Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1376 del 26/01/2015


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Civile Sent. Sez. 6 Num. 1376 Anno 2015
Presidente:
Relatore: PETITTI STEFANO

SENTENZA

sentenza con
motivazione semplificata

sul ricorso proposto da:
LUVISETTO Franco (LVS FNC 42A23 H501B), rappresentato e
difeso, per procura speciale in calce al ricorso,
dall’Avvocato Anna Rita Moscioni, elettivamente
domiciliato in Roma, via Acquedotto Paolo n. 22, presso
Marinelli Biagio;
– ricorrente –

contro
MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE, in persona del
Ministro

pro tempore,

rappresentato e difeso

dall’Avvocatura generale dello Stato, presso i cui uffici
in Roma, via dei Portoghesi 12, è domiciliato per legge;
– controricorrente e ricorrente incidentale-

A.o6(45

Data pubblicazione: 26/01/2015

per la cassazione del decreto della Corte d’appello di
Perugia depositato il 10 giugno 2013 (R.G. 1913/2010
V.G.).
Udita la relazione della causa svolta nella pubblica

Stefano Petitti.
Ritenuto che, con ricorso depositato il 16 luglio 2010
presso la Corte d’appello di Perugia, Luvisetto Franco
chiedeva la condanna del Ministero dell’economia e delle
finanze al pagamento dei danni morali derivanti dalla
irragionevole durata di un giudizio iniziato dinnanzi al
TAR Lazio con ricorso depositato il 22 marzo 1994,
definito con sentenza di rigetto depositata in data 8
marzo 2010;
che l’adita Corte d’appello, rilevato che il giudizio
presupposto aveva avuto una durata di quindici anni e
quattro mesi circa (dal 22 luglio 1994 al 4 dicembre 2009)
e che la durata ragionevole avrebbe dovuto essere di tre
anni, accertava un ritardo di dodici anni e quattro mesi,
per il quale liquidava un indennizzo di euro 6.166,00,
oltre interessi dal deposito del ricorso al saldo;
che per la cassazione di questo decreto Luvisetto
Franco ha proposto ricorso sulla base di due motivi;

udienza del 17 dicembre 2014 dal Presidente relatore Dott.

che il Ministero della giustizia ha resistito con
controricorso e ha, a sua volta, proposto ricorso
incidentale.
Considerato che il Collegio ha deliberato l’adozione

sentenza;
che con il primo motivo di ricorso il ricorrente
deduce violazione e falsa applicazione degli artt. 2 e
seguenti della legge n. 89 del 2001 e dell’art. 6, par. l,
della CEDU, nonché omessa, insufficiente, illogica e/o
contraddittoria motivazione, dolendosi del fatto che la
Corte d’appello si sia discostata dagli ordinari criteri
di liquidazione dell’indennizzo (quanto meno 750,00 euro
per i primi tre anni e 1.000,00 per ciascuno degli anni
successivi);
che con il secondo motivo il ricorrente denuncia
violazione e falsa applicazione del d.m. n. 140 del 2012,
e violazione e falsa applicazione degli artt. 91 e 92 cod.
proc. civ., dolendosi sia della irrisorietà della
liquidazione delle spese (euro 232,00), sia della
compensazione per metà in considerazione dell’accoglimento
solo parziale della domanda;
che con il ricorso incidentale il Ministero si duole
della entità dell’indennizzo, che avrebbe dovuto essere

di una motivazione semplificata nella redazione della

limitato in ragione di 200,00 euro per anno di ritardo,
tenuto conto della natura collettiva della controversia;
che il ricorso incidentale è inammissibile, atteso che
difetta del tutto del requisito della sommaria esposizione

che il primo motivo del ricorso principale è
infondato;
che questa Corte ha di recente affermato che, tenuto
conto delle caratteristiche del giudizio amministrativo,
per tale tipologia di giudizio, il criterio di 500,00 euro
per anno costituisca l’adeguato indennizzo per la
violazione della ragionevole durata del processo e che da
esso il giudice del merito possa discostarsi con adeguata
motivazione, evidenziando le specificità del caso, con
riguardo sia alla natura e alla rilevanza dell’oggetto del
giudizio, sia al comportamento processuale delle parti
(Cass. n. 20617 del 2014);
che, nella specie, tale specificità non emerge dal
decreto impugnato, né è stata dedotta dal ricorrente,
sicché la statuizione sul punto del decreto Impugnato deve
essere confermata;
che il secondo motivo del ricorso principale è fondato
sia con riferimento alla lamentata violazione delle
indicazioni offerte dal d.m. n. 140 del 2012, sia con
riferimento alla disposta compensazione per metà;

-4-

dei fatti, di cui all’art. 366, n. 3, cod. proc. civ.;

che, quanto al primo profilo, si deve rilevare che
dall’applicazione del decreto ministeriale richiamato,
l’importo dovuto per il giudizio di merito ammonta ad euro
564,00;

appare illegittima, atteso che lo scostamento rilevato
dalla Corte d’appello tra quanto richiesto e quanto
liquidato dipende, nel caso di specie, non dalla parziale
infondatezza della pretesa della parte, ma dalla adozione,
da parte del giudice dell’equa riparazione, di un diverso
criterio di liquidazione;
che, dunque, dichiarato inammissibile il ricorso
incidentale, rigettato il primo motivo del ricorso
principale e accolto il secondo motivo di tale ricorso, il
decreto impugnato deve essere cassato in relazione alla
censura accolta;
che, tuttavia, non essendo necessari ulteriori
accertamenti di fatto, la causa può essere decisa nel
merito, provvedendosi a liquidare in questa sede le spese
del giudizio di merito, nella misura di euro 564,00 per
compensi, oltre ad euro 50,00 per esborsi e agli accessori
di legge, ferma la già disposta compensazione;
che, quanto alle spese del giudizio di cassazione, le
spesse possono essere compensate per metà, in
considerazione del limitato accoglimento del ricorso, e

-5-

che, quanto al profilo della compensazione, la stessa

poste a carico del Ministero soccombente nella misura
indicata in dispositivo;
che le spese del giudizio di cessazione, come
liquidate, vanno distratte in favore dell’Avvocato Anna

PER QUESTI MOTIVI
La Corte

dichiara

il ricorso incidentale

inammissibile; rigetta il primo motivo del ricorso
principale,
cassa

accoglie

il secondo motivo di tale ricorso;

il decreto impugnato in relazione alla censura

accolta e, decidendo la causa nel merito,

condanna

il

Ministero dell’economia e delle finanze al pagamento, in
favore del ricorrente, delle spese del giudizio di primo
grado, che liquida in euro 564,00 per compensi, oltre ad
euro 50,00 per esborsi e agli accessori di legge, ferma la
già disposta distrazione, e di metà delle spese del
giudizio di cessazione, che

liquida per l’intero in euro

500,00, oltre ad euro 100,00 per esborsi, agli accessori
di legge e alle spese forfettarie,

dichiarando compensata

la restante metà; dispone la distrazione delle spese del
giudizio di cessazione in favore del difensore del
ricorrente, dichiaratasi antistatario.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della
VI – 2 Sezione civile della Corte suprema di cessazione,

Rita Moscioni, dichiaratasi antistataria.

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