Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13741 del 31/05/2013


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 13741 Anno 2013
Presidente: CICALA MARIO
Relatore: IACOBELLIS MARCELLO

ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
Di Paola Giovanni , elett.te dom.to in Roma, alla piazza Prati degli Strozzi 26, presso lo
studio dell’avv. Antonio Barbieri, rapp.to e difeso dall’avv. Luigi Guarino , giusta procura in
atti

Ricorrente
Contro

Agenzia delle Entrate, in persona del legale rapp.te pro tempore, domiciliata in Roma, via
dei Portoghesi n. 12, presso l’Avvocatura Generale dello Stato che lo rappresenta e difende
per legge

Controricorrente

per la cassazione della sentenza della Commissione Tributaria Regionale della Campania n.
278/2010/12 depositata il 1/7/2010;
Udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del giorno 9/5/2013 dal
Dott. Marcello Iacobellis;
Udito l’avv. Guarino

per il ricorrente;

Udite le richieste del P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale, dott. Basile;
Svolgimento del processo

Corte Suprema di Cassazione — VI Sez. Civ. – T– R.G. n. 18729/11

Ordinanza pag. 1

Data pubblicazione: 31/05/2013

La controversia promossa da Di Paola Giovanni contro l’Agenzia delle Entrate è stata
definita con la decisione in epigrafe, recante l’accoglimento dell’appello proposto dalla
Agenzia contro la sentenza della CTP di Avellino n. 360/5/2007 che aveva accolto il
ricorso avverso l’avviso di accertamento n RE2H0008 Iva irpef e irap 2002 . Il ricorso proposto si articola in due motivi. Resiste con controricorso l’Agenzia delle Entrate. Il relato-

l’udienza del 9/5/2013 per l’adunanza della Corte in Camera di Consiglio. Il ricorrente ha
depositato memoria; il P.G. ha concluso aderendo alla relazione.
Motivi della decisione
Con primo motivo il ricorrente assume “violazione di legge e vizio motivazionale per avere
il giudice di secondo grado ritenuto legittimo l’accertamento fondato su dati parametrici.
La censura è inammissibile per la mescolanza e la sovrapposizione di mezzi d’impugnazione eterogenei, facenti riferimento alle diverse ipotesi contemplate dall’art. 360, primo comma, nn. 3 e 5, cod. proc. civ., non essendo consentita la prospettazione di una medesima
questione sotto profili incompatibili, quali quello della violazione di norme di diritto, che
suppone accertati gli elementi del fatto in relazione al quale si deve decidere della violazione o falsa applicazione della norma, e del vizio di motivazione, che quegli elementi di fatto
intende precisamente rimettere in discussione.
La censura è comunque infondata nel merito . La procedura di accertamento tributario standardizzato mediante l’applicazione dei parametri o degli studi di settore costituisce un sistema di presunzioni semplici, la cui gravità, precisione e concordanza non è “ex lege” determinata dallo scostamento del reddito dichiarato rispetto agli “standards” in sé considerati meri strumenti di ricostruzione per elaborazione statistica della normale redditività – ma
nasce solo in esito al contraddittorio da attivare obbligatoriamente, pena la nullità dell’accertamento, con il contribuente. In tale sede, quest’ultimo ha l’onere di provare, senza limitazione alcuna di mezzi e di contenuto, la sussistenza di condizioni che giustificano l’esclusione
dell’impresa dall’area dei soggetti cui possono essere applicati gli “standards” o la specifica
realtà dell’attività economica nel periodo di tempo in esame, mentre la motivazione dell’atto
di accertamento non può esaurirsi nel rilievo dello scostamento, ma deve essere integrata
con la dimostrazione dell’applicabilità in concreto dello “standard” prescelto e con le ragioni
per le quali sono state disattese le contestazioni sollevate dal contribuente. L’esito del con-

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re ha depositato relazione ex art. 380 bis c.p.c. chiedendo il rigetto. Il presidente ha fissato

traddittorio, tuttavia, non condiziona l’impugnabilità dell’accertamento, potendo il giudice
tributario liberamente valutare tanto l’applicabilità degli “standards” al caso concreto, da
dimostrarsi dall’ente impositore, quanto la controprova offerta dal contribuente che, al riguardo, non è vincolato alle eccezioni sollevate nella fase del procedimento amministrativo
e dispone della più ampia facoltà, incluso il ricorso a presunzioni semplici, anche se non

però, egli assume le conseguenze di questo suo comportamento, in quanto l’Ufficio può motivare l’accertamento sulla sola base dell’applicazione degli “standards”, dando conto
dell’impossibilità di costituire il contraddittorio con il contribuente, nonostante il rituale
invito, ed il giudice può valutare, nel quadro probatorio, la mancata risposta all’invito (Sez.
U, Sentenza n. 26635 del 18/12/2009 (Rv. 610691).
Con secondo motivo il ricorrente assume l’omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto controverso laddove la CTR ha ritenuto provata la presunzione di ricavi
non dichiarati in base alla presenza di 2 dipendenti.
La censura è infondata in quanto la circostanza enunciata non costituisce elemento determinante l’accoglimento dell’appello.
Consegue da quanto sopra il rigetto del ricorso e la condanna della ricorrente alla rifusione,
in favore dell’Amministrazione Finanziaria, delle spese del grado che si liquidano in complessivi € 700,00, oltre spese prenotate a debito.
P.Q.M.
la Corte

rigetta il ricorso e

condanna la ricorrente alla rifusione, in favore

dell’Amministrazione Finanziaria, delle spese del grado che si liquidano in complessivi E
700,00, oltre spese prenotate a debito.
Così deciso in Roma, 9/5/2013

Il Funzionario l *udiziario
zia DI ‘1MA

abbia risposto all’invito al contraddittorio in sede amministrativa, restando inerte. In tal caso,

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