Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13743 del 23/06/2011

Cassazione civile sez. VI, 23/06/2011, (ud. 28/04/2011, dep. 23/06/2011), n.13743

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SALME’ Giuseppe – Presidente –

Dott. SALVAGO Salvatore – rel. Consigliere –

Dott. RORDORF Renato – Consigliere –

Dott. CECCHERINI Aldo – Consigliere –

Dott. FORTE Fabrizio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso proposto da:

S.A., elettivamente domiciliato in ROMA, presso la

CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato DEFILIPPI

CLAUDIO (dello Studio Legale Associato Defilippi e Associati), giusta

procura speciale in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELLA GIUSTIZIA (OMISSIS), in persona del Ministro pro

tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e

difende, ope legis;

– controricorrente –

avverso il decreto n 177/09 della CORTE D’APPELLO di TORINO del

15/7/09, depositato l’11/08/2009;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

28/04/2011 dal Consigliere Relatore Dott. SALVATORE SALVAGO;

è presente il Procuratore Generale in persona del Dott. IMMACOLATA

ZENO.

Fatto

PREMESSO IN FATTO

1. – E’ stata depositata in cancelleria il 13.12.2010 la seguente relazione, in applicazione dell’art. 380-bis cod. proc. civ.:

1. E’ impugnato il decreto 11 agosto 2009 della Corte di appello di Torino che ha condannato il Ministero della Giustizia a corrispondere un indennizzo di Euro 4.000,00 ad S.A. per la durata di un processo in tema di compravendita immobiliare, pari a 7 anni in cui quest’ultimo era convenuto davanti al Tribunale di La Spezia Lecce ed eccedente di anni 4 la durata ragionevole. Ha altresì compensato per metà le spese del giudizio.

2. Il S. ha proposto ricorso affidato a tre motivi; con i quali deducendo violazione della L. n. 89 del 2001, art. 2; e dell’art. 112 cod. proc. civ. nonchè difetti di motivazione ha censurato la decisione sia nella durata ritenuta irragionevole del processo, sia nella liquidazione del quantum, sia infine in ordine alla liquidazione delle processuali, erroneamente compensate in ragione di metà.

3. Il ricorso può essere esaminato in camera di consiglio ai sensi dell’art. 375 c.p.c., n. 5 ed essere dichiarato manifestamente infondato se sono condivise le considerazioni che seguono: la Corte di Cassazione ha ripetutamente affermato che dalla L. n. 89 del 2001, art. 2 si trae la regola che nel giudizio di equa riparazione in caso di violazione del termine di durata ragionevole del processo, rileva solamente il periodo eccedente il suddetto termine, essendo sul punto vincolante il criterio chiaramente stabilito dall’art. 2, comma 3 di detta legge; e che questo parametro di calcolo, che non tiene conto del periodo di durata “ordinario” e “ragionevole”, valorizzato invece dalla Corte di Strasburgo, è conforme al principio enunciato dall’art. 111 Cost., che prevede che il giusto processo abbia comunque una durata connaturata alle sue caratteristiche concrete e peculiari, seppure contenuta entro il limite della ragionevolezza; e non esclude la complessiva attitudine della L. n. 89 di garantire un serio ristoro per la lesione del diritto in questione, come riconosciuto dalla stessa Corte europea nella sentenza 27 marzo 2003, resa sul ricorso n. 36813/97 (Cass. 3716/2008; 8603/2005; 8568/2005).

4. E’ ben vero, poi, che il giudice nazionale per la liquidazione del danno non patrimoniale deve in linea di principio uniformarsi ai parametri elaborati dalla Corte europea dei diritti dell’uomo per i casi simili, salvo il potere di discostarsene, in misura ragionevole, qualora, avuto riguardo alle peculiarità della singola fattispecie, ravvisi elementi concreti di positiva smentita di detti criteri, dei quali deve dar conto.

Ma nel caso concreto la Corte di appello si è puntualmente attenuta a questi principi in quanto ha, anzitutto, liquidato il danno non patrimoniale per il fatto in sè della violazione della durata irragionevole del processo,quale evento che si verifica normalmente, e cioè di regola per effetto della violazione stessa: senza bisogno di alcun sostegno probatorio relativo al singola fattispecie (Cass. sez. un.1239,1240 e 1241/2004 e successive). Ed ha poi determinato l’indennizzo nella misura di Euro 1.000,00 per anno applicando rigorosamente i parametri elaborati dalla Corte Edu, ed a nulla rilevando che detta Corte in alcuni casi peculiari detto indennizzo abbia elevato all’importo di Euro 1.500,00 ed in altri, per converso contenuto, in misure assai più ridotte rispetto all’importo liquidato al ricorrente.

5. In tema di regolamento di dette spese, infine, costituisce principio giurisprudenziale del tutto pacifico, che la relativa statuizione è sindacabile in sede di legittimità, nei soli casi di violazione di legge, quale si verificherebbe nell’ipotesi in cui, contrariamente al divieto stabilito dall’art. 91 cod. proc. civ., le stesse venissero poste a carico della parte totalmente vittoriosa, per cui esula, da tale sindacato e rientra, invece, nel potere discrezionale del giudice del merito, ex art. 92 cod. proc. civ., la valutazione dell’opportunità di compensare in tutto o in parte le spese di lite:nel caso peraltro motivata per la sproporzione esistente tra l’indennizzo richiesto con il ricorso e l’importo assai più modesto attribuitogli dal decreto (pari a meno di 1/3) . E ciò a prescindere dalla parziale soccombenza del ricorrente in relazione alla pretesa di conseguire l’indennizzo anche per il periodo di durata ragionevole del processo presupposto, peraltro nuovamente reiterata in questa sede di legittimità.

2. – La relazione è stata comunicata al pubblico ministero e notificata ai difensori delle parti.

Il pubblico ministero non ha presentato conclusioni scritte.

Diritto

RITENUTO IN DIRITTO

3. – Il collegio, discussi gli atti delle parti, la soluzione prospettata nella relazione e gli argomenti che l’accompagnano ha condiviso gli uni e l’altra.

4. – Il ricorso va conseguentemente respinto con condanna del soccombente S. al pagamento delle spese processuali, liquidate come da dispositivo.

P.Q.M.

LA CORTE rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali che liquida in favore del Ministero della Giustizia in complessivi Euro 900,00 oltre alle spese prenotate a debito.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della sesta sezione civile della Corte suprema di cassazione, il 28 aprile 2011.

Depositato in Cancelleria il 23 giugno 2011

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