Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1375 del 26/01/2015


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Civile Sent. Sez. 6 Num. 1375 Anno 2015
Presidente:
Relatore: PETITTI STEFANO

sentenza con
motivazione semplificata

SENTENZA
sul ricorso proposto da:

CATTA Luigi (CTT LGU 40H21 H501C) rappresentato e difeso,
per procura speciale in

calce al ricorso, dall’Avvocato

Anna Rita Moscioni, elettivamente domiciliato in Roma, via
Acquedotto Paolo n. 22, presso Marinelli Biagio;
– ricorrente contro
MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE, in persona del
Ministro

pro tempore,

rappresentato e difeso

dall’Avvocatura generale dello Stato, presso i cui uffici
in Roma, via dei Portoghesi 12, è domiciliato per legge;
– resistente –

Data pubblicazione: 26/01/2015

per la cassazione del decreto della Corte d’appello di
Perugia depositato il 24 luglio 2013 (R.G. 3124/2012
V.G.).
Udita la relazione della causa svolta nella pubblica

Stefano Petitti.
Ritenuto che, con ricorso depositato il l ° settembre
2010 presso la Corte d’appello di Perugia, Catta Luigi
chiedeva la condanna del Ministero dell’economia e delle
finanze al pagamento dei danni morali derivanti dalla
irragionevole durata di un giudizio iniziato dinnanzi al
TAR Lazio con ricorso depositato il 3 maggio 1991,
definito con decreto di perenzione in data 31 maggio 2010;
che l’adita Corte d’appello, rilevato che nel corso
del giudizio non era stata presentata alcuna istanza di
prelievo e che dopo il diniego della richiesta di
sospensiva, il Catta era rimasto del tutto inerte, tanto
che il processo si era concluso con decreto di perenzione,
rigettava la domanda;
che per la cassazione di questo decreto Catta Luigi ha
proposto ricorso sulla base di un motivo;
che il Ministero della giustizia non ha resistito con
controricorso, ma ha depositato atto di costituzione ai
fini della eventuale partecipazione all’udienza di
discussione.

-2-

udienza del 17 dicembre 2014 dal Presidente relatore Dott.

Considerato che il Collegio ha deliberato l’adozione
di una motivazione semplificata nella redazione della
sentenza;
che con l’unico motivo di ricorso il ricorrente

seguenti della legge n. 89 del 2001 e dell’art. 54 del
decreto-legge n. 112 del 2008, nonché omessa,
insufficiente, illogica e/o contraddittoria motivazione,
rilevando, da un lato, che la mancata presentazione della
istanza di prelievo altro effetto non poteva avere che
quello di limitare l’indennizzo per la irragionevole
durata alla data del 25 giugno 2008, di entrata in vigore
del decreto-legge n. 112 del 2008; dall’altro, che,
contrariamente a quanto affermato dalla Corte d’appello,
la conclusione del giudizio con decreto di perenzione non
comporta la vanificazione del diritto all’indennizzo con
riferimento al periodo precedente;
che il ricorso è fondato, nei sensi di seguito
indicati;
che, invero, nella giurisprudenza di questa Corte si è
chiarito che la mancata presentazione delle istanze
sollecitatorie nel giudizio amministrativo, soprattutto
con riguardo a domande di equa riparazione anteriori al 16
settembre 2010, non preclude la indennizzabilità del
pregiudizio da irragionevole durata del giudizio

-3-

denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 2 e

presupposto, potendo soltanto incidere sulla entità
dell’indennizzo liquidabile;
che, infatti, si è affermato che «in tema di equa
riparazione per irragionevole durata del processo

pur disponendo per il futuro, dà rilievo alla circostanza
che, nei giudizi amministrativi, l’istanza di prelievo ha
da tempo assunto la funzione di segnalare al giudice il
permanente interesse della parte alla definizione del
giudizio, sovente venuto meno per circostanze sopravvenute
alla sua proposizione (quali atti di autotutela o
sanatorie), con la conseguenza che la mancata
presentazione dell’istanza, nonostante il lungo tempo
trascorso dalla proposizione della domanda, costituisce
indice di scarso interesse alla lite e legittima,
pertanto, la liquidazione del risarcimento in misura
inferiore rispetto a quella normalmente ritenuta congrua
(Cass. n. 3271 del 2011);
che, d’altra parte, si è anche precisato che «in
materia di equa riparazione per durata irragionevole del
processo, la dichiarazione di perenzione del giudizio da
parte del giudice amministrativo non consente di ritenere
insussistente il danno per disinteresse delle parte a
coltivare il processo, in quanto in tal modo verrebbe a
darsi rilievo ad una circostanza sopravvenuta la

-4-

amministrativo, l’art. 54 del d.l. 25 giugno 2008, n. 112,

dichiarazione di estinzione del giudizio – successiva
rispetto al superamento del limite di durata ragionevole
del processo. Ne consegue che va riconosciuto il diritto
all’equa riparazione con riferimento al superamento del

limitare l’ammontare annuo dell’indennizzo solo in
considerazione dell’esiguità della causa dichiarata
perenta» (Casa. n. 15 del 2004);
che il decreto impugnato si discosta da tali principi,
4′

atteso che desume dalla mancata presentazione della
istanza di prelievo e dalla conclusione del giudizio
presupposto con decreto di perenzione, la insussistenza di
un qualsivoglia patema d’animo;
che il ricorso va quindi accolto e il decreto
impugnato cessato, con rinvio della causa alla Corte
d’appello di Perugia perché, in diversa composizione,
provveda a nuovo esame della domanda di equa riparazione
alla luce degli indicati principi, tenendo altresì conto
dell’oggetto della controversia;
che al giudice di rinvio è demandata altresì la
regolamentazione delle spese del giudizio di cassazione.
PER QUESTI MOTIVI
La Corte accoglie il ricorso nei sensi di cui in
motivazione;

cassa

il

decreto impugnato

e

rinvia

la

termine di durata decorso il primo triennio, potendosi

causa, anche per le spese del giudizio di cassazione, alla
Corte d’appello di Perugia, in diversa composizione.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della

VI – 2 Sezione civile della Corte suprema di cassazione,

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