Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13754 del 08/06/2010

Cassazione civile sez. I, 08/06/2010, (ud. 21/04/2010, dep. 08/06/2010), n.13754

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SALME’ Giuseppe – Presidente –

Dott. DI PALMA Salvatore – Consigliere –

Dott. ZANICHELLI Vittorio – rel. Consigliere –

Dott. SCHIRO’ Stefano – Consigliere –

Dott. DIDONE Antonio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso proposto da:

D.P.R., con domicilio eletto in Roma, via Ludovisi n.

35, presso l’Avv. COZZI Ariella, rappresentato e difeso dall’Avv.

Baldassini Rocco come da procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI, in persona del Presidente del

Consiglio pro tempore, rappresentata e difesa, per legge,

dall’Avvocatura generale dello Stato, e presso gli Uffici di questa

domiciliata in Roma, Via dei Portoghesi, n. 12;

– controricorrente –

e sul ricorso n. 29080/07 proposto da:

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI, come sopra domiciliata e

difesa;

– ricorrente incidentale –

contro

D.P.R.;

– intimato –

per la cassazione del decreto della Corte d’appello di Roma

depositato il 18 luglio 2006;

Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

giorno 21 aprile 2010 dal Consigliere relatore Dott. Vittorio

Zanichelli.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

D.P.R. ricorre per Cassazione nei confronti del decreto in epigrafe della Corte d’appello che, liquidando Euro 6.000,00 per sei anni di ritardo, ha accolto parzialmente il suo ricorso con il quale e’ stata proposta domanda di riconoscimento dell’equa riparazione per violazione dei termini di ragionevole durata del processo amministrativo svoltosi in primo grado e in secondo grado tra il marzo 1990 e il settembre 2001.

Resiste l’Amministrazione con controricorso e propone ricorso incidentale.

La causa e’ stata assegnata alla camera di consiglio in esito al deposito della relazione redatta dal Consigliere Dott. Luigi Salvato con la quale sono stati ravvisati i presupposti di cui all’art. 375 c.p.c..

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

La relazione redatta ex art 380 bis c.p.c. e’ del seguente letterale tenore:

“1.- I ricorsi, principale ed incidentale, avendo ad oggetto lo stesso decreto, devono essere riuniti.

2.- Il primo motivo del ricorso principale denuncia violazione e mancata applicazione della L. n. 89 del 2001, art. 2, e art. 6 par.

1, e art. 13 CEDU, artt. 111 e 117 Cost., artt. 1223, 1226, 1227, 2056 e 2697 c.c., nonche’ difetto di motivazione (art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5), ponendo le seguenti questioni, in relazione alle quali richiama sentenze di questa Corte;

ai fini della liquidazione dell’indennizzo occorre tenere conto dell’intera durata del giudizio e non solo del periodo eccedente la durata ragionevole (primo quesito, ma anche il secondo);

la durata ragionevole del giudizio e la misura dell’indennizzo vanno stabilite avendo riguardo alla giurisprudenza della Corte EDU, da aumentare in cause aventi particolare natura, anche di lavoro (primo quesito, ma anche il secondo);

la durata ragionevole del giudizio va fissata senza avere riguardo all’istanza di prelievo (primo motivo);

il decreto e’ viziato, in quanto non ha valutato la durata del giudizio di ottemperanza (secondo quesito);

il decreto e’ viziato, in quanto non ha tenuto conto della “posta in gioco” di ottemperanza (terzo quesito).

2.1.- Il secondo motivo denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 1224, 1282 e 1284 c.c., e difetto di motivazione, concludendosi con quesito di diritto volto a conoscere se il decreto sia erroneo nella parte in cui non ha riconosciuto gli interessi legali dalla domanda.

2.2.- Il terzo motivo denuncia violazione degli artt. 111 e 117 Cost., L. n. 89 del 2001, art. 2, artt. 13 e 17 CEDU e pone le seguenti questioni, sintetizzate nel quesito di diritto:

le norme della CEDU e le sentenze della Corte EDU sono vincolanti e le norme della L. n. 89 del 2001 in contrasto con le prime vanno disapplicate;

la CEDU puo’ essere direttamente applicata;

dica questa Corte se la L. n. 89 del 2001 sia da considerarsi rimedio effettivo ed adeguato.

3.- Il primo motivo del ricorso incidentale denuncia violazione della L. n. 89 del 2001, art. 4 e art. 26 CEDU e pone la questione, sintetizzata nel quesito di diritto, della autonomia del giudizio di ottemperanza e della commutabilita’ del termine di decadenza dell’art. 4 cit.- dalla definitivita’ della sentenza che decide il giudizio di cognizione.

Il secondo motivo denuncia violazione della L. n. 89 del 2001, artt. 2 e 4 e art. 26 CEDU e art. 295 c.p.c. e pone la seguente questione, sintetizzata nel quesito di diritto:

se, potendo il giudizio di ottemperanza essere considerato una fase del processo amministrativo solo qualora la P.a. non abbia dato esecuzione alla sentenza, sia onere del ricorrente provarne la fondatezza, sempre che non si ritenga che il giudizio vada sospeso ex art. 295 c.p.c. sino alla definizione, del giudizio di ottemperanza.

Il terzo motivo denuncia violazione della L. n. 89 del 2001, artt. 2 e 4 e art. 26 CEDU e pone la seguente questione, sintetizzata nel quesito di diritto:

se, ai fini della qualificazione del giudizio di cognizione e di ottemperanza come unico giudizio, occorra che il secondo sia stato promosso entro un termine individuabile per analogia in quello di sei mesi ex art. 4 cit., ovvero di un anno dal passaggio in giudicato della sentenza ex art. 327 c.p.c..

