Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13753 del 06/07/2016


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Cassazione civile sez. trib., 06/07/2016, (ud. 29/04/2016, dep. 06/07/2016), n.13753

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CAPPABIANCA Aurelio – Presidente –

Dott. GRECO Antonio – Consigliere –

Dott. LOCATELLI Giuseppe – Consigliere –

Dott. IANNELLO Emilio – rel. Consigliere –

Dott. LA TORRE Maria Enza – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso iscritto al n. 25591/2009 R.G. proposto da:

FONDAZIONE SAN GIOVANNI BATTISTA ONLUS, in persona del suo legale

rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avv. Marco

Loi del Foro di Sassari ed elettivamente domiciliata in Roma, Viale

G. Marconi, 893, presso lo studio dell’Avv. Daniela Empoli; giusta

procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della

Sardegna, Sezione staccata di Sassari, n. 99/09/2009, depositata il

07/05/2009.

Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 29

aprile 2016 dal Relatore Cons. Dott. Emilio Iannello;

udito per l’Agenzia delle entrate l’Avvocato dello Stato Mario

Capolupo;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale dott.ssa

SOLDI Anna Maria, la quale ha concluso per il rigetto, rimettendosi

al collegio per quanto concerne la richiesta avanzata dalla

ricorrente con la memoria depositata ex art. 378 c.p.c..

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. Con sentenza depositata in data 7/5/2009 la C.T.R. Sardegna, sezione staccata di Sassari, accogliendo l’appello dell’ufficio e rigettando l’appello incidentale della parte privata, in riforma della sentenza di primo grado, confermava la validità della cartella di pagamento emessa nei confronti della Fondazione San Giovanni Battista Onlus, a seguito di controllo automatizzato della dichiarazione modello 770 D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, ex art. 36-bis, per Irpef (ritenuta alla fonte) relativa all’anno 1999 pari a Euro 553.100,00. I giudici d’appello ritenevano infatti destituite di fondamento l’eccezione di decadenza opposta dalla contribuente per essere stato il ruolo reso esecutivo in data 25/8/2003, oltre il termine di decadenza del 31/12/2002, nonchè quella di nullità della cartella per il mancato preventivo invio della comunicazione prevista dal D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 462, art. 2, comma 2 e dal D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 36-bis, comma 3. In particolare, secondo i giudici del gravame, dalla documentazione in atti poteva ricavarsi che il ruolo era stato vistato in data 17/12/2002 e che “la parola visto utilizzata dall’amministrazione finanziaria è a tutti gli effetti una firma elettronica di validazione del ruolo che è avvenuta entro i termini previsti dalla legge”, ciò in quanto “il ruolo è stato trasmesso e reso esecutivo con procedura digitale dopo l’apposizione della firma elettronica di esecutività richiesta dal D.M. n. 321 del 1999, come sola procedura possibile per l’ufficio dal momento che alla firma elettronica è affidata la dichiarazione di autenticità dei ruoli trasmessi”. Soggiungeva inoltre che “l’imposta iscritta a ruolo dall’ufficio non trova ostacolo nella mancata emissione e/o notificazione della comunicazione di liquidazione;

comunicazione che fra l’altro risulta trasmessa dall’ufficio”.

2. Avverso tale decisione propone ricorso la contribuente sulla base di due motivi, cui resiste l’Agenzia delle entrate depositando controricorso.

La ricorrente ha depositato memoria ex art. 378 c.p.c., con la quale ha chiesto in subordine applicarsi, per il principio del favor rei, il trattamento sanzionatorio previsto per le violazioni contestate quale risultante a seguito delle modifiche apportate, al D.Lgs. n. 18 dicembre 1997, n. 471, dal D.Lgs. 24 settembre 2015, n. 158, ove in concreto più favorevole.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

3. Con il primo motivo la ricorrente deduce – ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 – violazione e falsa applicazione del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 36-bis; D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 462, art. 2; L. 27 luglio 2000, n. 212, art. 6, comma 5, in relazione all’affermazione contenuta nella sentenza impugnata secondo cui “l’imposta iscritta a ruolo dall’ufficio non trova ostacolo nella mancata emissione e/o notificazione della comunicazione di liquidazione; comunicazione che fra l’altro risulta trasmessa dall’ufficio”.

Rileva di contro che, in tutto il corso del processo, l’Agenzia delle entrate non ha fornito prova alcuna di aver notificato (o comunicato attraverso qualsiasi mezzo) ad essa ricorrente gli esiti della liquidazione della dichiarazione, nè le correzioni effettuate.

