Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13743 del 22/05/2019

Cassazione civile sez. trib., 22/05/2019, (ud. 13/11/2018, dep. 22/05/2019), n.13743

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BRUSCHETTA Ernestino Luigi – Presidente –

Dott. FUOCHI TINARELLI Giuseppe – Consigliere –

Dott. CATALLOZZI Paolo – Consigliere –

Dott. SUCCIO Roberto – Consigliere –

Dott. FICHERA Giuseppe – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso iscritto al n. 28029/2011 R.G. proposto da:

Europea s.r.l., (C.F. (OMISSIS)), in persona del legale

rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avv.ti

Riccardo Vianello e Roberto Masiani, elettivamente domiciliata

presso lo studio di quest’ultimo, in Roma piazza Adriana 5.

– ricorrente –

contro

Agenzia delle Entrate, (C.F. (OMISSIS)), in persona del direttore pro

tempore, rappresentata e difesa dall’avvocatura generale dello

Stato, elettivamente domiciliata presso i suoi uffici in Roma via

dei Portoghesi 12.

– controricorrente e ricorrente in via incidentale –

Avverso la sentenza n. 98/04/2011 della Commissione Tributaria

Regionale del Veneto, depositata il 26 luglio 2011.

Sentita la relazione svolta all’udienza del 13 novembre 2018 dal

Consigliere Giuseppe Fichera.

Udite le conclusioni del Sostituto Procuratore Generale Stefano

Visonà, che ha chiesto il rigetto del ricorso principale, assorbito

quello incidentale.

Uditi l’avv. Roberto Masiani per la ricorrente e gli avv.ti Paolo

Gentili e Pasquale Pucciariello per la controricorrente.

Fatto

FATTI DI CAUSA

La So.co.met. s.r.l. impugnò l’avviso di accertamento notificato dall’Agenzia delle Entrate, con cui vennero ripresi a tassazione maggiori redditi ai fini IRPEG, IRAP ed IVA per l’anno d’imposta 2003, sull’assunto della oggettiva inesistenza di talune operazioni di vendita di macchinari, in parte poi noleggiati alla medesima venditrice, effettuata nei confronti di due società con domicilio fiscale all’estero.

Respinta l’impugnazione in primo grado, proposero appello principale So.co.met. s.r.l. e incidentale Agenzia delle Entrate innanzi alla Commissione Tributaria Regionale del Veneto, che, con sentenza depositata il 26 luglio 2011, respinse sia quello principale che l’appello incidentale.

Avverso la detta sentenza, Europea s.r.l. – già So.co.met. s.r.l. – ha proposto ricorso per cassazione affidato a sette motivi, cui resiste con controricorso e ricorso incidentale affidato a due mezzi l’Agenzia delle Entrate.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo lamenta la ricorrente violazione del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 36, dell’art. 132 c.p.c., e dell’art. 118 disp. att. c.p.c., poichè la commissione tributaria regionale ha adottato una motivazione per relationem che non consente di comprendere le ragioni del rigetto dell’appello proposto.

1.1. Il motivo non ha fondamento.

Com’è noto, in tema di processo tributario è nulla, per violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, artt. 36 e 61, nonchè dell’art. 118 disp. att. c.p.c., la sentenza della commissione tributaria regionale completamente priva dell’illustrazione delle censure mosse dall’appellante alla decisione di primo grado e delle considerazioni che hanno indotto la commissione a disattenderle e che si sia limitata a motivare per relationem alla sentenza impugnata mediante la mera adesione ad essa, poichè, in tal modo, resta impossibile l’individuazione del thema decidendum e delle ragioni poste a fondamento della decisione e non può ritenersi che la condivisione della motivazione impugnata sia stata raggiunta attraverso l’esame e la valutazione dell’infondatezza dei motivi di gravame (Cass. 5/10/2018, n. 24452; Cass. 26/06/2017, n. 15884).

