Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13750 del 31/05/2017


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Cassazione civile, sez. I, 31/05/2017, (ud. 15/03/2017, dep.31/05/2017),  n. 13750

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TIRELLI Francesco – Presidente –

Dott. CAMPANILE Pietro – Consigliere –

Dott. SAMBITO Maria Giovanna C. – rel. Consigliere –

Dott. VALITUTTI Antonio – Consigliere –

Dott. LAMORGESE Antonio Pietro – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 28104/2012 proposto da:

Business Fincenter S.p.a., (p.i. (OMISSIS)), in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma, Via

Postumia n. 3, presso l’avvocato Orlando Angela, rappresentata e

difesa dagli avvocati Berardi Monica, Cerchia Antonio, giusta

procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

Agenzia del Demanio, Comune di Caserta, Ministero dell’Economia e

delle Finanze;

– intimati –

e contro

Comune di Caserta, in persona del Sindaco pro tempore, elettivamente

domiciliato in Roma, Via F. De Roberto n. 36, presso l’avvocato

Veroli Francesca, rappresentato e difeso dall’avvocato Zannini

Carlo, giusta procura a margine del controricorso e ricorso

incidentale;

– controricorrente e ricorrente incidentale –

contro

Ministero dell’Economia e delle Finanze, in persona del Ministro pro

tempore, Agenzia del Demanio, in persona del legale rappresentante

pro tempore, domiciliati in Roma, Via dei Portoghesi n. 12, presso

l’Avvocatura Generale dello Stato, che li rappresenta e difende ope

legis;

– controricorrenti al ricorso incidentale –

e contro

Business Fincenter S.p.a.;

– intimata –

avverso la sentenza n. 3251/2011 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI,

depositata il 26/10/2011;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

15/03/2017 dal cons. SAMBITO MARIA GIOVANNA C.

Fatto

FATTI DI CAUSA

Il Ministero delle Finanze convenne in giudizio innanzi al tribunale di Napoli la Società Business Fincenter S.p.A. ed il Comune di Caserta per sentirli condannare alla restituzione, previo rispristino dello stato dei luoghi ed inoltre al danno da spossessamento, di mq. 460 di un’area di sua proprietà, abusivamente occupata dalla Società, che vi aveva effettuato uno sbancamento per la realizzazione di una rampa d’accesso ad un fabbricato in corso di costruzione, e di mq. 1100 occupata dalla predetta Società in base ad un decreto del Comune, giuridicamente inesistente.

Con sentenza non definitiva del 22.12.1995 il Tribunale accolse le domande restitutoria e ripristinatoria, e rimise la causa in istruttoria per la quantificazione del danno. Acquisita la disposta CTU, con sentenza definitiva del 6.12.2007, il Tribunale rigettò, invece, ogni pretesa.

Adita su gravame proposto dalla Società, avverso la sentenza non definitiva, e dall’Agenzia del Demanio e del Ministero, avverso la sentenza definitiva, la Corte d’Appello di Napoli con sentenza del 26 ottobre 2011, accolse l’impugnazione della parte pubblica. Dopo aver evidenziato che la sentenza non definitiva era passata in giudicato nei confronti del Comune, che l’area destinata a rampa di accesso non era di proprietà delle Amministrazioni statali, mentre l’altro suolo, appartenente al patrimonio indisponibile dello Stato – quale area di sedime di una caserma – e destinato a parcheggio condominiale, era già stato restituito al Demanio che lo aveva concesso in locazione ai condomini dell’edificio realizzato dalla Società, la Corte annullò la sentenza definitiva e condannò Comune e Società, in solido, al ripristino dello stato dei luoghi, anche secondo le future determinazioni del G. Es. oltre che al risarcimento dei danni, per il periodo ricompreso tra il 1.3.1992 ed il 31.12.1999 in ragione di Euro 1496,00 mensili, in riferimento ai canoni di mercato per posti auto scoperti, con devalutazione annuale ed interessi legali.

Per la cassazione della sentenza, ricorrono, in via principale la Società ed in via incidentale il Comune. Il Ministero dell’Economia e delle Finanze e l’Agenzia del Demanio resistono con controricorso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

4. Va, preliminarmente, rilevata l’ammissibilità del controricorso del Ministero e dell’Agenzia, consegnato all’agente postale per la notifica il 14.5.2014. Ed, infatti, il ricorso per cassazione è stato notificato il 5.12.2012, dalla ricorrente principale, ed il 22.21.2013, dal ricorrente incidentale, all’Avvocatura distrettuale dello Stato anzichè all’Avvocatura Generale dello Stato. La costituzione in giudizio dei destinatari ha, bensì, sanato, con efficacia ex tunc, il vizio della notifica, per il raggiungimento dello scopo dell’atto, ma, poichè la sanatoria è contestuale alla costituzione dei resistenti, la notifica del controricorso deve ritenersi tempestiva, ancorchè intervenuta oltre il termine di cui all’art. 370 c.p.c., non avendo tale termine iniziato il suo decorso in ragione del vizio di notifica dell’atto introduttivo (cfr. Cass. n. 4977 del 2015 e n. 7033 del 1997).

