Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13748 del 31/05/2013


Clicca qui per richiedere la rimozione dei dati personali dalla sentenza

Civile Sent. Sez. 5 Num. 13748 Anno 2013
Presidente: GRECO ANTONIO
Relatore: CIRILLO ETTORE

SENTENZA

sul ricorso 31671-2007 proposto da:
AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del
Direttore pro tempore, elettivamente
domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12,
presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO,
2012

che lo rappresenta e difende ope legis;
– ricorrente –

2670
contro

Data pubblicazione: 31/05/2013

PIVETTA MAURO PAOLO;
– intimato sul ricorso 2652-2008 proposto da:

PIVETTA

MAURO

elettivamente

PAOLO,

presso lo studio dell’avvocato RUSSO
CORVACE GIUSEPPE, che lo rappresena e
difende unitamente all’avvocato D’OTTAVIO
OTTAVIO giusta delega a margine;
– controricorrente e ricorrente incidentale

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE;
– intimato –

avverso la sentenza n.
COMM.TRIB.REG.

di

31/2007 della

TRIESTE,

depositata

1’08/05/2007;
udita la relazione della causa svolta nella
pubblica udienza del 21/12/2012 dal
Consigliere Dott. ETTORE CIRILLO;
udito per il ricorrente l’Avvocato D’ASCIA
che ha chiesto l’accoglimento del ricorso
principale, rigetto ricorso incidentale;
udito per il controricorrente l’Avvocato

domiciliato in ROMA VIA DELLA SCROFA 57,

RUSSO CORVACE che ha chiesto l’accoglimento
del ricorso incidentale, rigetto ricorso
principale;
udito il P.M. in persona del Sostituto
Generale

SORRENTINO

che

l’accoglimento

del

Dott.

ha

concluso

ricorso

rigetto ricorso incidentale.

FEDERICO
per

principale,

Procuratore

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

A. Con sentenza dell’8 maggio 2007 la commissione tributaria del Friuli Venezia Giulia ha rigettato gli appelli principale e incidentale proposti dall’Agenzia

nunzia della CTP di Pordenone, confermando l’avviso
di accertamento per l’anno 1999 quanto all’IVA a suo
carico e il suo annullamento quanto all’IRPEF dovuta
quale sostituto d’imposta.
B. Ha motivato la decisione ritenendo che l’utilizzo di
maestranze fornite dal Consorzio C.L.M. (riferibile a
tale Paier Maurizio) costituiva, sulla scorta di fonti escusse dalla Guardia di Finanza, violazione del
divieto d’intermediazione di manodopera; il che,
stante la diretta riferibilità legale delle posizioni
giuridiche dei lavoratori al committente e non al
fornitore di manodopera illegittima era stata la detrazione

dell’IVA

esposta

nelle

fatture

dall’apparente appaltatore. Tali elementi non avevano
trovato smentita, ancorché si trattasse di detrazioni
fiscali, con onere della prova a carico del contribu-

ente. Inoltre, riguardo alla sentenza del giudice del
lavoro che aveva escluso la violazione del divieto
d’intermediazione, la CTR rivendicava l’autonoma ri-

200731671_1deLdoc

1

delle entrate e da Pivetta Mauro Paolo contro la pro-

valutazione degli elementi probatori in sede tributaria.
C. Diversamente, riguardo all’IRPEF non versata quale

sostituto d’imposta, la CTR sosteneva che l’art.1

mento dal quale poter desumere che l’equiparazione
legale dei lavoratori dell’intermediario a quella di
dipendenti dell’utilizzatore si estendesse dal campo
lavori stico, previdenziale e assicurativo, facendo
dell’utilizzatore un sostituto d’imposta.
P. Propone ricorso per cassazione, affidato a un motivo,
l’Agenzia delle entrate; il contribuente resiste con

controricorso e ricorso incidentale condizionato.
MOTIVI DELLA DECISIONE
E. Con unico motivo, denunciando violazione della legge

1369

del 1960 (art.1) e del d.p.r. 600 del 1973

(art.23), l’Agenzia delle entrate, ricorrente princi-

pale, rileva che le sezioni unite di questa Corte
hanno stabilito, per il caso di violazione del divieto d’intermediazione, che “chi utilizza dette prestazioni deve adempiere tutte le obbligazioni a qualsiasi titolo nascenti dal rapporto di lavoro” e che “solo sull’appaltante (interponente) gravano gli obblighi in materia di trattamento economico e normativo