Nel caso che ci occupa, invece, la commissione tributaria regionale ha ampiamente riportato tutte le doglianze formulate sia dall’appellante principale che da quello incidentale, soffermandosi in maniera diffusa, poi, nella parte dedicata ai “motivi della decisione” sulle ragioni che inducevano a confermare la sentenza di primo grado.

3. Con il secondo motivo lamenta violazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5), avendo il giudice di merito omesso di pronunciare sull’eccepita carenza di antieconomicità delle operazioni poste in essere dalla contribuente.

3.1. Il motivo è inammissibile per difetto di interesse, poichè la ricorrente si duole della omessa considerazione di un indizio quella della antieconomicità delle operazioni poste in essere -, che non costituisce tuttavia presupposto necessario per addivenire al giudizio di inesistenza delle operazioni poste in essere, mentre non censura tutte le altre ragioni poste a fondamento del convincimento espresso dalla commissione tributaria regionale in ordine alla oggettiva inesistenza degli atti di cessioni di macchinari.

4. Con il terzo motivo eccepisce la violazione dell’art. 112 c.p.c., poichè la commissione tributaria non si è pronunciata sull’eccezione, pure proposta, circa la non imponibilità delle plusvalenze in thesi fittiziamente realizzate e della necessità di tenere conto dei costi effettivamente sostenuti per i beni che non sarebbero stati noleggiati.

4.1. Il motivo è inammissibile.

Com’è noto, secondo l’orientamento di questa Corte, il rapporto tra le istanze delle parti e la pronuncia del giudice, agli effetti dell’art. 112 c.p.c., può dare luogo a due diversi tipi di vizi: se il giudice omette del tutto di pronunciarsi su una domanda od un’eccezione, ricorrerà un vizio di nullità della sentenza per error in procedendo”, censurabile in Cassazione ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 4; se, invece, il giudice si pronuncia sulla domanda o sull’eccezione, ma senza prendere in esame una o più delle questioni giuridiche sottoposte al suo esame nell’ambito di quella domanda o di quell’eccezione, ricorrerà un vizio di motivazione, censurabile in Cassazione ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5). L’erronea sussunzione nell’uno piuttosto che nell’altro motivo di ricorso del vizio che il ricorrente intende far valere in sede di legittimità, comporta l’inammissibilità del ricorso (Cass. 11/05/2012, n. 7268).

Nella vicenda che ci occupa, è all’evidenza come la commissione tributaria regionale abbia preso in esame l’eccezione riproposta in appello dalla contribuente, rigettandola integralmente; dunque, non di omessa pronuncia, bensì di carente motivazione sulla relativa eccezione si trattava, palesandosi il motivo in esame, centrato sulla violazione della legge processuale, inammissibile.

4. Con il quarto mezzo assume violazione del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, art. 21, comma 7, poichè la regola generale a tenore della quale sulle operazioni inesistenti è dovuta l’IVA per intero, non può trovare applicazione in quanto per le cessioni intracomunitarie la fattura viene emessa senza l’addebito della detta imposta.

5. Con il quinto mezzo deduce ulteriore violazione del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, art. 21, comma 7, poichè per il principio di neutralità dell’IVA la sanzione prevista dalla detta norma non può trovare applicazione quando non è previsto alcun esborso a titolo di IVA.

4.1. i due motivi, connessi per il comune oggetto, possono essere esaminati congiuntamente e sono entrambi infondati.

4.2. E’ vero che in tema d’IVA, il D.P.R. n. 633 del 1972, art. 21, comma 7, ai sensi del quale se viene emessa fattura per operazioni inesistenti, l’imposta è dovuta per l’intero ammontare indicato o corrispondente alle indicazioni della fattura, non si applica alle fattispecie in cui le operazioni “simulate” siano anche “esenti”, in quanto un’operazione di per sè “non imponibile” non muta certo tale qualità per il solo fatto di essere stata simulata ed in quanto altrimenti si finirebbe per introdurre nel sistema una sostanziale sanzione non prevista dal legislatore (Cass. 29/07/2016, n. 15870; Cass. 13/12/1996, n. 11141).

