Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13754 del 03/07/2020
Cassazione civile sez. I, 03/07/2020, (ud. 28/11/2019, dep. 03/07/2020), n.13754
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CRISTIANO Magda – Presidente –
Dott. FEDERICO Guido – Consigliere –
Dott. DOLMETTA Aldo Angelo – rel. Consigliere –
Dott. SOLAINI Luca – Consigliere –
Dott. DELL’ORFANO Antonella – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 19963/2018 proposto da:
L.C., elettivamente domiciliato in Civitanova Marche,
via G. Matteotti 14, presso lo studio dell’avv. Giuseppe Lufrano,
che lo rappresenta e difende, giusta procura speciale in calce al
ricorso;
– ricorrente –
contro
Ministero dell’Interno, in persona del Ministro pro tempore,
(OMISSIS);
– intimato –
avverso l’ordinanza emessa dal Tribunale di Ancora, datata
11/05/2018;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
28/11/2019 da Dott. ALDO ANGELO DOLMETTA.
Fatto
FATTI DI CAUSA
1.- L.C., di origine ivoriana, ha presentato ricorso avanti al Tribunale di Ancona avverso il provvedimento della Commissione territoriale di Foggia, di diniego del riconoscimento della protezione internazionale (diritto di rifugio; protezione sussidiaria) e del riconoscimento della protezione umanitaria.
Con provvedimento datato 11 maggio 2018, il Tribunale ha respinto il ricorso.
2.- In punto di diritto di rifugio, la pronuncia ha rilevato, in particolare, che “non vi sono gli elementi per assumere come esistente una persecuzione nei suoi confronti”; che non risultano “atti persecutori diretti e personali” nei confronti del richiedente; che “in ogni caso il timore persecutorio rappresentato dal medesimo non assume i connotati prescritti dalla legge”.
In relazione alla protezione sussidiaria, poi, ha osservato che le fonti più recenti (cfr. report COI, aggiornato al 28 marzo 2018) confermano la stabilità del Paese (OMISSIS); e che, d’altro canto, “non emergono circostanze tali da ritenere che il ricorrente possa essere sottoposto a pena capitale o a trattamenti inumani o degradanti nel Paese di origine, nè che le temute ripercussioni in caso di rientro integrino i presupposti del c.d. danno grave in relazione alle possibili conseguenze secondo l’ordinamento straniero”.
Quanto infine alla protezione umanitaria, il Tribunale ha affermato che il “contratto in atti è scaduto e che anche i cedolini-paga sono risalenti nel tempo”; e che “nessun altro profilo di integrazione viene rappresentato” dal richiedente.
Avverso questo provvedimento il richiedente ha presentato ricorso per cassazione, affidato a un motivo.
Il Ministero non ha svolto difese.
Diritto
RAGIONI DELLA DECISIONE
4.- Il motivo, svolto dal ricorrente, fa riferimento al tema della protezione umanitaria, lamentando la violazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 27 e omesso esame di fatto decisivo.
Assume in proposito il ricorrente che la pronuncia impugnata non ha proprio preso in considerazione la situazione di “compromissione” dei diritti umani che, nell’attuale, è presente in (OMISSIS), così pure omettendo di svolgere un’indagine sulle “diverse” e peculiari condizioni che risultano caratterizzare oggi tale Paese e ne rendono la vita “particolarmente precaria”.
Aggiunge che la pronuncia non ha nemmeno valorizzato in modo corretto e adeguato l’elevato grado di integrazione che è stato raggiunto dal richiedente. Così come indica la circostanza – non esaminata dal giudice del merito – che il ricorrente risulta in possesso “di un regolare contratto a tempo indeterminato”: “con continuità di lavoro da più di un anno” e con la “qualifica di saldatore” presso una determinata ditta individuale. Secondo quanto trova preciso riscontro documentale; e come pure, del resto, è stato confermato dal “datore di lavoro presente in udienza”.
5.- Il motivo è fondato e merita quindi di essere accolto.
Come ha di recente chiarito la giurisprudenza di questa Corte (cfr., in particolar modo, la sentenza delle Sezioni Unite del 13 novembre 2019, n. 29459), in materia di protezione umanitaria va assegnato “rilievo centrale alla valutazione comparativa tra il grado di integrazione effettiva nel nostro paese e la situazione soggettiva e oggettiva del richiedente nel paese di origine, al fine di verificare se il rimpatrio possa determinare la privazione della titolarità dell’esercizio dei diritti umani”.
Ne consegue che la valutazione, che il giudice è chiamato a effettuare in punto di riconoscimento della protezione umanitaria, deve di necessità porsi come frutto di una valutazione che non manchi di compiere la detta comparazione. Nella specie, per contro, il Tribunale di Ancona ha trascurato in modo compiuto di provvedere alla detta comparazione.
6.- Il ricorso va quindi accolto e la pronuncia cassata, con rinvio al Tribunale di Ancona che, in diversa composizione, provvederà pure alle determinazioni relative alle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso. Cassa il provvedimento impugnato e rinvia la controversia al Tribunale di Ancona che, in diversa composizione, provvederà pure alle determinazioni relative alle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione Prima civile, il 28 novembre 2019.
Depositato in Cancelleria il 3 luglio 2020