200731671_1deLdoc

2

della legge 1369/1960 non conteneva che alcun riferi-

scaturenti da rapporto di lavoro”. Tra tali obblighi

vi sarebbe anche quello di operare quale reale datore
di lavoro le ritenute d’acconto sulle retribuzioni
corrisposte dal lavoratore in base alla normativa fi-

F. La legge 23 ottobre 1960, n.1369 (Divieto di intermediazione ed interposizione nelle prestazioni di lavo-

ro e

nuova disciplina dell’impiego di mano d’opera

negli appalti di opere e di servizi), nel testo vi-

gente “ratione temporis”, all’art.1 stabilisce che
“é vietato all’imprenditore di affidare in appalto o
in subappalto o in qualsiasi altra forma, anche a
società

cooperative, l’esecuzione di mere prestazio-

ni lavoro mediante impiego di manodopera assunta e
retribuita

dall’appaltatore o dall’intermediario,

qualunque sia la natura dell’opera o del servizio cui
le prestazioni si riferiscono” (co.1) e che ” è altresi’ vietato all’imprenditore di affidare ad intermediari, siano questi dipendenti, terzi o socíeta

anche se cooperative, lavori da eseguirsi

a cottimo

da prestatori di opere assunti e retri-

buiti da tali intermediari”.
Afferma, inoltre che, “è considerato appalto di mere
prestazioni di lavoro ogni forma di appalto o subap-

200731671_1defdoc

3

scale. Il motivo è fondato.

palto, anche per esecuzione di opere o di servizi,
ove l’appaltatore impieghi capitali, macchine ed attrezzature fornite dall’appaltante, quand’anche per
il loro uso venga corrisposto un compenso all’appal-

Prescrive, infine, che “i prestatori di lavoro, occupati in violazione dei divieti posti dal presente articolo, sono considerati, a tutti gli effetti, alle
dipendenze dell’imprenditore che effettivamente abbia
utilizzato le loro prestazioni (ult. co .).
. Riguardo alle “ritenute sui redditi di lavoro dipendente”, il d.p.r. 29 settembre 1973, n. 600 (Disposizioni comuni in materia di accertamento delle imposte
sui redditi), nel testo vigente “ratione temporis”,
all’art.23 stabilisce che coloro i quali
“…corrispondono somme e valori di cui all’articolo
18 dello stesso testo
della

unico [decreto del Presidente

Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917], devono

operare all’atto del pagamento una ritenuta a titolo
di acconto dell’imposta sul reddito delle persone
fisiche dovuta dai percipienti, con obbligo di rivalsa”.
Aggiunge che, “nel caso in cui la ritenuta da operare sui predetti valori non trovi capienza, in tutto o

200731671_1defdoc

4

tante”.

in

parte, sui contestuali pagamenti in denaro, il

sostituito e’ tenuto a versare al sostituto l’impor-

to corrispondente all’ammontare della ritenuta”.
H. Le sezioni unite – con la fondamentale sentenza del

te che “nelle prestazioni di lavoro cui si riferiscono – prima dell’intervenuta abrogazione ad opera
dell’art. 85

comma 1, lett. c), d.1g. 10 settembre

2003, n. 276 – i primi tre commi dell’art. l l. 23
ottobre 1960, n. 1369, la nullità del contratto fra
committente ed appaltatore (o intermediario) e la
previsione dell’ultimo comma dello stesso articolo secondo cui i lavoratori sono considerati a tutti gli
effetti alle dipendenze dell’imprenditore che ne ab-

bia utilizzato effettivamente le prestazioni – comportano che solo sull’appaltante (o interponente)
gravano gli obblighi in materia di trattamento economico e normativo scaturenti dal rapporto di lavoro,
nonché gli obblighi in materia di assicurazioni sociali,

non

potendosi configurare una (concorrente)

responsabilità

dell’appaltatore (o interposto) in

virtù dell’apparenza del diritto e dell’apparente titolarità del rapporto di lavoro, stante la specifici-

