Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13758 del 03/07/2020

Cassazione civile sez. I, 03/07/2020, (ud. 28/11/2019, dep. 03/07/2020), n.13758

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CRISTIANO Magda – Presidente –

Dott. FEDERICO Guido – Consigliere –

Dott. DOLMETTA Aldo Angelo – rel. Consigliere –

Dott. SOLAINI Luca – Consigliere –

Dott. DELL’ORFANO Antonella – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 20664/2018 proposto da:

M.A., elettivamente domiciliato in Civitanova Marche, via

G. Matteotti 164, presso lo studio dell’avv. Giuseppe Lufrano, che

lo rappresenta e difende, giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

Ministero dell’Interno, in persona del Ministro pro tempore

(OMISSIS);

– intimato –

avverso il decreto n. 6423/2018 del Tribunale di Ancora, depositato

il 21/05/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

28/11/2019 da Dott. ALDO ANGELO DOLMETTA.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1.- M.A., nativo del (OMISSIS) (a (OMISSIS), nell'(OMISSIS)) con cittadinanza gambiana, ha presentato ricorso avanti al Tribunale di Ancona avverso il provvedimento della Commissione territoriale di questa città, di diniego del riconoscimento della protezione internazionale (diritto di rifugio; protezione sussidiaria) e del riconoscimento della protezione umanitaria.

Con decreto depositato in data maggio 2018, il Tribunale ha respinto il ricorso.

2.- In particolare il Tribunale ha rilevato, in relazione al tema del diritto di rifugio, che “le dichiarazioni del ricorrente, laddove credibili, restano confinate nei limiti di una vicenda di vita privata”.

Con riguardo alla protezione sussidiaria, il Tribunale ha ritenuto di fare riferimento alla situazione attualmente presente nel (OMISSIS), rilevando che – secondo il report Easo del maggio 2018 – “da circa vent’anni in (OMISSIS) vige una democrazia ben funzionante”. Ha aggiunto, con riferimento alla permanenza del richiedente in Libia, che “limitatamente al disposto del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3 che prevede se necessario l’acquisizione di informazioni anche sul paese di transito del richiedente, esso va comunque ricollegato alla vicenda personale del suo paese di origine, nel senso che il fondato timore di persecuzione o di danno grave non può prescindere da ciò che è stato vissuto prima di abbandonare il proprio paese”.

Quanto infine al tema della protezione umanitaria, il decreto ha osservato che nella specie non si delineavano situazioni di particolare vulnerabilità riferibili alla persona del richiedente.

3.- Avverso questo provvedimento ha proposto ricorso M.A., affidandolo a un motivo di cassazione.

Il Ministero non ha svolto difese nel presente grado del giudizio.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

4.- Il motivo di ricorso, che viene formulato con riferimento alle materie della protezione sussidiaria e della protezione umanitaria, assume vizio di motivazione “meramente apparente”, nonchè violazione delle norme del D.Lgs. n. 25 del 2008, artt. 8 e 27.

Rileva, in proposito, il ricorrente che la norma del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8 prescrive che la domanda di protezione debba essere esaminata “alla luce di informazioni precise e aggiornate circa la situazione generale esistente nel Paese di origine dei richiedenti asilo e, ove occorra, dei Paesi in cui questi siano transitati”. Posta questa disposizione, nella specie il giudice del merito ha senz’altro errato – si assume – a limitarsi a valutare la situazione presente nel (OMISSIS), trascurando del tutto quella esistente in Libia.

“L’espressione “ove occorra” va intesa” – si puntualizza – “nel senso della valutabilità della situazione di transito quando in questi il richiedente si sia effettivamente “radicato” vivendovi per un lasso di tempo apprezzabile e lavorandovi continuativamente”. Secondo quanto accaduto nella fattispecie concreta, posto che il ricorrente è giunto in Libia poco più che decenne in compagnia del padre, per abbandonare il Paese otto anni dopo, in ragione della morte del padre e dello scoppio della guerra civile.

5.- Il motivo è fondato.