4. Con il secondo motivo la ricorrente deduce – ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 – violazione e falsa applicazione del D.M. 3 settembre 1999, n. 321, artt. 1 e 2, in relazione al D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, art. 17 e D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 36-bis, per avere la C.T.R. ritenuto che il prospetto cartaceo prodotto dall’Agenzia delle entrate, denominato “Dettaglio del ruolo” avesse natura giuridica di ruolo e il visto apposto in calce ad esso dal direttore valesse a integrare la firma elettronica di esecutività. Sostiene la ricorrente che i giudici d’appello, sebbene abbiano esattamente individuato il contesto normativo cui far riferimento, così come ridisegnato a seguito della riforma introdotta con D.Lgs. n. 46 del 1999, non hanno correttamente applicato al caso concreto le disposizioni sul contenuto e la formazione dei ruoli di cui al D.M. 3 settembre 1999, n. 321, artt. 1 e 2; in particolare, secondo la ricorrente, la C.T.R. avrebbe ritenuto erroneamente di essere in presenza di un ruolo esecutivo, omettendo di verificare se l’atto prodotto potesse qualificarsi tale secondo le disposizioni del regolamento citato. Censura in tal senso l’affermazione secondo cui “il ruolo è stato vistato in data 17/12/2002; la parola “visto” utilizzata dall’amministrazione finanziaria è a tutti gli effetti una firma elettronica di validazione del ruolo”. Assume infatti la ricorrente che la disposizione di cui al D.M. n. 321 del 1999, art. 2, prevede un’attività inscindibile che si perfeziona in un unico momento, ossia quello della sottoscrizione del ruolo con apposizione della firma elettronica e la contestuale trasmissione al concessionario, il tutto attraverso l’utilizzo di sistemi meccanografici e informatici ai sensi del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 12; da tale premessa desume la ricorrente, nella specie, la tardività dell’adempimento, posto che la trasmissione telematica del ruolo al concessionario risulta effettuata soltanto in data 25/8/2003, oltre il termine di decadenza da intendersi nella specie fissato, ai sensi del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 17, al 31/12/2002.

5. E’ infondato il primo motivo di ricorso.

E’ consolidato infatti nella giurisprudenza di questa Corte il principio secondo cui la notifica della cartella di pagamento a seguito di controllo automatizzato è legittima anche se non è stata preventivamente emessa la comunicazione preventiva, ogni qual volta la pretesa derivi – come accade nel caso di specie – dal mancato versamento di somme esposte in dichiarazione dallo stesso contribuente ovvero da una divergenza tra le somme dichiarate e quelle effettivamente versate. Infatti, la comunicazione preventiva all’iscrizione a ruolo è necessaria solo quando vengano rilevati degli errori nella dichiarazione, mentre in caso di riscontrata regolarità dichiarativa non vi è alcun obbligo di preventiva informazione se il contribuente ha poi omesso di versare gli importi dichiarati (v. da ultimo Cass., Sez. 6-5, Ord. n. 3154 del 17/02/2015, Rv. 634631; Sez. 6-5, Ord. n. 42 del 03/01/2014, Rv.

629010; Sez. 5, n. 17396 del 23/07/2010, Rv. 615009).

6. Il secondo motivo si appalesa anch’esso infondato alla luce dell’assorbente rilievo per cui, nell’ambito della liquidazione delle dichiarazioni, l’unico termine che conti è quello della notifica della cartella, nella specie avvenuto nei limiti indicati dalla legge di riforma dettata con il D.L. 17 giugno 2005, n. 106, convertito, con modificazioni, dalla L. 31 luglio 2005, n. 156, il cui art. 1, comma 5-ter, lett. a), n. 1), ha abrogato del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, art. 17, al quale è riferita la doglianza in esame.

Come questa Corte ha avuto modo di chiarire, invero, in tema di accertamenti e controlli delle dichiarazioni tributarie ai sensi del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 36-bis, la legittimità della pretesa erariale è subordinata, alla luce dell’intervento legislativo realizzato con il D.L. 17 giugno 2005, n. 106, art. 1, commi 5 bis e 5 ter, convertito nella L. 31 luglio 2005, n. 156, (solo) alla notificazione della cartella di pagamento al contribuente entro un termine di decadenza, dovendo l’ordinamento garantire l’interesse del medesimo contribuente alla conoscenza, in termini certi, della pretesa tributaria derivante dalla liquidazione delle dichiarazioni.

