Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13746 del 06/07/2016


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Cassazione civile sez. trib., 06/07/2016, (ud. 28/04/2016, dep. 06/07/2016), n.13746

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CAPPABIANCA Aurelio – Presidente –

Dott. DI IASI Camilla – Consigliere –

Dott. LOCATELLI Giuseppe – Consigliere –

Dott. IANNELLO Emilio – rel. Consigliere –

Dott. CRICENTI Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso iscritto al n. 16421/2010 R.G. proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

P.M., rappresentata e difesa dall’Avv. Giorgio

Pongelli del Foro di Frosinone ed elettivamente domiciliata in

Roma, Via F.A. Gualtiero, n. 70, presso lo studio dell’Avv. Davide

Gastaldi, giusta procura a margine del controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale del Lazio,

n. 124/40/2009, depositata il 27/04/2009.

Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 28

aprile 2016 dal Relatore Cons. Dott. Emilio Iannello;

udito per la controricorrente l’Avv. Giorgio Pongelli;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

BASILE Tommaso, il quale ha concluso per l’accoglimento.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. Con sentenza del 27/4/2009 la C.T.R. del Lazio, sezione staccata di Latina, accoglieva l’appello proposto da P.M. avverso la sentenza di primo grado che aveva dichiarato inammissibile il ricorso dalla stessa proposto contro l’avviso di accertamento con il quale l’Agenzia delle entrate – avuto riguardo agli esiti dell’accertamento separatamente condotto nei confronti della società “Call Service s.a.s. di L. C.” da essa partecipata al 60% –

aveva rideterminato, a fini Irpef, per l’anno d’imposta 2003, un maggior reddito da partecipazione.

In motivazione i giudici d’appello rilevavano testualmente: “la rettifica del reddito di partecipazione… deriva dalla rettifica del reddito d’impresa, a carico della società per il nesso inscindibile tra entrambi i redditi (D.P.R. n. 917 del 1986, art. 5), conseguentemente si uniforma la decisione inerente la presente vertenza a quella emessa per la società. In data odierna questa commissione ha accolto l’appello della società”.

2. Avverso tale sentenza propone ricorso per cassazione l’Agenzia delle entrate articolando tre motivi.

Resiste la contribuente depositando controricorso.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

3. Con il primo motivo di ricorso l’Agenzia delle entrate deduce violazione e falsa applicazione del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, artt. 14 e 29; del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 597, art. 5 e dell’art. 274 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4.

Rileva che, stante l’unitarietà dell’accertamento condotto nei confronti della società e dei soci e il conseguente litisconsorzio necessario tra di essi, la mancata integrazione del contraddittorio comporta la nullità di tutte le attività processuali conseguenti e il regresso del processo in primo grado.

Formula in tali termini quesito di diritto.

4. Con il secondo motivo la ricorrente deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 2909 c.c. e dell’art. 5 T.U.I.R., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, per avere la C.T.R. erroneamente postulato l’esistenza di un giudicato sulla sentenza separatamente pronunciata nella controversia avente ad oggetto l’avviso di accertamento emesso nei confronti della società, trattandosi di decisione non ancora definitiva ma pendendo avverso di essa ricorso per cassazione proposto dall’Agenzia. Formula conferente quesito di diritto.

5. Con il terzo motivo l’Agenzia ricorrente deduce infine violazione e falsa applicazione dell’art. 295 c.p.c. e dell’art. 5 T.U.I.R., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, per avere la C.T.R. omesso di sospendere il giudizio in attesa del passaggio in giudicato della sentenza emessa nei confronti della società. Formula quesito di diritto.

6. E’ infondato il primo motivo di ricorso.

La premessa da cui muove l’Agenzia delle entrate, circa l’unitarietà dell’accertamento condotto nei confronti della società di persone e dei soci e la conseguente sussistenza di litisconsorzio necessario tra di essi nel giudizio promosso dalla società e/o dai soci avverso di essi, è certamente esatta.