2. Con il primo motivo, la ricorrente principale denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c., in relazione agli artt. 2043 e 2055 c.c. La domanda avversaria si era riferita, nei suoi confronti, all’occupazione della sola estensione di mq. 460, in tesi utilizzata per la realizzazione della rampa d’accesso al fabbricato, pertanto, la condanna alla riduzione in pristino ed al risarcimento del danno, per la diversa superficie occupata dal parcheggio locato al condominio, era avvenuta in ultrapetizione.

3. Col secondo motivo, la ricorrente lamenta il vizio di motivazione in cui sono incorsi i giudici a quo nell’affermare la sua responsabilità in relazione all’estensione destinata a parcheggio riservato ai condomini dei fabbricati prospicienti. La sua attività si è sostanziata, prosegue la ricorrente, nella mera realizzazione del progetto commissionatogli dal Comune, ed aggiunge che la destinazione dell’area ad uso parcheggio impressa all’area da parte dell’Agenzia del Demanio, quando ne è tornata in possesso, esclude l’interesse della stessa alla riduzione in pristino.

4. Con il terzo motivo, deducendo la violazione degli artt. 1241, 1223 e 2043 c.c., la ricorrente afferma che la Corte ha errato nell’emettere condanna al risarcimento del danno, nonostante il Demanio avesse ottenuto il possesso dell’area, che sfruttava economicamente.

5. Con il quarto motivo, si deduce la violazione degli artt. 2043, 2056, 1223 e 1226 c.c. in ordine alla liquidazione del risarcimento, che era state determinato, non solo, senza considerare che l’Amministrazione non aveva allegato quale tipo di utilizzo avrebbe potuto imprimere all’area di sedime della caserma, ma era stato parametrato al corrispettivo della locazione di un parcheggio, che però la proprietaria non possedeva, e per la cui realizzazione essa Società aveva dovuto spendere circa Euro 150.000,00.

6. Con il quinto motivo (nuovamente indicato quale quarto) la ricorrente deduce, un’altra volta, la violazione degli artt. 1241, 1223 e 2043 c.c., per non avere la Corte proceduto alla compensatio lucri cum damno: un’area di sedime trasformata in parcheggio avrebbe dovuto compensare il mancato uso della prima per il tempo necessario per la realizzazione del secondo.

7. Con il primo motivo del ricorso incidentale, il Comune deduce che, nel ritenere passata in giudicato la statuizione con cui la sentenza non definitiva di primo grado aveva affermato la sua responsabilità, i giudici a quo sono incorsi in violazione degli artt. 1306, 2909 e 2055 c.c., nonchè art. 331 c.p.c.

8. Con il secondo motivo, il Comune lamenta la violazione degli artt. 2727 e 2729 c.c. e artt. 112 e 116 c.p.c. Avendo l’Agenzia del Demanio accettato l’area di sedime, derivante dal crollo dell’ex caserma (OMISSIS), nella sua nuova destinazione, pure ricevendone un lauto compenso, l’azione ripristinatoria doveva ritenersi implicitamente rinunciata, con conseguente cessazione della materia del contendere.

9. Con il terzo motivo, si denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt. 1223, 2043 e 2697 c.c., oltre che vizio di motivazione. In materia risarcitoria, il danno deve essere provato da chi lo pretende e non deve essere astrattamente presunto. Nella specie, nessun danno risulta esser stato ex adverso dedotto, essendo l’area in totale stato di abbandono.

10. Il primo motivo del ricorso principale, frutto di una lettura frammentaria della citazione introduttiva del giudizio, è infondato. E’ bensì vero, infatti, che l’amministrazione ha distinto le superfici dell’area di sua proprietà in riferimento alle destinazioni impresse dagli occupanti abusivi ma è altrettanto vero che, com’è evidente dall’esame globale del menzionato atto e dalla citazione d’appello, cui questa Corte può avere accesso, in ragione del vizio dedotto, la stessa ha inteso conseguire nei confronti di entrambi i convenuti, di cui ha chiesto la condanna in solido, la piena tutela reipersecutoria e risarcitoria connessa con il tipo di azione, reale, azionata, senza predeterminarne, affatto, in termini assoluti le rispettive responsabilità.

