Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13763 del 23/06/2011

Cassazione civile sez. lav., 23/06/2011, (ud. 28/04/2011, dep. 23/06/2011), n.13763

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BATTIMIELLO Bruno – Presidente –

Dott. CURCURUTO Filippo – Consigliere –

Dott. TOFFOLI Saverio – rel. Consigliere –

Dott. IANNIELLO Antonio – Consigliere –

Dott. MAMMONE Giovanni – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso proposto da:

POSTE ITALIANE SPA (OMISSIS) in persona del Presidente del

Consiglio di Amministrazione e legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA PO 25/B, presso lo studio

dell’avvocato PESSI ROBERTO, che la rappresenta e difende, giusta

delega a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

A.G.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 322/2009 della CORTE D’APPELLO di L’AQUILA del

26.2.08, depositata il 10/03/2009;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

28/04/2011 dal Consigliere Relatore Dott. SAVERIO TOFFOLI;

E’ presente l’Avvocato Generale in persona del Dott. DOMENICO

IANNELLI.

Fatto

MOTIVI

La Corte pronuncia in camera di consiglio ex art. 375 c.p.c. a seguito di relazione ex art. 380-bis.

Il Tribunale di Pescara accoglieva la domanda proposta da A. G. nei confronti della s.p.a. Poste Italiane, diretta alla declaratoria di illegittimità dell’apposizione del termine al contratto di lavoro intercorso tra le parti, stipulato il 13.6.2001 (e giustificato con il riferimento ad “esigenze eccezionali” collegate ai processi di riorganizzazione delle Poste).

A seguito di appello principale dell’azienda e incidentale del lavoratore sulle spese del giudizio, la Corte d’Appello de L’Aquila accoglieva parzialmente il solo appello principale, rigettando la domanda di risarcimento del danno.

La società ha proposto ricorso per cassazione con un motivo.

L’intimato non si è costituito. La Soc. Poste Italiane ha depositato memoria.

Diritto

OSSERVA

Il ricorso appare qualificabile come manifestamente infondato.

Esso denuncia la violazione dell’art. 2697 c.c. anche ai sensi degli artt. 421 e 437 c.p.c. e omessa insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto decisivo, censurando la sentenza per avere ritenuto non provato il rispetto da parte della società della percentuale massima ammessa di rapporti di lavoro a termine, fissata dalla contrattazione collettiva all’epoca applicabile, laddove l’onere della prova relativa graverebbe invece sul lavoratore.

Al riguardo deve rilevarsi che secondo la consolidata giurisprudenza di questa Corte è sul datore di lavoro che grava l’onere di provare il rispetto, nelle assunzioni a termine L. n. 56 del 1987, ex art. 23 della percentuale stabilita dalla contrattazione collettiva in esecuzione di quanto disposto dalla legge medesima (cfr. Cass. n. 6010/2009, 839/2010).

In proposito il giudice di appello ha correttamente ritenuto priva di concludenza probatoria ai fini in esame un’elencazione di assunzioni fatte in ogni regione. Nè la ricorrente ha ora dedotto con puntualità l’esistenza in sede di appello dei presupposti per un’iniziativa probatoria d’ufficio (quali per esempio la messa a disposizione di una documentazione concludente e avente una efficacia probatoria risolutiva oppure l’esistenza di una situazione di incertezza probatoria superabile mediante determinate iniziative probatorie d’ufficio: cfr. Cass. S.U. 20 aprile 2005 n. 8202 e 20 aprile 2005 n. 8203).

Il ricorso deve dunque essere rigettato.

Nulla per le spese stante la mancata costituzione in giudizio della parte intimata.

P.Q.M.

LA CORTE rigetta il ricorso; nulla per le spese.

Così deciso in Roma, il 28 aprile 2011.

Depositato in Cancelleria il 23 giugno 2011

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