Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13746 del 23/06/2011
Cassazione civile sez. VI, 23/06/2011, (ud. 28/04/2011, dep. 23/06/2011), n.13746
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 1
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. SALME’ Giuseppe – Presidente –
Dott. SALVAGO Salvatore – Consigliere –
Dott. RORDORF Renato – Consigliere –
Dott. CECCHERINI Aldo – Consigliere –
Dott. MACIOCE Luigi – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ordinanza
sul ricorso proposto da:
D.A. elettivamente domiciliata in ROMA, via Calcutta 45
presso l’avvocato D’Auria Alberto con l’avv. D’Avino Arcangelo dal
quale è rappresentata e difesa giusta procura in calce al ricorso;
– ricorrente –
contro
Ministero dell’Economia e delle Finanze;
– intimato –
avverso il decreto n. 7094 cron. della Corte d’Appello di Napoli
depositato il 7.09.2009;
-udita la relazione della causa svolta dal Consigliere Dott. Luigi
MACIOCE;
presente il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.
ZENO Immacolata.
Fatto
RILEVA IN FATTO
Il Collegio che il relatore designato ha depositato relazione ex art. 380 bis c.p.c. opinando nel senso:
CHE la Corte di Appello di Napoli, esaminando domanda di equa riparazione proposta da D.A. con riguardo alla durata irragionevole di un procedimento innanzi al TAR Lazio iniziato il 15.6.1994 e deciso con sentenza di rigetto in data 16/6/2009 (avente ad oggetto la riliquidazione di indennità mensa e vestiario da parte della ASL (OMISSIS)), con decreto 7.09.2009 ha rigettato la domanda affermando che la ampia prevedibilità dell’esito negativo della lite, correlato sia alla chiarezza delle norme e dei precedenti giurisprudenziali sia al carattere collettivo del ricorso, facevano ritenere esistente una originaria consapevolezza della inconsistenza della pretesa attorea e quindi escludevano il patema da ritardo;
CHE per la cassazione di tale decisione, ha proposto ricorso l’interessato con atto dell’11.3.2010 (AR del 12.3.2010), non resistito da controricorso del Ministero E.F., nel quale si lamenta la violazione di legge commessa adottando una interpretazione smentita dal costante indirizzo del S.C. e basando la ipotesi della originaria consapevolezza della inesistenza del diritto solo sull’esito della lite;
CHE appare evidente la fondatezza della censura e, di converso, l’errore di diritto commesso dalla Corte di merito, la quale, in palese violazione dei principii consolidati nella giurisprudenza di legittimità (tra le ultime Cass. n. 8513 del 2010, n. 22725 del 2009, n. 25595 del 2008), ha identificato la temerarietà nella proposizione della lite (che esclude alcun indennizzo, per la inesistenza di alcun patema) nella mera infondatezza ex post della pretesa;
CHE, infatti, ipotizzare che una domanda sia temeraria sol perchè il giudice adito abbia dichiarato infondata la questione stessa, significa far coincidere la temerarietà con la inesistenza del diritto vieppiù quando una pregressa giurisprudenza negativa non sia (come nella specie) invocabile (essendo il riferimento contenuto nel decreto generico ed assertivo); del pari far capo al carattere “collettivo” della causa appare una scelta priva di alcuna plausibilità in ordine al patema essa incidendo solo sui costi della lite;
CHE, ove si condivida il testè formulato rilievo, il ricorso può essere trattato in camera di consiglio ed accolto per manifesta fondatezza.
Diritto
OSSERVA IN DIRITTO
Il Collegio che le trascritte considerazioni, sulle quali nessun rilievo critico è giunto dalla difesa dello Stato meritano piena condivisione. Devesi quindi accogliere il ricorso e procedere alla decisione del merito non residuando margini di accertamento o di valutazione dei fatti. Posto infatti che il procedimento innanzi al TAR è durato dal 16.6.1994 al 16.6.2009 (anni 15) e che la durata irragionevole, oltre i tre anni necessari per la definizione in primo grado di un procedimento vertente su questione di mero diritto, può essere quindi stimata in anni 12, si può provvedere alla determinazione dell’indennizzo alla stregua del parametro in subjecta materia più volte indicato da questa Corte essendo congrua una valutazione indennitaria di Euro 500,00 all’anno per l’intera durata del giudizio. Nella specie pertanto andrà liquidato alla ricorrente l’indennizzo pari ad Euro 7.500,00 oltre ad interessi legali dalla domanda ed alle spese dei due gradi di giudizio.
A tanto si provvede in dispositivo, con distrazione della relativa liquidazione in favore dei difensori antistatari.
P.Q.M.
Accoglie il ricorso, cassa il decreto impugnato e decidendo nel merito condanna l’Amministrazione a versare alla ricorrente la somma di Euro 7.500,00 oltre interessi dalla domanda al saldo nonchè a corrispondere le spese di lite, che liquida:
– in Euro 1.140,00 (Euro 50,00 + 490,00 per diritti + 600,00 per onorari) oltre accessori di legge e spese generali, per il giudizio di merito, e che distrae in favore dei difensori antistatari, ed:
– in Euro 965,00 (di cui Euro 100,00 per esborsi) oltre accessori di legge e spese generali, per il giudizio di legittimità, e che del pari distrae in favore dei difensori antistatari.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 28 aprile 2011.
Depositato in Cancelleria il 23 giugno 2011