Siffatta regola è applicabile anche per i giudizi – quale quello che ne occupa – pendenti alla data di entrata in vigore della detta legge di conversione n. 156 del 2005 che concernano le dichiarazioni presentate entro il 31 dicembre 2001 (D.Lgs. 26 febbraio 1999, n. 46, art. 36, comma 2, lett. b), salvo che si tratti di dichiarazioni per la cui liquidazione i ruoli siano stati formati e resi esecutivi entro il 30 settembre 1999. In questo caso occorre distinguere: a) le ipotesi di “rettifica cartolare” (o formale), per le quali la cartella di pagamento deve essere notificata al contribuente, a pena di decadenza, entro il 31 dicembre del quinto anno successivo a quello di presentazione della dichiarazione (ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 43, comma 1, nel testo vigente ratione temporis);

b) le ipotesi di controllo formale (o, più rettamente, cartolare), per le quali, a pena di decadenza, deve provvedersi sia all’iscrizione a ruolo entro il 31 dicembre del quinto anno successivo a quello di presentazione della dichiarazione (secondo il combinato disposto del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, art. 17, comma 1 e del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 43, comma 1, entrambi nel testo vigente ratione temporis), sia alla notifica della cartella di pagamento al contribuente entro il giorno cinque del mese successivo a quello nel quale il ruolo sia stato consegnato al concessionario a norma del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 24 (anche in questo caso, nel testo vigente ratione temporis). La prova del rispetto dei predetti termini, in caso di contestazione, deve essere data dall’ente impositore (v. Cass., Sez. 5, n. 1306 del 26/01/2015; Sez. 5, n. 13811 del 12/06/2009; Sez. 5, n. 16826 del 21/07/2006).

Alla luce di questi principi, va rilevato che trattandosi nella specie della liquidazione di una dichiarazione presentata nel 2000, il cui ruolo è stato reso esecutivo (sia che si acceda alla tesi dell’ufficio, sia che si acceda a quella della ricorrente comunque) ben oltre il 30 settembre 1999, la notifica della cartella D.P.R. n. 600 del 1973, ex art. 36-bis, avvenuta secondo quanto riferito dalla ricorrente in data 6/12/2003, deve ritenersi pienamente idonea ad impedire la decadenza dell’Agenzia dal potere di liquidazione, posto che, in relazione ad essa, la previsione del richiamato D.L. n. 106 del 2005, art. 1, comma 5-bis, lett. c), fissa, a tal fine, al 31 dicembre 2005, il termine per l’utile notifica della cartella.

6.1. Per quanto, come detto, i superiori rilievi si rivelino assorbenti, può comunque rilevarsi ad abundantiam che l’assunto della ricorrente, secondo cui la C.T.R. sarebbe incorsa in violazione del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, art. 17, risulta destituito di fondamento.

Non si ravvisa invero nella decisione impugnata un’affermazione in diritto in contrasto con le norme che si pretendono violate, nè un’applicazione delle stesse incoerente con la fattispecie in concreto considerata.

A norma del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, art. 12, comma 4, “il ruolo è sottoscritto, anche mediante firma elettronica, dal titolare dell’ufficio o da un suo delegato. Con la sottoscrizione il ruolo diviene esecutivo”.

In attuazione di tale disposizione è stato emanato il D.M. 3 settembre 1999, n. 321 (Regolamento recante norme per la determinazione del contenuto del ruolo e dei tempi, procedure e modalità della sua formazione e consegna, da emanare ai sensi del D.Lgs. 26 febbraio 1999, n. 46, artt. 4 e 10) il cui art. 2 dispone che “i ruoli formati direttamente dall’ente creditore sono redatti, firmati e consegnati, mediante trasmissione telematica al CNC, ai competenti concessionari del servizio nazionale della riscossione, di seguito denominati concessionari, in conformità alle specifiche tecniche da approvare con il decreto dirigenziale di cui all’art. 1, comma 1”.

Nel caso in esame la C.T.R. ha accertato che il ruolo è stato reso esecutivo mediante sottoscrizione con firma elettronica in data 17/12/2002, entro dunque il termine fissato dall’ora abrogato art. 17, comma 1 lett. a) D.P.R. cit. (“31 dicembre del secondo anno successivo a quello di presentazione della dichiarazione, per le somme che risultano dovute a seguito dell’attività di liquidazione prevista del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 36-bis”).