Ora, nel caso di cui si discute la contribuente invoca l’esenzione dall’imposta ai sensi del D.L. 30 agosto 1993 n. 331, art. 41, convertito in legge con modificazioni dalla L. 29 ottobre 1993, n. 427, prevista per le cessioni intracomunitarie.

Tuttavia, all’evidenza, siffatta esenzione presuppone che il cedente abbia dimostrato l’effettività dell’esportazione della merce nel territorio dello Stato in cui risiede il cessionario o, in mancanza, abbia fornire adeguata prova della propria buona fede (Cass. 30/12/2015, n. 26062); non può allora di certo invocare l’esenzione la cedente, quando è dimostrato – come nella vicenda che ci occupa – che l’operazione era soggettivamente inesistente, nessuna esportazione dei macchinari essendo stata mai realizzata.

5. Con il sesto motivo lamenta violazione della L. n. 212 del 2000, art. 7, poichè la commissione tributaria regionale ha ritenuto legittimo l’avviso impugnato, nonostante non contenesse in allegato un documento proveniente dall’autorità austriaca (c.d. “SCAC 2004”), pure richiamato nel processo verbale di constatazione e su cui si fondava l’atto impositivo impugnato.

5.1. Il motivo è infondato, dovendosi richiamare l’orientamento di questa Corte a tenore del quale in tema di avviso di accertamento, deve escludersi la nullità della motivazione della L. 27 luglio 2000, n. 212, ex art. 7, per il solo fatto che i verbali di atti di indagine di altri Stati, su cui può fondarsi legittimamente l’accertamento in materia di IVA, quale imposta armonizzata, non siano stati allegati o riprodotti integralmente, ma siano solo menzionati nel processo verbale di constatazione, regolarmente notificato al contribuente, atteso che, da un lato, l’Amministrazione finanziaria deve porre il contribuente in grado di conoscere la pretesa tributaria nei suoi elementi essenziali, ma non è tenuta ad includere nell’avviso la notizia delle prove, e, dall’altro lato, per il diritto comunitario è sufficiente che le indicate informazioni siano in qualsiasi modo accessibili al contribuente, anche in forma riassuntiva, e possano essere contestate attraverso l’impugnazione dell’atto che le recepisce (Cass. 17/12/2014, n. 26472).

6. Con il settimo motivo denuncia ulteriore vizio di motivazione ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5), atteso che il giudice di merito non ha sufficientemente chiarito perchè abbia ritenuto inesistenti le cessioni di tutti i macchinari, anzichè limitarsi soltanto a quelli oggetto del successivo noleggio in favore della medesima venditrice.

6.1. Il motivo è inammissibile, in quanto attraverso il vizio di motivazione in realtà la ricorrente intende sottoporre al giudice di legittimità, un nuova valutazione degli elementi indiziari che hanno determinato la commissione tributaria a ritenere oggettivamente inesistenti tutte le ridette cessione dei macchinari intervenute in favore di due società con sede all’estero.

7. Con il primo motivo del ricorso incidentale l’Agenzia delle Entrate lamenta violazione del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 346, art. 24, avendo la commissione tributaria regionale respinto l’appello incidentale proposto, con il quale si denunciava che la contribuente aveva proposto in primo grado motivi aggiunti inammissibili.

Con il secondo motivo lamenta vizio di motivazione ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5), poichè il giudice di merito non ha motivato sulle ragioni che inducevano a ritenere infondato l’appello incidentale proposto dall’appellata.

7.1. Entrambi i motivi restano assorbiti, avuto riguardo all’integrale rigetto del ricorso principale.

8. Le spese di lite seguono la soccombenza, liquidate come in dispositivo.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso principale; assorbito quello incidentale. Condanna

la ricorrente al pagamento in favore della controricorrente delle spese del giudizio, liquidate in complessivi Euro 10.000,00, oltre alle spese prenotate a debito e agli accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 13 novembre 2018.

Depositato in Cancelleria il 22 maggio 2019

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