Il quinto ed ti sesto motivo denunciano omessa motivazione sulla mancata valutazione della possibilita’ o meno di configurare con unico giudizio quello di ottemperanza e di cognizione.

4.- In linea preliminare, va esaminato il primo motivo del ricorso incidentale, in quanto giuridicamente e logicamente pregiudiziale.

Il motivo sembra manifestamente fondato.

Al riguardo, va osservato che con due recenti sentenze (n. 1732 e n. 5981 del 2009) questa Corte ha affermato il seguente principio:

“in tema di equa riparazione per la violazione del termine ragionevole di durata del processo, ai sensi della L. 24 marzo 2001, n. 89, il giudizio di ottemperanza, instaurato successivamente a quello di cognizione svoltosi davanti al giudice amministrativo, sebbene realizzi lo scopo di dare piena ed effettiva soddisfazione al medesimo interesse sostanziale riconosciuto dalla sentenza da adempiere, non costituisce una fase di un unico “iter” procedimentale, svoltosi senza soluzione di continuita’; pertanto, anche nell’ipotesi in cui sia stato esperito tale strumento di tutela, ai fini della proponibilita’ della domanda L. n. 89 del 2001, ex artt. 2 e 4 e art. 6 della CEDU, il dies a quo coincide con il momento in cui e’ divenuta definitiva la sentenza che ha concluso il procedimento di cognizione”.

Siffatto principio e’ stato enunciato rimeditando il precedente orientamento e sviluppando una serie completa e convincente di argomenti, che dimostrano l’inaccoglibilita’ della tesi e delle deduzioni svolte a conforto dal ricorrente principale e la fondatezza del mezzo in esame.

In relazione alle censure accolte – assorbiti gli ulteriori motivi del ricorso incidentale e quelli oggetto del ricorso principale – il decreto va cassato e la domanda concernente la fase di cognizione andra’ dichiarata inammissibile, dato che il giudizio innanzi al giudice amministrativo e’ stato definito con sentenza del Consiglio di Stato del 26 settembre 2001, mentre il ricorso per equa riparazione e’ stato proposto nel maggio 2005.

Relativamente alla domanda concernente il giudizio di ottemperanza, va osservato che la stessa puo’ essere decisa nel merito, con il rigetto, non occorrendo ulteriori accertamenti di fatto.

Invero, il ricorrente indica di avere proposto il ricorso per il giudizio di ottemperanza nel 2005 e che in tale anno e’ stato deciso, quindi risulta palese che la durata infrannuale del processo, in applicazione del parametro della Corte EDU, fa escludere la violazione del termine di ragionevole durata del giudizio”.

Ritiene il Collegio di poter condividere pienamente il contenuto della relazione anche alla luce della recente pronuncia delle Sezioni Unite che ha affermato il principio secondo cui “in tema di equa riparazione per violazione del termine ragionevole di durata del processo, questo va identificato, in base all’art. 6 della CEDU, sulla base delle situazioni soggettive controverse ed azionate su cui il giudice adito deve decidere, che, per effetto della suddetta norma sovranazionale, sono “diritti e obblighi”, ai quali, avuto riguardo agli artt. 24, 111 e 113 Cost., devono aggiungersi gli interessi legittimi di cui sia chiesta tutela ai giudici amministrativi. Ne consegue che, in rapporto a tale criterio distintivo, il processo di cognizione e quello di esecuzione regolati dal codice di procedura civile e quello cognitivo del giudice amministrativo e il processo di ottemperanza teso a far conformare la P.A. a quanto deciso in sede cognitoria, devono considerarsi, sul piano funzionale (oltre che strutturale), tra loro autonomi, in relazione, appunto, alle situazioni soggettive differenti azionate in ciascuno di essi.

Pertanto, in dipendenza di siffatta autonomia, le durate dei predetti giudizi non possono sommarsi per rilevarne una complessiva dei due processi (di cognizione, da un canto, e di esecuzione o di ottemperanza, dall’altro) e, percio’, solo dal momento delle decisioni definitive di ciascuno degli stessi, e’ possibile, per ognuno di tali giudizi, domandare, nel termine semestrale previsto dalla L. n. 89 del 2001, art. 4 l’equa riparazione per violazione del citato art. 6 della CEDU, con conseguente inammissibilita’ delle relative istanze in caso di sua inosservanza” (Sez. U, Sentenza n. 27365 del 24/12/2009).

Deve dunque essere accolto il ricorso incidentale e cassato il decreto impugnato.

Non essendo necessari ulteriori accertamenti in fatto, la causa puo’ essere decisa nel merito e pertanto dichiarata inammissibile la domanda relativa al riconoscimento dell’equo indennizzo in relazione al giudizio di merito e infondata quella relativa al riconoscimento dell’equo indennizzo in relazione al giudizio di ottemperanza.

Possono essere compensate le spese in considerazione dell’epoca in cui si e’ formata la richiamata giurisprudenza.

PQM

LA CORTE riuniti i ricorsi, accoglie il ricorso incidentale, rigetta quello principale, cassa il decreto impugnato e, decidendo nel merito, dichiara inammissibile la domanda introduttiva relativa all’equo indennizzo per la durata del giudizio di merito e infondata quella relativa all’equo indennizzo per la durata del giudizio di ottemperanza; compensa le spese.

Così deciso in Roma, il 21 aprile 2010.

Depositato in Cancelleria il 8 giugno 2010

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