Tale accertamento secondo la ricorrente sarebbe in contrasto con le disposizioni richiamate in quanto da esse dovrebbe ricavarsi, se ben si comprende, la regola per cui, in caso di sottoscrizione con firma elettronica, l’adempimento dovrebbe inevitabilmente eseguirsi in unico contesto e, quindi, coincidere temporalmente con la trasmissione per via telematica all’agente di riscossione del ruolo.

Donde l’asserita violazione per avere la C.T.R. individuato la data di esecutività del ruolo in quella del 17/12/2002 (siccome attestata nel dettaglio del ruolo come data di apposizione del visto) anzichè in quella successiva del 25/8/2013 (recte: 25/1/2013) in cui il ruolo risulta trasmesso al concessionario.

Tale assunto è però privo di pregio, dal momento che dalle norme richiamate non si ricava affatto che la redazione, sottoscrizione del ruolo (mediante firma elettronica) e consegna ai concessionari (per via diretta o per via indiretta mediante trasmissione telematica al CNC) debba avvenire con unico atto o nello stesso contesto temporale.

Nè tanto può desumersi in via interpretativa per ragioni tecniche, peraltro nemmeno ipotizzate dalla ricorrente, nulla impedendo che l’apposizione della firma elettronica avvenga in data antecedente alla trasmissione per via telematica del ruolo al concessionario.

Tanto del resto si ricava anche dalla norma di interpretazione autentica dettata con il D.L. n. 106 del 2005, art. 1, comma 5-ter, lett. e), secondo la quale “le disposizioni contenute del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, art. 12, nei commi 1 e 4, si interpretano nel senso che i ruoli, pur se non tributari, si intendono formati e resi esecutivi anche mediante la validazione dei dati in essi contenuti, eseguita, anche in via centralizzata, dal sistema informativo dell’amministrazione creditrice”: non facendosi menzione in tale norma, ai fini in essa previsti, anche alla trasmissione per via telematica all’agente di riscossione.

7. Non può infine essere accolta la richiesta formulata dalla parte ricorrente, con la memoria depositata ai sensi dell’art. 378 c.p.c., di rivalutazione del trattamento sanzionatorio, alla luce della revisione della relativa disciplina operata, come noto, con D.Lgs. 24 settembre 2015, n. 158, in attuazione della L. 11 marzo 2014, n. 23, art. 8, comma 1.

Tale riforma – finalizzata a introdurre un criterio di proporzionalità e quindi di graduazione della sanzione base, secondo la gravità del comportamento tenuto dal contribuente – si è tradotta nella modifica di alcune norme sanzionatorie e può in taluni casi (ma non sempre, nè automaticamente) rilevarsi in concreto più favorevole per il contribuente. Da qui la questione se la stessa possa trovare applicazione retroattiva alle fattispecie pregresse, non ancora oggetto di definitivo accertamento, in virtù del principio del favor rei (lex mitior) sancito dal D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 472, art. 3, comma 3, o se invece tale principio –

come noto non munito di diretta copertura costituzionale – debba intendersi derogato, per quel che riguarda la riforma in esame, dalla norma transitoria contenuta nel cit. D.Lgs. n. 24 settembre 2015, n. 158, art. 32, comma 1, la quale stabilisce che “le disposizioni di cui al Titolo 2 del presente decreto si applicano a decorrere dal 1 gennaio 2016” (termine così modificato della L. 28 dicembre 2015, n. 208, art. 1, comma 133, quello originario essendo fissato al “1 gennaio 2017”).

Senza che metta conto prendere in questa sede posizione su tale problema, appare dirimente il rilievo che nel caso di specie la richiesta formulata dalla ricorrente si appalesa inammissibile, poichè estremamente generica e anzi meramente esplorativa (“si impone di verificare quale sia il trattamento sanzionatorio concretamente applicabile alla luce delle recenti riforme legislative”), non consentendo di verificare, in assenza di alcuna precisazione o riferimento al riguardo, se, in relazione alla fattispecie concreta, la sanzione quale concretamente applicata possa o meno trovare giustificazione nell’ambito della nuova disciplina e se, per converso, questa conduca con certezza ad un trattamento diverso.

8. Deve pertanto pervenirsi al rigetto del ricorso, con la conseguente condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali, liquidate come da dispositivo.

PQM

La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali, liquidate in Euro 8.000,00, oltre spese prenotate a debito.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 11 maggio 2016.

Depositato in Cancelleria il 6 luglio 2016

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