Varrà al riguardo rammentare che, secondo principio fermo nella giurisprudenza di questa S.C., a partire dall’arresto di Cass. Civ., Sez. U, n. 14815 del 04/06/2008, Rv. 603330, “in materia tributaria l’unitarietà dell’accertamento che è alla base della rettifica delle dichiarazioni dei redditi delle società di persone e delle associazioni di cui al D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 5 e dei soci delle stesse e la conseguente automatica imputazione dei redditi a ciascun socio, proporzionalmente alla quota di partecipazione agli utili ed indipendentemente dalla percezione degli stessi, comporta che il ricorso tributario proposto anche avverso un solo avviso di rettifica, da uno dei soci o dalla società, riguarda inscindibilmente sia la società che tutti i soci – salvo il caso in cui questi prospettino questioni personali -, sicchè tutti questi soggetti devono essere parte dello stesso procedimento e la controversia non può essere decisa limitatamente ad alcuni soltanto di essi; siffatta controversia, infatti, non ha ad oggetto una singola posizione debitoria del o dei ricorrenti, bensì gli elementi comuni della fattispecie costitutiva dell’obbligazione dedotta nell’atto autoritativo impugnato, con conseguente configurabilità di un caso di litisconsorzio necessario originario”.

Tuttavia, nel caso di specie, l’esigenza sostanziale del simultaneus processus deve ritenersi soddisfatta in entrambi i gradi di merito, nella prospettiva affermata da Cass. Civ., Sez. 5, n. 3830 del 18/02/2010, Rv. 611765, secondo cui “nel processo di cassazione, in presenza di cause decise separatamente nel merito e relative, rispettivamente, alla rettifica del reddito di una società di persone ed alla conseguente automatica imputazione dei redditi stessi a ciascun socio, non va dichiarata la nullità per essere stati i giudizi celebrati senza la partecipazione di tutti i litisconsorti necessari (società e soci) in violazione del principio del contraddittorio, ma va disposta la riunione quando la complessiva fattispecie, oltre che dalla piena consapevolezza di ciascuna parte processuale dell’esistenza e del contenuto dell’atto impositivo notificato alle altre parti e delle difese processuali svolte dalle stesse, sia caratterizzata da: (1) identità oggettiva quanto a causa petendi dei ricorsi; (2) simultanea proposizione degli stessi avverso il sostanzialmente unitario avviso di accertamento costituente il fondamento della rettifica delle dichiarazioni sia della società che di tutti i suoi soci e, quindi, identità di difese; (3) simultanea trattazione degli afferenti processi innanzi ad entrambi i giudici del merito; (4) identità sostanziale delle decisioni adottate da tali giudici. In tal caso, la ricomposizione dell’unicità della causa attua il diritto fondamentale ad una ragionevole durata del processo (derivante dall’art. 111 Cost., comma 2 e dagli artt. 6 e 13 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali), evitando che con la (altrimenti necessaria) declaratoria di nullità ed il conseguente rinvio al giudice di merito, si determini un inutile dispendio di energie processuali per conseguire l’osservanza di formalità superflue, perchè non giustificate dalla necessità di salvaguardare il rispetto effettivo del principio del contraddittorio” (Conf. Cass., Sez. 6-5, Ord. n. 2014 del 29/01/2014, Rv. 629182; Sez. 5, n. 22122 del 29/10/2010, Rv.

615662; Sez. 5, n. 16223 del 09/07/2010, Rv. 614045; v. anche, Sez. 5, n. 2907 del 10/02/2010, Rv. 611850).

Secondo quanto dedotto dalla controricorrente ed è ricavabile anche dalla sentenza, si è infatti in presenza di ricorsi che, pur proposti separatamente dai soci e dalla s.a.s. avverso i distinti avvisi di accertamento nascenti dalla medesima rettifica operata nei confronti di quest’ultima e mai formalmente riuniti nei giudizi di merito, sono stati di fatto trattati contestualmente e decisi, sia in primo che in secondo grado, nelle medesime udienze.

In tale contesto a soddisfare la permanente esigenza del simultaneus processus nel presente giudizio di legittimità basterebbe – e sarebbe in astratto necessaria – la riunione dei ricorsi separatamente proposti dalla società e dall’altro socio ( L. C.) avverso le sentenze nei loro confronti contestualmente pronunciate.

