Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13757 del 23/06/2011

Cassazione civile sez. lav., 23/06/2011, (ud. 28/04/2011, dep. 23/06/2011), n.13757

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BATTIMIELLO Bruno – Presidente –

Dott. CURCURUTO Filippo – Consigliere –

Dott. TOFFOLI Saverio – rel. Consigliere –

Dott. IANNIELLO Antonio – Consigliere –

Dott. MAMMONE Giovanni – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso proposto da:

B.A., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA VALADIER 53,

presso lo studio degli avvocati ALLEGRA ROBERTO e DE BENEDICTIS

CATALDO M., che la rappresentano e difendono, giusta procura

autenticata nell’agenzia consolare d’Italia in data 24.7.2 002, che

viene allegata in atti;

– ricorrente –

contro

INPS – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE in persona del

legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA,

VIA DELLA FREZZA 17, presso l’AVVOCATURA CENTRALE DELL’ISTITUTO,

rappresentato e difeso dagli avvocati RICCIO ALESSANDRO, PREDEN

SERGIO, VALENTE NICOLA, giusta procura speciale in calce al

controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 2087/2005 della CORTE D’APPELLO di ROMA del

15.3.05, depositata il 04/07/2005;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

28/04/2011 dal Consigliere Relatore Dott. SAVERIO TOFFOLI;

udito per il controricorrente l’Avvocato Clementina Pulli (per delega

avv. Alessandro Riccio) che si riporta agli scritti;

E’ presente l’Avvocato Generale in persona del Dott. IANNELLI

Domenico che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

MOTIVI

La Corte pronuncia in camera di consiglio ex art. 375 c.p.c. a seguito di requisitoria scritta del Pubblico Ministero, secondo la procedura in vigore prima del D.Lgs. n. 40 del 2006, applicabile in relazione alla data di deposito della sentenza impugnata (4.7.2005).

La Corte d’appello di Roma ha accolto la domanda proposta da B. A. contro l’Inps di condanna di quest’ultimo al pagamento degli accessori maturati per il ritardo nel pagamento della pensione e dei suoi arretrati, avvenuto l’1.12.1992, rispetto alla data di scadenza (12.9.1992) del termine di 120 giorni dalla domanda amministrativa.

Ha liquidato a titolo di interessi e rivalutazione, nel rispetto della L. n. 412 del 1991, art. 16, comma 6, sulla base dei puntuali conteggi, non contestati, della ricorrente, la somma di Euro 979,09 oltre interessi dalla notifica del ricorso di primo grado. Ha quindi riformato la sentenza di primo grado quanto alla quantificazione, operata dal primo giudice in soli Euro 5,10.

Riteneva la sussistenza di giusti motivi per confermare la compensazione delle spese del primo grado e per compensare anche le spese dell’appello.

La B. ricorre per cassazione. L’Inps resiste con controricorso.

Vi è memoria della ricorrente.

Il ricorso denuncia violazione degli artt. 91 e 92 c.p.c. e omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione.

Ritiene questa Corte di fare riferimento al principio enunciato dalle Sezioni Unite secondo cui: “Nel regime anteriore a quello introdotto dalla L. 28 dicembre 2005, n. 263, art. 2, comma 1, lett. a) il provvedimento di compensazione parziale o totale delle spese per giusti motivi deve trovare un adeguato supporto motivazionale, anche se, a tal fine, non è necessaria l’adozione di motivazioni specificamente riferite a detto provvedimento purchè, tuttavia, le ragioni giustificatrici dello stesso siano chiaramente e inequivocamente desumibili dal complesso della motivazione adottata a sostegno della statuizione di merito (o di rito). Ne consegue che deve ritenersi assolto l’obbligo del giudice anche allorchè le argomentazioni svolte per la statuizione di merito (o di rito) contengano in sè considerazioni giuridiche o di fatto idonee a giustificare la regolazione delle spese adottata, come – a titolo meramente esemplificativo – nel caso in cui si da atto, nella motivazione del provvedimento, di oscillazioni giurisprudenziali sulla questione decisiva, ovvero di oggettive difficoltà di accertamenti in fatto, idonee a incidere sulla esatta conoscibilità a priori delle rispettive ragioni delle parti, o di una palese sproporzione tra l’interesse concreto realizzato dalla parte vittoriosa e il costo delle attività processuali richieste, ovvero, ancora, di un comportamento processuale ingiustificatamente restio a proposte conciliative plausibili in relazione alle concrete risultanze processuali”.

In relazione a tale principio deve rilevarsi non solo che la sentenza impugnata non contiene un’espressa motivazione sulla compensazione per giusti motivi, ma anche che neanche dal complesso della sentenza sono individuabili le ragioni che possano giustificare tale criterio di regolazione delle spese.

Il ricorso deve quindi essere accolto, con cassazione della sentenza impugnata e rinvio della causa ad altro giudice (stessa Corte d’appello in diversa composizione), cui si demanda anche la regolazione delle spese di questo giudizio di cassazione.

P.Q.M.

LA CORTE accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa, anche per le spese, alla Corte d’appello di Roma in diversa composizione.

Così deciso in Roma, il 28 aprile 2011.

Depositato in Cancelleria il 23 giugno 2011

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