5.1.- Va prima di tutto osservato, in proposito, che il Tribunale di Ancona non ha mancato di dare riscontro dei dati materiali della fattispecie rappresentati dalla sussistenza di un lungo soggiorno del richiedente in Libia. In particolare, ha fatto propria la circostanza che quest’ultimo “vi ha lavorato per molti anni, avendo seguito il padre” nel viaggio di migrazione intrapreso in età ancora scolare, senza mettere in alcun modo in forse la credibilità di un simile accaduto.

Nel contesto della motivazione svolta in relazione alla decisione di rigetto di ogni forma di protezione richiesta dal ricorrente, tuttavia, il decreto non ha tenuto in nessun conto il pur richiamato vissuto del richiedente; del tutto trascurando, più precisamente, di sottoporlo ad alcun tipo di esame e di valutazione.

5.2.- Ora, non può certo ritenersi che il vissuto del richiedente nel c.d. paese di transito e la “situazione generale” presente in questo paese nel relativo periodo temporale siano fatti intrinsecamente e istituzionalmente irrilevanti ai fini del riconoscimento delle forme di protezione riconosciute dal sistema vigente ovvero radicalmente estranei al principio costituzionale del non refoulement.

La giurisprudenza di questa Corte ha più volte segnalato la rilevanza che, in proposito, possono venire ad assumere gli accadimenti occorsi nel paese di c.d. transito e la situazione caratterizzante questo medesimo paese, con riferimento in particolare alla protezione umanitaria (si veda, da ultimo, la pronuncia di Cass., 4 febbraio 2020, n. 2558, spec. n. 5).

D’altra parte, non può dimenticarsi – come, del resto, non ha mancato di rimarcare il motivo di ricorso – che la norma del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3, è perentoria nel prescrivere che “ciascuna domanda… di protezione internazionale… è esaminata alla luce di informazioni precise e aggiornate circa la situazione generale esistente nel Paese di origine dei richiedenti asilo e, ove occorra, dei Paese in cui questi sono transitati”.

5.3.- Dal piano disposto della citata norma discende – si deve adesso esplicitare – che il giudice del merito deve in ogni caso esaminare la situazione espressa da paese di origine; e procedere altresì alla verifica relativa al c.d. paese di transito “quando” questa “nel concreto occorra”.

Per quanto riguarda quest’ultima parte del dettato normativo, tale detta prescrizione si traduce, dunque, nel dovere del giudice del merito di prendere comunque in considerazione l’eventualità di procedere all’esame anche della situazione del c.d. paese di transito: vagliando i termini della relativa esigenza al livello della fattispecie concreta; e pure lasciando, in via correlata, traccia dell’esito dell’indagine così compiuta nel tracciato motivazionale del provvedimento assunto.

Tale onere motivazionale – va anche aggiunto per opportuna completezza dell’esposizione – diviene particolarmente “sensibile”, allorchè la vicenda espressa nella fattispecie concreta contenga in sè un aspetto, un nodo, che sia particolarmente idoneo, sotto il profilo della potenzialità, a mostrarsi significativo: quale (tra gli altri) appare, per l’appunto, la durata in concreto del soggiorno in un paese di transito.

Se facilmente (seppure, è ovvio, non in via necessaria), un “passaggio” di qualche giorno, o di poche settimane, può risultare di scarso, se non nullo, significato per il vissuto di un migrante, non altrettanto può dirsi, invero, per il caso in cui il soggiorno venga invece a protrarsi nel tempo, così cumulando un anno sull’altro: non foss’altro per la tensione verso un insediamento stabile (come diverso da quello di avvio del viaggio migratorio) che un simile tipo di protrazione temporale non manca di suggerire.

6.- Il decreto impugnato va dunque cassato e la controversia rinviata al Tribunale di Ancona che, in diversa composizione, provvederà anche alle determinazioni relative alle spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso. Cassa il decreto impugnato e rinvia la controversia al Tribunale di Ancona che, in diversa composizione, provvederà anche alle determinazioni relative alle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione Prima civile, il 28 novembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 3 luglio 2020

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