200731671_1deLdoc

5

26 ottobre 2006, n. 22910 — sanciscono definitivamen-

tà del suddetto rapporto e la rilevanza sociale degli
interessi ad esso sottesi”.
I. Se i lavoratori intermediati sono considerati per
legge

dipendenti dell’imprenditore appaltante o in-

blighi retributivi, previdenziali, assicurativi e
normativi in generale, al medesimo devono incombere
anche i normali obblighi fiscali posti dalla legge
tributaria a carico esclusivo di chi sia datore di
lavoro. Tra tali obblighi v’è pure quello della ritenuta d’acconto. Esso è diretto ad agevolare non solo
la riscossior4 ma anche l’accertamento degli obblighi
del percettore del reddito. Perciò la mancata effettuazione della ritenuta, da parte del sostituto, non
elimina il suo obbligo di versare la somma corrispondente (“perpetuatio obligationis”), fermo il suo diritto di cd. rivalsa successiva (C. 17515/02).
J. Dunque, il sistema della ritenuta d’acconto non può
che conformarsi al concreto atteggiarsi del rapporto
di lavoro generatore dell’obbligo tributario: se non
può esservi che un solo datore di lavoro,
l’interponente, non può che esservi un solo sostituto
d’imposta quale datore di lavoro ex art.23 del d.p.r.
600 del 1973 [e ciò indipendentemente dalla concreta

200731671_1deLdoc

6

terponente e se a costui soltanto incombono gli ob-

erogazione di somme, atteso che persino “nel caso in
cui la ritenuta da operare non trovi capienza … il
sostituito é tenuto a versare al sostituto l’importo
corrispondente all’ammontare della ritenuta”]. Diver-

le sistema proprio i casi d’intermediazione e
d’interposizione vietate, nonostante la specificità
dei

suddetti rapporti e la rilevanza sociale degli

interessi a essi sottesi, di sicura rilevanza costituzionale, anche in prospettiva antievasiva.
K. Del resto, in tesi generale, quando la legge prevede

la figura del sostituto d’imposta, egli è debitore
verso il Fisco, poiché, riguardo alla ritenuta
d’acconto, è un obbligato amministrativo, così come

chiarisce lo stesso d.p.r. 600 del 1973, art.64 (Sostituto e responsabile d’imposta), secondo cui “chi
in forza di disposizioni di legge é obbligato al pagamento di imposte in luogo di altri, per fatti o situazioni a questi riferibili ed anche a titolo di
acconto, deve esercitare la rivalsa”, mentre “il sostituito ha facoltà di intervenire nel procedimento di accertamento dell’imposta”.
Coerentemente, il d.p.r. 602 del 1973, all’art. 35
(Solidarietà del sostituto di imposta), prevede che

9

00731671_1def.doc

7

samente opinando finirebbero col restare fuori da ta-

”quando il sostituto viene iscritto a ruolo per imposte, sopratasse e interessi relativi a redditi sui
quali non ha effettuato ne’ le ritenute a titolo
di imposta ne’ i relativi versamenti, il sostituito

versamenti diretti), prevede che “il soggetto che ha
effettuato il versamento diretto puo’ presentare …
istanza di rimborso … nel caso di errore materiale, duplicazione ed inesistenza totale o
parziale dell’obbligo di versamento”.
«<>»
L. Accertato che sull’appaltante o interponente gravano
anche gli obblighi in materia fiscale scaturenti dal
rapporto di lavoro, va esaminato il ricorso incidentale. Partendo dal secondo mezzo, preliminare sul piano logico, il contribuente sostiene che “il capo
della sentenza d’appello relativo all’IVA deve … essere cassato”, denunciando “violazione e falsa applicazione dell’art.19 d.p.r. n.633/1972, dell’art. 7
d.lgs. n. 546/1992, dell’art. 2697 cod. civ. e
dell’art. 115 cod. proc. civ.”, nonché “insufficiente
motivazione circa un fatto controverso e decisivo per
il giudizio”. Chiede, in proposito, di pronunciarsi
sqseguente quesito di diritto: “se la sentenza del

