Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13755 del 31/05/2013


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Civile Sent. Sez. 5 Num. 13755 Anno 2013
Presidente: VIRGILIO BIAGIO
Relatore: IOFRIDA GIULIA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
Agenzia delle Entrate, in persona del Direttore
p.t., domiciliata in Roma Via dei Portoghesi 12,
presso l’Avvocatura Generale dello Stato che la
rappresenta e difende ex lege
– ricorrente contro

Cooperativa Facchinaggio e Trasporti a r.1., in
persona del legale rappresentante p.t.,
intimata –

avverso la sentenza n. 11/36/2006 della Commissione
Tributaria regionale della Toscana, depositata il
22/04/2006;
udita la relazione della causa svolta nella
pubblica udienza del 26/04/2013 dal Consigliere
Dott. Giulia Iofrida;
udito l’Avvocato dello Stato, Alessandro Maddalo,
per parte ricorrente;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
generale Dott. Tommaso Basile, che ha concluso per
il rigetto del ricorso.
Svolgimento del processo
Con

sentenza

n.

11/36/2006

1

del

25/03/2006,

Data pubblicazione: 31/05/2013

depositata in data 22/04/2006, la Commissione
Tributaria Regionale della Toscana, Sez. 36,
accoglieva parzialmente, con compensazione delle
spese di lite, l’appello proposto, in data
7/10/2005,

dalla

Cooperativa

Facchinaggio

e

Trasporti a r.1., avverso la decisione n.
67/08/2005 della Commissione Tributaria Provinciale
di Firenze, che aveva respinto il ricorso della

nell’aprile 2004, di recupero del credito d’imposta
illegittimamente utilizzato, per gli anni 2001,
2002 e 2003, in relazione a 43 dipendenti, non in
possesso dei requisiti di legge di cui all’art.7
1.388/2000, lett.b) (trattandosi di soggetti che
avevano avuto rapporti di lavoro a tempo
indeterminato nei 24 mesi antecedenti l’assunzione
presso la Cooperativa).
A fronte del ricorso, con il quale la Cooperativa
contestava i crediti d’imposta maturati
relativamente a soli 12 dipendenti (avendo già
provveduto per gli altri 31 a sanare la posizione
fiscale mediante adesione alla definizione ex art.9
bis 1.289/2002), deducendo di non avere potuto
“accertare la relativa posizione né presso gli
uffici del lavoro né dai precedenti datori di
lavoro”

(come riportato nella sentenza della C.T.R.

Toscana impugnata), la C.T.P. respingeva il
ricorso, ritenendo fondata la pretesa dell’Ufficio
anche sotto il profilo sanzionatorio, spettando al
soggetto che beneficia delle agevolazioni fiscali
accertare il possesso dei requisiti previsti dalla
norma.
La Commissione Tributaria Regionale accoglieva
invece parzialmente il gravame della contribuente,
annullando, pur riconoscendo fondata la pretesa

2

contribuente contro un avviso, notificatole

impositiva, le sanzioni irrogate, sulla base del
principio generale “di non punibilità in materia di
sanzioni amministrative per le violazioni di norme
tributarie”

e dell’art.6 d.lgs. 472/1997, che

stabilisce non esservi

“responsabilità in caso di

violazione per errore di fatto, quando l’errore non
è determinato da colpa”.

I giudici tributari

accertavano, in fatto, che la società aveva

una dichiarazione sostitutiva, con assunzione da
parte degli stessi di una precisa personale
responsabilità”

ed aveva provveduto ad

“interpellare anche i competenti centri per
l’impiego”.
Avverso tale sentenza ha promosso ricorso per
cassazione l’Agenzia delle Entrate, deducendo due
motivi, per violazione e/o falsa applicazione di
norme di diritto, ai sensi dell’art.360 n. 3 c.p.c.
(in relazione all’art.6 d.lgs. 472/1997, nonché
agli artt.2 e 71 DPR 445/2000 e 2697 c.c., in
quanto la società aveva usufruito dei crediti di
imposta sulla base delle sole autocertificazioni
rilasciate dai lavoratori, effettuando le
necessarie verifiche solo successivamente, tra
novembre e dicembre 2003, alla notifica del
processo verbale di constatazione, risalente
all’ottobre 2003, cosicché non poteva ritenersi
operante il disposto dell’art.6 citato, che
presuppone, ai fini dell’esclusione della
responsabilità, che l’errore di fatto non sia stato
determinato da imprudenza, negligenza, imperizia
del contribuente), e per contraddittoria
motivazione in ordine ad un fatto decisivo, ai
sensi dell’art.360 n. 5 c.p.c. (avendo i giudici
tributari contraddittoriamente ritenuto che le

