Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13744 del 23/06/2011

Cassazione civile sez. VI, 23/06/2011, (ud. 28/04/2011, dep. 23/06/2011), n.13744

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SALME’ Giuseppe – Presidente –

Dott. SALVAGO Salvatore – rel. Consigliere –

Dott. RORDORF Renato – Consigliere –

Dott. CECCHERINI Aldo – Consigliere –

Dott. FORTE Fabrizio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso proposto da:

D.A. (OMISSIS), elettivamente domiciliato

in ROMA, PIAZZA DEL POPOLO 18, presso lo studio dell’avvocato FRISANI

PIETRO L., che lo rappresenta e difende, giusta procura in calce al

ricorso;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE (OMISSIS);

– intimato –

avverso il decreto n. rep. 1735/09 della CORTE D’APPELLO di FIRENZE

del 2 0/11/09, depositato l’01/12/2009;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

28/04/2011 dal Consigliere Relatore Dott. SALVATORE SALVAGO;

è presente il P.G. in persona del Dott. IMMACOLATA ZENO.

Fatto

PREMESSO IN FATTO

1. – E’ stata depositata in cancelleria il 13.12.2010 la seguente relazione, in applicazione dell’art. 380-bis cod. proc. civ.:

1. E’ impugnato il decreto 1 dicembre 2009 della Corte di appello di Firenze che ha dichiarato improponibile la domanda di indennizzo proposta da D.A. per la durata irragionevole di un procedimento davanti al TAR della Toscana iniziato il 19 novembre 1995 e tuttora pendente davanti al Consiglio di Stato, perchè il ricorrente non aveva presentato davanti al giudice amministrativo l’istanza di cui al R.D. n. 642 del 1907, art. 51 richiesta dalla L. n. 112 del 2008, art. 54 per poter richiedere l’equa riparazione di cui alla L. n. 89 del 2001.

2. il D. ha proposto ricorso affidato a due motivi, con i quali ha dedotto di avere invece presentato più di una istanza di prelievo, nonchè violazione delle menzionate disposizioni legislative e dell’art. 11 preleggi, non potendo la normativa applicarsi ai giudizi definiti prima della sua entrata in vigore.

3. Il ricorso può essere esaminato in camera di consiglio ai sensi dell’art. 375 c.p.c., n. 5 ed essere dichiarato manifestamente fondato se sono condivise le considerazioni che seguono: il provvedimento impugnato non si è attenuto al principio enunciato al riguardo dalla Suprema Corte secondo cui “In tema di equa riparazione ai sensi della L. 24 marzo 2001, n. 89, la lesione del diritto alla definizione del processo in un termine ragionevole, di cui all’art. 6, par. 1, della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, va riscontrata, anche per le cause davanti al giudice amministrativo, con riferimento al periodo intercorso dall’instaurazione del relativo procedimento, senza che una tale decorrenza del termine ragionevole di durata della causa possa subire ostacoli o slittamenti in relazione alla mancanza dell’istanza di prelievo od alla ritardata presentazione di essa. Nè l’innovazione introdotta dal D.L. 25 giugno 2008, n. 112, art. 54, comma 2 convertito con L. 6 agosto 2008, n. 133, secondo cui la domanda non è proponibile se nel giudizio davanti al giudice amministrativo, in cui si assume essersi verificata la violazione, non sia stata presentata l’istanza “di prelievo” ai sensi del R.D. 17 agosto 1907, n. 642, art. 51 può incidere sugli atti anteriormente compiuti, i cui effetti, in difetto di una disciplina transitoria o di esplicite previsioni contrarie, restano regolati, secondo il fondamentale principio del “tempus regit actum”, dalla norma sotto il cui imperio siano stati posti in essere (Cass. 2490l/2008;

28428/2008; negli stessi termini dec. 2 giugno 2009 della CEDU in causa Daddi c/Italia).

Ha rilevato ancora la Corte nelle menzionate decisioni che “che, in applicazione delle regole stabilite dall’art. 11 preleggi, comma 1, e dall’art. 15 preleggi, concernenti la successione delle leggi (anche processuali) nel tempo, quando il giudice procede ad un esame retrospettivo delle attività svolte, ne stabilisce la validità applicando la legge che vigeva al tempo in cui l’atto è stato compiuto (con riferimento alle condizioni di proponibilità della domanda, tra le molte, Cass. n. 9467 del 1987,-n. 4676 del 1985), essendo la retroattività della legge processuale un effetto che può essere previsto dal legislatore con norme transitorie, ma che non può essere liberamente ritenuto dall’interprete. Una indebita applicazione retroattiva della legge processuale si ha dunque quando si pretenda sia di applicare la legge sopravvenuta ad atti posti in essere anteriormente all’entrata in vigore della legge nuova, sia di associare a quegli atti effetti che non avevano in base alla legge del tempo in cui sono stati posti in essere (Cass. n. 20414 del 2006)”.

2. – La relazione è stata comunicata al pubblico ministero e notificata ai difensori delle parti.

Il pubblico ministero non ha presentato conclusioni scritte.

Diritto

RITENUTO IN DIRITTO

3. – Il collegio, discussi gli atti delle parti, la soluzione prospettata nella relazione e gli argomenti che l’accompagnano ha condiviso gli uni e l’altra.

4. – il decreto impugnato va pertanto cassato e non necessitando ulteriori accertamenti, il Collegio deve decidere nel merito ai sensi dell’art. 384 cod. proc. civ. liquidando al D. un indennizzo che, viene determinato nella misura complessiva di Euro 6.500,00, tenuto conto che la Corte CEDU in numerosi giudizi di lunga durata davanti alle giurisdizioni amministrative, in cui gli interessati non hanno sollecitato in alcun modo la trattazione e/o definizione del processo mostrando sostanzialmente di non avervi interesse, ha liquidato un indennizzo forfettario per l’intera durata del giudizio che suddiviso per il numero di anni ha oscillato tra gli importi di Euro 350,00 e quello di Euro 550,00, pur se in qualche caso non è mancata una liquidazione superiore (cfr. procedimenti 675, 688 e 691/03,- 11965/03); e che l’indennizzo richiesto può dunque essere determinato in modo da non scendere al di sotto della soglia di Euro 500,00 annue, per la durata di 13 anni; il tutto con gli interessi legali dalla data della domanda giudiziale. Le spese del giudizio vanno gravate sul Ministero in ragione di metà; mentre la sproporzione tra le somme richieste e quella conseguita dalla ricorrente induce il Collegio a dichiarare compensata la restante metà.

P.Q.M.

LA CORTE accoglie il ricorso nei limiti di cui in motivazione,cassa il decreto impugnato e,decidendo nel merito ai sensi dell’art. 384 cod. proc. civ., condanna il Ministero dell’Economia e delle Finanze a corrispondere ad D.A. la somma di Euro 6.500,00 con gli interessi dalla data della domanda; lo condanna inoltre al pagamento in favore del ricorrente di metà delle spese del giudizio di merito liquidate nell’intero in complessivi Euro 1150,00, di cui Euro 600,00 per diritti e 500,00 per onorari, e di metà di quelle del giudizio di cassazione liquidate nell’intero in Euro 1000,00, di cui Euro 900,00 per onorari, unitamente al rimborso forfetario delle spese generali ed agli accessori di legge. Dichiara interamente compensata tra le parti la restante metà.

Manda alla cancelleria per le comunicazioni di cui alla L. n. 89 del 2001, art. 5.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della sesta sezione civile della Corte suprema di cassazione, il 28 aprile 2011.

Depositato in Cancelleria il 23 giugno 2011

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