200731671_1defdoc

8

e’ coobbligato in solido” e, all’art. 38 (Rimborso di

giudice

ordinario

che

non

ritenga

provata

l’intermediazione di manodopera possa essere, da una
parte, disattesa dal giudice tributario e,
dall’altra, assunta ad elemento di prova con

testimoniali, peraltro contraddittorie con altre
risultanze probatorie”. Il mezzo è inammissibile.
M. Si rileva, in primo luogo, che esso è globalmente carente di specificità (art. 366 c.p.c.; SU 23019/07).
Infatti, il ricorrente che, in sede di legittimità,
denunci il difetto di motivazione su risultanze probatorie e/o processuali (nella specie: favorevole
sentenza del giudice del lavoro sui rapporti previdenziali; contraddittorietà delle deposizioni assunte

in quella sede; rilievi dei verbalizzanti in sede di
p.v.c.) ha l’onere d’indicare specificamente il contenuto dei documenti trascurati o erroneamente interpretati dal giudice di merito, provvedendo alla loro
trascrizione, almeno nelle parti più salienti e significative, al fine di consentire al giudice di legittimità il controllo della decisività dei fatti da
provare, e, quindi, delle prove stesse, che la S.C.
deve essere in grado di compiere sulla base delle deduzioni contenute nell’atto, alle cui lacune non è

200731671_1def.doc

9

riferimento alle risultanze delle sole prove

consentito sopperire con indagini integrative (C.
19495 del 2011, 30740/11, 21550/11). Nulla di quanto
necessario è leggibile nella specie, mancando nel
mezzo in esame persino qualsiasi riferimento concreto

zione probatoria, ritenuta decisiva ma trascurata (o
malamente valutata) a fini motivazionali (SU
22726/11, in motiv. §6; conf. C. 21783/11).
N. Le medesime insanabili carenze riguardo alla stessa
documentazione, adttta però come rivelatrice di scorretta applicazione di norme di diritto, affliggono
anche la censura giuridica contestualmente contenuta
nel motivo (C. 20028/11).
O. Inoltre, riguardo segnatamente alla censura per motivazione “insufficiente” ex art. 360 n.5 c.p.c., si
osserva che il mezzo è inammissibile anche sotto altri profili formali, oltre a quello sopra evidenziato. Trascura – infatti – il ricorrente che l’art.
360, comma l, n. 5, c.p.c. (nel testo vigente “ratione temporis”) fa riferimento al “fatto controverso e
decisivo per il giudizio”; lièsg-o chel. dunque non deve
attenere a mere “questioni” o “punti”. Peraltro, ai
sensi dell’art. 366bis c.p.c. (vigente “ratione temporis”), il vizio motivazionale deve essere dedotto

200731671_1defcloc

10

e sui dati necessari al reperimento della documenta-

mediante

esposizione chiara e sintetica dei fatti

controversi – in relazione at d qualt,la motivazione si
assume omessa (o contraddittoria) – ovvero delle ragioni per le quali l’insufficienza rende inidonea la

lementi in ordine al carattere decisivo di tali fatti, che, come si è detto, non devono riguardare mere
questioni

o punti, dovendosi configurare in senso

storico o normativo, e potendo rilevare solo come
fatto principale ex art. 2697 c.c. o anche fatto secondario (C. 16655/11). Invece, la censura in esame k
manca del tuttoal c.d. quesito di fatto, dovendo esservi conclusione con apposito momento di sintesi,
anche quando l’indicazione del fatto decisivo contro-

verso sia rilevabile dal complesso della formulata
censura, attesa la “ratio” che sottende la disposizione indicata, associata alle esigenze del giudice
di legittimità, il quale deve poter comprendere, dalla lettura del solo quesito, quale sia l’errore motivazionale

commesso dal giudice di merito (C.

24255/11).
P. Infine, quanto alla censura per errore giuridico,

trascura il ricorrente che il quesito di diritto previsto dall’art. 366-bis c.p.c. risulta ritualmente

