Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13741 del 03/07/2020

Cassazione civile sez. I, 03/07/2020, (ud. 23/10/2019, dep. 03/07/2020), n.13741

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CRISTIANO Magda – Presidente –

Dott. RUBINO Lina – rel. Consigliere –

Dott. MARULLI Marco – Consigliere –

Dott. MERCOLINO Guido – Consigliere –

Dott. SCORDAMAGLIA Irene – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 13649/2018 proposto da:

H.S., elettivamente domiciliato in Roma, presso Corte

Cassazione e difeso dall’avvocato VITALE GIANLUCA;

– ricorrente –

contro

Ministero Dell’Interno, (OMISSIS), Questore Provincia Torino;

– intimati –

avverso il provvedimento del GIUDICE DI PACE di TORINO, depositato il

13/10/2017;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

23/10/2019 dal Consigliere Dott. Lina RUBINO

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

Marcello MATERA.

Fatto

FATTI DI CAUSA

rilevato che:

– H.S., nato in (OMISSIS), propone ricorso per cassazione nei confronti del Ministero dell’Interno e della Questura di Torino, articolato in quattro motivi, avverso l’ordinanza del Giudice di Pace di Torino, resa in udienza il 13 ottobre 2017, con la quale veniva rigettata la sua opposizione avverso il decreto di proroga del trattenimento presso il Centro di permanenza per i rimpatri di Torino;

– espone che: veniva raggiunto da un decreto di espulsione con contestuale ordine di trattenimento presso il CPR Torino, poi prorogato; contestualmente, impugnava il provvedimento di espulsione e il giudice di pace disponeva la sospensione della sua esecutività; sulla base del provvedimento di sospensione chiedeva l’immediato rilascio dal CPR, ma il giudice di pace ne prorogava il trattenimento, affermando che la sospensione del decreto di espulsione determina “la ineseguibilità dell’espulsione dal T.N. e non il venir meno del trattenimento”;

– gli intimati, Questura di Torino (ricorso notificato presso avv. Distrettuale) e Ministero dell’Interno (ricorso notificato presso avv. dello Stato sede centrale) non hanno svolto attività difensiva in questa sede;

ritenuto che:

con il primo motivo il ricorrente deduce la violazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 14, comma 5, della direttiva CE 2008/115, artt. 24 e 111 Cost. e dell’art. 6CEDU, perchè il giudice di pace non consentiva la sua partecipazione pur richiesta dal suo avvocato, all’udienza di proroga senza motivare, in violazione del diritto di difesa e del contraddittorio.

Con il secondo motivo, deduce la violazione delle medesime norme di legge su indicate, in relazione alla mancanza di elementi concreti che consentano di ritenere probabile, la sua identificazione in sede di proroga, e sostiene che, non avendo ricevuto alcuna risposta dalle autorità tunisine, e quindi non disponendo di alcun elemento identificativo in più, non si giustificava una proroga del trattenimento finalizzata al rimpatrio.

Con il terzo motivo, lamenta che la proroga sia stata concessa con un anticipo eccessivo rispetto alla scadenza.

Con il quarto motivo sostiene che l’intervenuta sospensione del provvedimento di espulsione, fosse essa legittima o meno, avrebbe dovuto comportare la dimissione dal centro di trattenimento, perchè (richiama in tal senso Cass. n. 20869 del 2011) se l’espulsione è stata sospesa, essa non può più sorreggere alcun provvedimento restrittivo della libertà personale dello straniero e quindi che il provvedimento di proroga non avrebbe potuto essere legittimamente adottato.

L’esame del quarto motivo è preliminare rispetto a quello degli altri, in quanto il suo accoglimento comporta l’accoglimento del ricorso con assorbimento degli altri e impone di cassare senza rinvio il provvedimento impugnato, che non avrebbe potuto essere emesso.

Come da consolidata giurisprudenza di legittimità, infatti, in materia di immigrazione, non può essere disposta dal giudice di pace la proroga del trattenimento di un cittadino straniero presso un centro d’identificazione ed espulsione, quando il provvedimento espulsivo che ne costituisce il presupposto sia stato, ancorchè indebitamente, sospeso, dal momento che il sindacato giurisdizionale, pur non potendo avere ad oggetto la validità dell’espulsione amministrativa, deve rivolgersi alla verifica dell’esistenza ed efficacia della predetta misura coercitiva.

Il trattenimento nei centri di identificazione e raccolta è finalizzato all’espulsione e giustificato dall’esigenza di poter effettuare l’espulsione delle persone delle quali essa sia stata disposta, evitando che si disperdano sul territorio sottraendosi alla esecuzione della misura disposta. Ma se è stata annullata o anche solo sospesa la misura espulsiva, il trattenimento diviene ingiustificato (oltre a Cass. n. 20869 del 2011, v. anche Cass. 11442 del 2014, Cass. n. 21429 del 2016).

Il quarto motivo è quindi accolto, assorbiti gli altri e il decreto impugnato va cassato senza rinvio, essendo decorso il termine entro il quale la convalida poteva essere disposta.

Le spese processuali, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.

PQM

La Corte accoglie il quarto motivo di ricorso, assorbiti gli altri, cassa senza rinvio il provvedimento impugnato e condanna l’amministrazione intimata alle spese processuali, liquidate in Euro 800,00 per compensi oltre 100,00 di esborsi per il primo grado, e in Euro 2.000,00 per compensi, oltre 200,00 per esborsi per il giudizio di cassazione, oltre spese forfetarie e accessori di legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 23 ottobre 2019.

Depositato in Cancelleria il 3 luglio 2020

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