11. Il primo motivo del ricorso incidentale, che, per comodità espositive, va ora esaminato, è infondato. L’obbligazione solidale passiva non comporta, sul piano processuale, l’inscindibilità delle cause in quanto, avendo il creditore titolo per rivalersi per l’intero nei confronti di ogni debitore, è sempre possibile la scissione del rapporto processuale, che può utilmente svolgersi anche nei confronti di uno solo dei coobbligati, sicchè, contrariamente a quanto dedotto dal ricorrente incidentale, non ricorre una delle ipotesi previste dall’art. 331 c.p.c. Pertanto, quando, come nella specie, la sentenza sia stata resa in un giudizio cui abbiano partecipato i condebitori, operano le preclusioni proprie del giudicato, con la conseguenza che la mancata impugnazione da parte di uno dei debitori solidali, soccombente in un rapporto obbligatorio scindibile determina il passaggio in giudicato della sentenza nei suoi confronti, ancorchè altri condebitori solidali l’abbiano impugnata e ne abbiano ottenuto l’annullamento o la riforma (Cass. 30/09/2014 n. 20559).

12. I motivi secondo del ricorso principale e di quello incidentale, attinenti alla condanna alla restitutio in integrum vanno esaminati congiuntamente. Gli stessi sono infondati. Va, anzitutto, ribadita la piena responsabilità della Società nella trasformazione del suolo, essendone stata l’autrice materiale ed essendo irrilevante nei confronti della danneggiata la convenzione (del 13.3.1992 com’è riportato a pag. 7 della sentenza) che la legava al Comune e le imponeva la realizzazione del parcheggio nell’area illegittimamente occupata. Va, poi, rilevato che la tutela riservata ai diritti reali non consente di ritenere satisfattoria, e, dunque, di pronunciare la cessazione della materia del contendere, in riferimento alla mera restituzione del suolo, dovendo ritenersi necessaria per la compiuta rimozione del fatto lesivo la statuizione diretta ad ottenere la riduzione in pristino (cfr. in tema di c.d. occupazione c.d. ursurpativa Cass. SU 20/05/2016 n. 10499ed, in genere, in tema di occupazione c.d. espropriativa Cass. SU 19/1/2015 n. 735).

13. I motivi terzo e quarto del ricorso principale e terzo di quello incidentale, relativi alle statuizioni risarcitorie, sono parzialmente fondati.

14. La pronunzia impugnata ha riconosciuto il diritto al risarcimento e lo ha liquidato in riferimento al valore locativo del bene usurpato. Ora, secondo la giurisprudenza maggioritaria (cfr., in proposito, Cass. 9/8/2016 n.16670; 16/04/2013, n. 9137; 28/05/2014 n. 11992; 08/05/2006 n. 10498; 11/02/2008 n. 3251; 10/02/2011 n. 3223; 15/10/2015 n. 20823; 07/08/2012 n. 14222) alla quale va data continuità, in caso di occupazione illegittima di un immobile è ravvisabile, secondo una presunzione iuris tantum, l’esistenza di un danno connesso alla perdita della disponibilità del bene ed all’impossibilità di conseguire l’utilità ricavabile dal bene medesimo, in relazione alla sua natura normalmente fruttifera, onde la relativa liquidazione può ben essere operata dal giudice sulla base di presunzioni semplici, con riferimento al cosiddetto danno figurativo, id est al valore locativo del bene. Ma, nella specie, a parte che non costa sia stato allegato alcunchè al riguardo da parte delle Amministrazioni danneggiate, è incontroverso che il bene occupato fosse l’area di sedime risultante dal crollo dell’immobile adibito a caserma, sicchè la liquidazione del danno rapportato alla locazione di un parcheggio è illogica, perchè è riferita a manufatto diverso (parcheggio scoperto) rispetto a quello occupato (area di sedime), e senza neppure dedurre i costi della relativa realizzazione.

15. La sentenza va pertanto cassata con rinvio, restando assorbita la doglianza relativa alla mancata valutazione della compensatio lucri cum damno, alla Corte d’Appello di Napoli in diversa composizione, che provvederà, anche, a liquidare le spese del presente giudizio di legittimità.

PQM

 

Rigetta i motivi primo e secondo dei ricorsi principale ed incidentale accoglie, nei sensi di cui in motivazione i motivi terzo e quarto del principale e terzo dell’incidentale, assorbito il quinto del principale, cassa e rinvia, anche per le spese, alla Corte d’Appello di Napoli, in diversa composizione.

Così deciso in Roma, il 15 marzo 2017.

Depositato in Cancelleria il 31 maggio 2017

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