200731671_1defdoc

11

motivazione a giustificare la decisione, fornendo e-

formulato solo quando consenta di far comprendere
dalla sua sola lettura quale sia l’errore giuridico
asseritamene compiuto dal giudice di merito e quale,
secondo la prospettazione della parte ricorrente, la

denza che, nella specie, l’interrogativo posto a corredo del mezzo é privo dei requisiti richiesti. Infatti, il quesito di diritto deve comprendere l’indicazione sia della “regula iuris” adottata nel provvedimento impugnato, sia del diverso principio che la
parte

ricorrente assume corretto e che si sarebbe

doìbto applicare in sostituzione del primo. La mancanza, evidente nella specie, anche di una sola delle
due suddette indicazioni rende la censura inammissibile (C. 4339/08). Peraltro, il quesito di diritto,
contrariamente alla odierna formulazione, deve
investire

in pieno la “ratio decidendi” della

sentenza impugnata e proporre una alternativa di
segno opposto (C. 4044/09), altrimenti risolvendosi
in una tautologia o in un interrogativo circolare
(S.U. 28536/08), se non addirittura in una
proposizione puramente assertiva.
Q. Né il senso del quesito di diritto può essere desunto

dal contenuto del motivo, poiché, in un sistema
processuale che già prevedeva la redazione del motivo

200731671_1deLdoc

12

regola da applicare (C. 774 /2011). E’ di tutta evi-

r
esst

d.a
–3
ipreve eva la redazione del motivo

con l’indicazione della violazione denunciata, la peculiarità del disposto di cui all’art. 366-bis
c.p.c.), consiste proprio nell’imposizione di una sin-

stessa, funzionalizzata alla formazione immediata e
diretta

del principio di diritto e, quindi, al mi-

glior esercizio della funzione nomofilattica della
Corte di legittimità (C. 20409/08).
R. Nei medesimi rilievi d’inammissibilità incorre anche
il primo mezzo, con il quale il ricorrente incidentalert-i-geerr

mezzo, con il quale _sì denuncia

la violazione dell’art.112 cod. proc. civ.

e

dell’art. 2697 cod. civ., in relazione all’art. 360,
n.3 e n.4, del cod. proc. civ.”. Chiede, in proposito, pronunciarsi sul eseguente quesito di diritto:
“se il giudice di appello possa confermare la validità di un avviso di accertamento sulla base di argomenti diversi da quelli indicati dall’Ufficio, richiedendo al contribuente accertato oneri probatori
per aspetti diversi rispetto a quelli contenuti
nell’atto impositivo”.
S. Ai sensi dell’art. 366 bis c.p.c., il quesito inerente a una censura in diritto dovendo assolvere la fun-

200731671_1defdoc

13

tesi originale e autosufficiente della violazione

zione d’integrare il punto di congiunzione tra la ri4

soluzione del caso specifico e l’enunciazione del
principio giuridico generale non può essere meramente

generico e teorico, ma deve essere calato nella fat-

tutto (C. 3530/12). Inoltre il passaggio argomentativo censurato, riguardante l’onere della prova nel caso di applicazione di aliquota agevolata, benché estraneo al “thema decidendum”, è del tutto ininfluen-

te sulla pronunzia del giudice di merito che si muove
tutta

sulla prova logica e circostanziale

dell’intermediazione di manodopera; sicché manca
qualsiasi interesse del contribuente
all’impugnazione.
«<>»

T. In conclusione,

accolto il ricorso principale e ri-

gettato quello incidentale, la sentenza d’appello va
cassata senza rinvio, con rigetto nel merito del ricorso introduttivo anche riguardo all’IRPEF dovuta
dal contribuente quale sostituto d’imposta (atteso
che non v’è necessità di ulteriori accertamenti di

fatto sul punto).
U. Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo (cfr. S.U.

200731671_1deficloc

14

tispecie concreta, il che nella fattispecie manca del

CIENTE DA REGISTRAZIONE
AI SENSI DEL. n».”.:
N. 131 1’A.3
.
MATERIA ritIBUTAIRIA

n.17405 del 2012), mentre quelle dei gradi di merito

restano compensate in ragione del progressivo formarsi della giurisprudenza sull’intermediazione di manodopera.

La Corte accoglie il ricorso principale, rigetta quello
incidentale,

cassa senza rinvio la sentenza d’appello

e, decidendo nel merito, rigetta il ricorso introdutti-

vo anche riguardo all’IRPEF dovuta quale sostituto
d’imposta; condanna il contribuente alle spese del presente giudizio di legittimità, liquidate in 9000 per
compensi, oltre alle spese prenotate a debito; compensa
le spese dei gradi di merito.

Così deciso in Roma, il 21 dicembre 2012.

P.Q.M.

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA