previdenziali. Tuttavia, cio’ non implica alcun automatismo, ma significa soltanto che dette cause, in considerazione della loro natura, e’ probabile che siano di una certa importanza (Cass. n. 30570 e n. 18012 del 2008).

Siffatta valutazione rientra nella ponderazione del giudice del merito, che deve rispettare il parametro sopra indicato, con la facolta’ di apportare le deroghe giustificate dalle circostanze concrete della singola vicenda (quali: l’entita’ della posta in gioco, il numero dei tribunali che hanno esaminato il caso in tutta la durata del procedimento ed il comportamento della parte istante;

per tutte, Cass. n. 1630 del 2006; n. 1631 del 2006; n. 19029 del 2005), purche’ motivate e non irragionevoli (tra le molte, Cass. n. 30064 e n. 6898 del 2008; n. 1630 e n. 1631 del 2006).

Il giudice del merito puo’, quindi, attribuire una somma maggiore, qualora riconosca la causa di particolare rilevanza per la parte, senza che cio’ comporti uno specifico obbligo di motivazione, da ritenersi compreso nella liquidazione del danno, sicche’ se il giudice non si pronuncia sul c.d. bonus, cio’ sta a significare che non ha ritenuto la controversia di tale rilevanza da riconoscerlo (Cass. n. 30570, n. 18012 del 2008).

Inoltre, la precettivita’, per il giudice nazionale, non concerne anche il profilo relativo al moltiplicatore di detta base di calcolo:

per il giudice nazionale e’, sul punto, vincolante la L. n. 89 del 2001, art. 2, comma 3, lett. a), ai sensi del quale e’ influente solo il danno riferibile al periodo eccedente il termine ragionevole, non incidendo questa diversita’ di calcolo sulla complessiva attitudine della citata L. n. 89 del 2001 ad assicurare l’obiettivo di un serio ristoro per la lesione del diritto alla ragionevole durata del processo (Cass. n. 11566 del 2 008; n. 1354 del 2008; n. 23844 del 2007).

Quanto alle censure relative alla compensazione parziale delle spese di lite, va rilevato che i quesiti formulati (e, in realta’, i rispettivi motivi) appaiono inammissibili perche’ del tutto aspecifici rispetto alla ratio decidendi del decreto impugnato.

Invero, i quesiti (e i motivi) presuppongono che la compensazione sia stata disposta dalla Corte di appello sul solo presupposto della contumacia dell’Amministrazione, laddove risulta evidente che quest’ultima si e’ costituita. D’altra parte, la motivazione del decreto impugnato fa correttamente riferimento – ai fini della compensazione – non solo al comportamento collaborativo dell’Amministrazione, ma soprattutto all’esito del giudizio, apparendo evidente il rilievo attribuito alla differenza tra quanto richiesto (Euro 21.250,00) e quanto riconosciuto dalla Corte di appello. Ove tali rilievi siano condivisi il ricorso potra’ essere deciso in camera di consiglio ai sensi degli artt. 375 e 380 bis c.p.c.”.

4.- Il Collegio – precisato che la Corte di merito ha liquidato un indennizzo pari a Euro 1.500,00 per ogni anno di ritardo – condivide le conclusioni della relazione e le argomentazioni sulle quali esse si fondano e che conducono al rigetto del ricorso.

Le spese processuali del giudizio di legittimita’ – liquidate in dispositivo – seguono la soccombenza.

P.Q.M.

LA CORTE rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al rimborsare all’Amministrazione resistente le spese processuali del giudizio di legittimita’ che liquida in complessivi Euro 865,00 oltre le spese prenotate a debito.

Cosi’ deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 22 aprile 2010.

Depositato in Cancelleria il 8 giugno 2010

 

 

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