Occorre però rilevare che i procedimenti nascenti da tali ricorsi per cassazione separatamente proposti dall’altro socio e dalla s.a.s.

avverso le sentenze nei loro confronti contestualmente pronunciate, sono stati dichiarati estinti per condono, ai sensi del D.L. 6 luglio 2011, n. 98, art. 39, comma 12, convertito con modificazioni in L. 15 luglio 2011, n. 111, giusta D.P. 28 novembre 2013, n. 26633/13 e D.P. 21 luglio 2014, n. 16547/14.

Tale evenienza rende a fortiori insussistente l’esigenza di una integrazione del contraddittorio e concorre anch’essa a privare di fondamento la censura in esame.

Sia la s.a.s. che l’altro socio, infatti, avendo definito con il condono la propria posizione tributaria per l’anno in questione, non hanno alcun interesse processualmente rilevante a partecipare al giudizio relativo all’accertamento del reddito da partecipazione dell’altra socia. Invero, l’esigenza di unitarietà dell’accertamento – che giustappunto identifica la ratio del litisconsorzio necessario anche nella peculiare ottica rilevante in materia (sez. un. 14815/2008), ove la inscindibilità è determinata dall’oggetto del ricorso nello specifico nesso tra atto impositivo e contestazione del contribuente (e v. infatti Cass. Sez. U, n. 1052/2007) – viene meno con l’intervenuta definizione da parte della società, costituente titolo per l’accertamento nei confronti delle persone fisiche.

Sicchè, non controvertendosi della qualità, di socio, ovvero della quota partecipativa a ciascuno spettante, ma, unicamente, degli effetti dell’accertamento operato nei confronti della società su ciascuno dei soci, ognuno di questi può opporre, a una definizione che costituisce titolo per l’accertamento nei suoi confronti, soltanto ragioni di impugnativa specifiche e quindi di carattere personale (v. Cass. 12856/13; 6399/2014; 12289/2015; 14926/2011;

17716/09).

7. Nella prospettiva da ultimo evidenziata, si appalesa però meritevole di accoglimento il secondo motivo, con assorbimento del terzo.

La censura con esso svolta, infatti, ancorchè erroneamente postuli l’attribuzione (in realtà insussistente) di un’efficacia di giudicato alla sentenza emessa nel giudizio contestualmente trattato dalla C.T.R. nei confronti della società, vale comunque anche a contestare il rilievo attribuito all’annullamento di tale accertamento statuito con detta sentenza.

Proprio l’intervenuta definizione di detta pendenza con condono rende la doglianza fondata, posto che priva di fondamento logico la sentenza qui impugnata in quanto basata per l’appunto sulla ritenuta insussistenza di un maggior reddito imponibile a carico della società: presupposto ora definitivamente smentito dall’adesione della società medesima al condono ex D.L. n. 98 del 2011.

Trova al riguardo applicazione la norma di cui al D.L. 28 marzo 1997, n. 79, art. 9-bis, comma 18, convertito, con modificazioni, nella L. 28 maggio 1997, n. 140, a mente del quale “l’intervenuta definizione da parte delle società od associazioni di cui all’art. 5 …

costituisce titolo per l’accertamento, ai sensi del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 41-bis e successive modificazioni e integrazioni, nei confronti delle persone fisiche che non hanno definito i redditi prodotti in forma associata” (v. Sez. 5, n. 222 del 09/01/2014, Rv. 629000; Sez. 5, n. 2827 del 09/02/2010, Rv.

611767).

In accoglimento del secondo motivo, la sentenza impugnata va quindi cassata, con rinvio al giudice a quo anche per il regolamento delle spese del presente giudizio di legittimità.

PQM

La Corte rigetta il primo motivo di ricorso; accoglie il secondo;

dichiara assorbito il terzo; per l’effetto cassa la sentenza impugnata e rinvia alla C.T.R. del Lazio, Sezione staccata di Latina, in diversa composizione, anche per il regolamento delle spese del presente giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 28 aprile 2016.

Depositato in Cancelleria il 6 luglio 2016

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