3

“preteso dai lavoratori interessati il rilascio di

verifiche, effettuate dalla Cooperativa,

come da

documenti allegati alla memoria dell’8/04/2005
della ricorrente Cooperativa, solo successivamente
alla fruizione del credito d’imposta, fossero
idonee ad escludere la colpa della società).
Non ha resistito la contribuente con controricorso.
Motivi della decisione
L’Agenzia ricorrente lamenta, con i due motivi,

motivazionali, nella parte della statuizione che ha
escluso l’irrogabilità delle sanzioni a fronte del
comportamento tenuto dal fruitore del credito
d’imposta.
Il primo motivo, assorbente il secondo, è fondato.
Il d.Lgs. n. 472 del 1997, art. 5, applicando alla
materia fiscale il principio sancito, più in
generale, dalla L. 24 novembre 1981, n. 689, art.
3, statuisce che, in materia di violazioni
tributarie punite con sanzioni amministrative, non
e (più) sufficiente la mera volontarietà del
comportamento sanzionato, ma è richiesta anche la
colpevolezza del contribuente, cui deve potersi
rimproverare di avere tenuto un comportamento, se
non necessariamente doloso, quanto meno negligente.
La norma deve essere tuttavia intesa nel senso
della sufficienza dei suddetti estremi (coscienza e
volontà), senza che occorra la concreta
dimostrazione del dolo o della colpa, atteso che
essa pone una presunzione di colpa per l’atto
vietato a carico di colui che lo abbia commesso,
lasciando a costui l’onere di provare di aver agito
senza colpa (Cass. 22890/2006; Cass.12331/2003,
Cass.10607/2003).
Il primo comma dell’art.6 d.lgs. 472/1997 specifica
tuttavia che :

“Se

la

4

violazione

e’

vizi di violazione di norme di diritto e

conseguenza di errore sul fatto, l’agente non e’
responsabile quando l’errore non e’ determinato
da colpa.”.
Dunque l’errore ovvero la falsa rappresentazione
della realtà che interviene nel processo formativo
della volontà dell’agente, ai sensi dell’art. 6,
comma l, esclude la responsabilità, quando non è
dovuto a colpa.

negligenza o imperizia, non rileva ai fini
dell’esclusione della responsabilità, laddove si
tratti di errore ‘evitabile con l’uso
dell’ordinaria diligenza, quella che si può
ragionevolmente pretendere dal soggetto agente.
Ora, poiché si verte in tema di agevolazioni
fiscali per incremento della base occupazionale,
l’impresa, che invoca il credito d’imposta e ne
fruisce, deve operare un necessario controllo,
verificando se effettivamente sussistano, a quel
momento, tutte le condizioni (soggettive ed
oggettive) necessarie per fruire del credito
d’imposta dalla stessa esposto in dichiarazione,
non potendo essere rimessa la verifica ad un’ epoca
addirittura successiva al controllo
dell’amministrazione finanziaria.
La Corte accoglie il ricorso, quanto al primo
motivo, con cassazione della sentenza impugnata e,
decidendo nel merito, non essendo necessari
ulteriori accertamenti in fatto, dichiara dovute
dalla contribuente anche le sanzioni.
Le

spese

processuali,

liquidate

come

in

dispositivo, in conformità del D.M. 140/2012,
attuativo della prescrizione contenuta nell’art.9,
comma 2 ° , d.l. 1/2012, convertito dalla 1. 271/2012
(Cass.S.U. 17405/2012), seguono la soccombenza.

Ne consegue che, se esso dipende da imprudenza,

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SENS1tn,b.
N.131 TAEk. AL L.

_

I

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La Corte accoglie il ricorso, quanto al primo &O’motivo; cassa la sentenza impugnata e, nel merito,
dichiara dovute dalla contribuente anche le
sanzioni; condanna la parte intimata al rimborso
detispese processuali del giudizio di legittimità,
liquidate in complessivi 2.000,00, a titolo di
compensi, oltre spese prenotate a debito.

Deciso in Roma, nella camera di consiglio della

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